La Nuova Sardegna

Oristano

La casa del notaio Atzori scrigno per tutte le età

di Michela Cuccu
La casa del notaio Atzori scrigno per tutte le età

Paulilatino, la struttura comunale è gestita dalla coop Archeotour

10 novembre 2018
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PAULILATINO. Una casa come un fortezza, con feritoie esterne e spioncini in ogni stanza per vedere senza essere osservati: c’è molto che non ci si aspetti, al Museo etnografico “Palazzo Atzori”. Innanzitutto la struttura: un palazzotto a tre piani, costruito alla fine del 1700, che domina la vallata da dove si può vedere la costa del Sinis. L’edificio è tutto di basalto, dentro e fuori: con la pietra vulcanica grigio intenso sono fatti anche gli stipiti delle porte e delle finestre. Sono di pietra anche i corridoi e i gradini della scala che diventa più ripida e faticosa sulla rampa del terzo piano, quella che porta agli alloggi della servitù e a una terrazza immensa dalla quale si può godere un panorama mozzafiato: oggi è una sala convegni ma un tempo c’era un giardino pensile con alberi di limone e di arancio: come a Babilonia.

Siamo a Paulilatino, al centro della Sardegna e il palazzotto-fortezza era la dimora di un notaio, Giovanni Atzori, morto nel 1900. Uomo ricco, potente e sfortunato: rimasto vedovo prestissimo, la moglie morì dando alla luce la prima e unica figlia che la seguì otto mesi più tardi, il notaio Atzori non si risposò e trascorse il resto della sua vita fra documenti e timbri e con l’unica compagnia di due dozzine di domestici.

Molti anni dopo la scomparsa del notaio, il palazzotto sulla via principale del paese (che fino a qualche anno fa era attraversato dalla Carlo Felice) venne acquistato dal Comune che, dopo un accuratissimo restauro, dal 1996 ospita il museo. Composto da 14 sale, anche il cortile interno mostra i segni della potenza del suo precedente proprietario, unico a Paulilatino a potersi permettere l’acqua in casa, grazie ad un pozzo scavato sul retro.

La Cooperativa Archeotour, che gestisce il museo e il parco archeologico di santa Cristina, attraverso un lungo lavoro di ricerca e conservazione, è riuscita a ricostruire con precisione gli ambienti della casa padronale del passato. Solo le stalle, al piano terra non sono più le stesse: ospitano i bureaux della casa museo e gli uffici della Cooperativa. La visita guidata (o, per chi preferisce, un audioguida in cinque lingue), permette di scoprire ma anche ritrovare i ricordi della quotidianità del tempo passato. C’è la cucina economica con accanto il caminetto, la piattaia di legno intagliato e le mensole per le pentole e gli altri utensili, elegantemente adornati con un pizzo di carta intagliata, più facile da sostituire una volta che il fumo del camino l’avesse annerita. Ogni sala è uno scrigno di oggetti preziosi: gli attrezzi del lavoro nei campi, per la preparazione del formaggio e del vino. Cura particolare è riservata al pane, con teche di cristallo che custodiscono is frorieras: pani gioiello che riproducono composizioni di fiori che ancora si confezionano per le grandi cerimonie. Le camere hanno letti di legno massiccio, preziosissimi e candidi copriletti e materassi di paglia. Fra capi di abbigliamento, spiccano i corsetti ricamati del costume femminile, anche questi tanto preziosi da essere protetti all’interno di teche di cristallo. Un museo vivo, dove si tengono mostre, convegni e corsi sulla preparazione del pane tradizionale. «Il nostro è un museo per tutte le età – dice Tonino Atzori, responsabile della Archeotour – noi ne proponiamo la visita a completamento del percorso nel parco archeologico. Scelta che ci ha premiati e in un anno i visitatori sono aumentati del 15 per cento».

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