La Nuova Sardegna

Oristano

Opposizione in rivolta: «Si torni in aula»

di Enrico Carta
Opposizione in rivolta: «Si torni in aula»

Consiglio convocato in remoto il 5 maggio. La minoranza: «Assurdo votare il bilancio in 40 minuti e senza interventi»

23 aprile 2020
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ORISTANO. Le commissioni consiliari? Dimenticate. Il consiglio comunale? Solo a distanza e dietro tanti monitor. La democrazia? Evaporata. Sospesa come la spesa dove chi può mette e chi non può prende. A patto che ci sia qualcosa da prendere. La rappresentatività dei cittadini? Anch’essa diventata evanescente o “in remoto”, molto lontana, nonostante la tanto dichiarata voglia di Fase 2 e i sogni di piccola normalità siano ormai vicini a diventar concreti. Proprio a ridosso delle decisioni governative che allenteranno la stretta legata alle misure di contenimento dell’epidemia, a Oristano la possibilità che l’assemblea civica si riunisca senza l’ausilio di monitor è davvero remota. Lontana.

Ieri mattina la conferenza dei capigruppo, che si è riunita via internet e senza che l’opposizione vi partecipasse in aperta contestazione con la decisione di non incontrarsi di persona, ha stabilito che si tornerà in aula solo virtualmente. Il 5 maggio. Un giorno dopo l’annunciata prudente riapertura generale. Prudente, ma pur sempre riapertura. Sarebbe poi un consiglio comunale da fare in 40 minuti e senza vedersi in faccia, per di più senza la possibilità di discutere emendamenti. Fosse una votazione banale, si potrebbe anche sorvolare, ma in aula, pardon a casa, si voterà niente meno che l’approvazione del bilancio 2020. L’atto più importante di un’amministrazione comunale da liquidare quindi al volo e sperando che internet non faccia le bizze per evitare che dal video sparisca, connession facendo, qualche consigliere.

La decisione presa dalla maggioranza, che da settimane rinviava per questioni di sicurezza anche qualsiasi convocazione di commissioni consiliari, ha fatto saltare la mosca al naso all’intera opposizione che ieri sera si è riunita, eccezion fatta per la consigliera Anna Maria Uras e per il consigliere Francesco Federico – questi ha però ha sposato la protesta, ma ha dovuto marcare visita per un lieve problema di salute –. La minoranza, compresi il Psd’Az e l’indipendente Mauro Licandro, si è riunita dal vivo. Ha chiesto la possibilità di avere per sé la sala di palazzo degli Scolopi e, armata di ogni presidio di sicurezza e mantenendo le distanze, ha ribadito il proprio no a un consiglio comunale da effettuare via internet.

Le critiche? Quelle sì, ben presenti, a cominciare dalle parole del capogruppo del Pd, Efisio Sanna: «Siamo al grottesco. Viene negato il consiglio comunale quando sindaco e assessori continuano a riunire la giunta o ad andare in giro per mettere il cappello sopra ogni iniziativa di solidarietà dei privati cittadini o delle imprese. Il bilancio, peraltro pessimo, che ci hanno presentato ai primi di gennaio è vecchio. È come se fosse un bilancio di decenni fa, perché nel frattempo sappiamo tutti quello che è successo. Dobbiamo decidere le sorti di questa città discutendo un bilancio di quattro mesi fa? Il compito dell’amministratore non è quello di consegnare mascherine di persona, ma di fare in modo che tutto funzioni alla perfezione. La maggioranza si sta chiedendo che fine farà Torregrande? Sta parlando di suolo pubblico e tributi nella Fase 2 o dobbiamo continuare solo a raccogliere pacchi di pasta regalati dalle imprese e da distribuire ai cittadini? È cambiato il mondo da dicembre e dovremmo votare da remoto senza discutere? Gli spazi ci sono per fare un consiglio comunale in sicurezza. Non vogliamo abdicare al ruolo di rappresentanti dei cittadini».

Parole che rimbalzano anche nelle affermazioni di Francesco Federico, indipendente di centro sinistra: «È una grande fuga da parte della maggioranza, una mossa molto scorretta per evitare la discussione sul futuro della città. Dopo aver perso dieci mesi per via della crisi, ora il sindaco ha improvvisamente fretta di approvare il bilancio senza discussione. Cavalca forse l’emergenza sanitaria per fini politici? Come possiamo parlare del domani in quaranta minuti? È una mancanza di rispetto per i cittadini o forse si vuole evitare di ricordare a tutti che in tre anni le cose fatte sono davvero poche».

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