La Nuova Sardegna

Oristano

Cassa integrazione, 560 le imprese coinvolte

di Michela Cuccu
Cassa integrazione, 560 le imprese coinvolte

In provincia hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali 3.300 lavoratori I primi dati raccolti dalla Cgil vedono nell’edilizia come il settore più colpito

15 aprile 2020
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ORISTANO. Migliaia di lavoratori collocati in cassa integrazione e centinaia di imprese che sperano di potersi risollevare da una fermata che dura da più di un mese. È una situazione fotocopia a quella di quasi tutto il mondo, ma ciascun territorio ha le sue particolarità. In provincia sono 560 le imprese che hanno fatto ricorso, per ora, agli ammortizzatori sociali e 3.300 i lavoratori messi in cassa integrazione. Arrivano dalla Cgil, i primi dati sulle aziende dell’Oristanese che hanno presentato le richieste per potersi mettere al riparo dalla serrata generale prolungata.

Tutte le linee previste dal decreto Cura Italia e dalla Regione, sono state percorse da un’imprenditoria che già era in affanno per una crisi che non si è mai arrestata, almeno in questa provincia, ma che adesso, a seguito della fermata delle attività produttive considerate non essenziali, di quegli ammortizzatori come fondo di integrazione salariale, cassa integrazione, fondo dell’Ente bilaterale artigiano, bonus per alcune categorie come le partite Iva e i liberi professionisti, non può fare a meno.

Quasi tutte le categorie produttive hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali. «Un vero e proprio assalto, più che prevedibile – lo definisce il segretario territoriale della Cgil, Andrea Sanna –. Il vero problema sarà la ripresa: inevitabilmente non ritornerà tutto come prima e saranno tantissime le attività, soprattutto le più piccole, non in grado di ripartire. Dalla crisi non si risolleveranno alcuni negozi, piccoli bar e ristoranti. Insomma: quello che si è perduto adesso non lo si recupererà domani».

Sono quasi tutte le imprese, a parte pochissime considerate strategiche come ad esempio la 3A di Arborea dove l'attività non si è mai fermata, ad aver comunicato ai sindacati il ricorso alla cassa integrazione per le nove settimane indicate dal decreto. Fra queste ci sono anche aziende importanti, come Ivi petrolifera, Sarda Bentoniti e la Casa di Cura Madonna del Rimedio, solo per indicarne alcune.

L’edilizia sembra essere il settore maggiormente investito dalla serrata: 163 imprese per un totale di 700 lavoratori, sono state costrette a fermarsi. «L’edilizia – dice ancora Andrea Sanna – è completamente ferma. Se consideriamo che questa è una delle attività economiche fondamentali per il territorio, non è difficile immaginare gli effetti di una sospensione così prolungata».

Notevole anche il contraccolpo per il settore dell’agro zootecnia, con 55 aziende, pari a 1.150 lavoratori, collocati in cassa integrazione, che hanno sospeso la produzione come nel caso delle cantine sociali. Sanna aggiunge: «La gran parte dei liberi professionisti e tantissimi imprenditori hanno presentato la domanda per il bonus di 600 euro. Solo nei nostri uffici le domande sono state 210 che però riguardano una platea molto vasta e che comprende non solo liberi professionisti o titolari di impresa, ma anche i lavoratori stagionali che per effetto della sospensione delle attività produttive non hanno potuto nemmeno iniziare a lavorare, come nel caso del turismo o i genitori che hanno fatto domanda per il bonus baby sitting che a seguito dela chiusura delle scuole li ha costretti a doversi assentare dal lavoro o assumere una baby sitter».

Un quadro a dir poco tragico, insomma e i sindacati sono in allarme. «Ciò che preoccupa non è solo il presente. Se non si individueranno da adesso strategie che rendano possibile la ripresa – conclude il segretario della Cgil – sarà un disastro».

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