La Nuova Sardegna

Oristano

Stagni senz’acqua e i fenicotteri non si fermano più

di Michela Cuccu
Stagni senz’acqua e i fenicotteri non si fermano più

Il sistema delle zone umide oristanesi è in grande sofferenza Le specie selvatiche, stanziali e non, risultano in forte calo 

04 ottobre 2017
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CABRAS. La siccità ha prosciugato gli stagni dell’Oristanese e i fenicotteri non si fermano più. Sono i più giovani, quelli nati in primavera a passare dritti nel loro lungo viaggio migratorio verso l’Africa, dove andranno a svernare. Sono pochi quelli che fanno tappa qui. È la Lipu a lanciare l’allarme, attraverso i risultati di un monitoraggio che conferma come la rotta dei grandi uccelli rosa si sia rapidamente modificata. «Fino agli anni Ottanta – spiega il portavoce della Lipu – in questa stagione arrivavamo a censire fino a 7mila esemplari solo nello stagno di Sal’e Porcus. Ora al massimo se ne può vedere appena qualche centinaio: è il segno che lo stagno è letteralmente privo di vita».

Sono tutti gli stagni satellite del grande complesso che si estende nel territorio di Cabras e San vero Milis ad essere stati letteralmente sconvolti dagli effetti che, come spiega ancora Pinna, solo in parte sarebbero stati determinati dal mutamento climatico che nell’arco dell’ultimo triennio ha ridotto drasticamente le piogge e di conseguenza, la quantità di acqua in quelli che un tempo erano i rifugi degli uccelli migratori. Che qui trovavano riparo e cibo e si potevano riposare, prima di riprendere il lungo viaggio verso le coste africane.

Gabriele Pinna, spiega: «Malgrado queste siano zone Ramsar e Sic, si è fatto poco per impedire che gli specchi d’acqua si prosciugassero. I fiumi sono stati sbarrati con piccole dighe, l’acqua dolce serve per l’agricoltura, così ne hanno fatto le spese le specie selvatiche che per salvarsi, vanno via da qui».

Appunto l’agricoltura, condotta in maniera sempre più intensiva ha fatto modificare il paesaggio, riducendo lo spazio vitale per le specie selvatiche che, qualche volta, se lo riprendono. Con i fenicotteri è successo la scorsa primavera quando, i risicoltori furono costretti a fare vere e proprie ronde notturne per scacciare i grandi uccelli che, in cerca di cibo, calpestavano le piantine appena nate, impedendone lo sviluppo. Già in quell’occasione, gli stessi agricoltori chiesero che venissero fatti apporti straordinari d’acqua negli stagni prosciugati dopo un’inverno straordinariamente siccitoso. Adesso i fenicotteri passano dritti: si possono vedere frequentemente volare sui nostri cieli, ma non fanno più sosta.

«Qualcuno si ferma ancora a S’Ena Arrubia e nello stagno di Marceddì dove ancora trovano acqua, ma sono pochissimi. La maggioranza preferisce allungare il percorso e magari, puntare verso la Toscana, in Marocco, comunque in zone dove troveranno più acqua e cibo», aggiunge Pinna.

È lo stagno di Pauli’e Sali (dove è stata scattata questa foto) ad offrire probabilmente l’immagine più sconfortante di un fenomeno che potrebbe, almeno nel breve periodo, addirittura peggiorare. Se fino a tre anni fa si potevano osservare fino a 800 giovani fenicotteri in sosta, ora al massimo si possono contare sulle dita di una mano. «Lo stagno è completamente secco – spiega Pinna – ridotto ad una palude maleodorante. Se non si interverrà con nuovi apporti idrici, sarà un disastro». Senza le piogge, però, è difficile sperare di rimpinguare lo stagno. «Per far riconfluire l’acqua dolce nello stagno di Cabras , magari riaprendo canali che sono stati chiusi ci vorrebbe prima un serio studio di fattibilità dell’intervento. Studi che erano stati ipotizzati all’atto della redazione del piano di gestione Sic, ma che non sono mai stati fatti», spiega il portavoce della Lipu. «Nel frattempo – prosegue – il paesaggio si è totalmente modificato ed ora, in questa zona dove si potevano osservare migliaia di fenicotteri, durante la stagione invernale si fermano soltanto le gru».

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