La Nuova Sardegna

Oristano

Mercatino, esordio al rallentatore

di Eleonora Caddeo
Mercatino, esordio al rallentatore

In piazza Abis riprendono gli affari, ma ancora la clientela non è quella dei tempi migliori

09 maggio 2020
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ORISTANO. “Io speriamo che me la cavo” si intitolava il libro di Marcello d’Orta, maestro di scuola elementare che negli anni ’90 raccontò attraverso sessanta temi scritti dagli alunni di una scuola nel Napoletano il disagio socio-economico di una parte del meridione. Allo stesso modo, con lo stesso filo conduttore, si potrebbe raccontare il presente del mercatino ambulante di piazza Abis, alla seconda uscita dopo la chiusura di quasi due mesi fa.

Il ritratto fortunatamente mette in luce uno spirito combattivo, un misto tra forza di volontà e coraggio, che spinge gli ambulanti a resistere, nonostante la poca clientela e le incertezze. Sono da poco passate le 10.30, il sole sembra scaldare i banchi degli ambulanti più di quanto non riescano a fare gli affari con i pochi clienti. Nella nuova ambientazione, le piazzole occupate sono una quindicina. Di fronte ai banchi, in qualche caso, ci sono dei paletti a delimitare la distanza di sicurezza, e i venditori servono i clienti in guanti e mascherina. Anche gli agenti di polizia locale, arrivati a verificare che non ci fossero assembramenti, hanno potuto verificare una situazione quasi impeccabile, dove la voglia di normalità, sia da parte dei venditori che degli acquirenti, prevale sul caldo causato dalle mascherine sul viso e sulla condensa dei guanti in lattice nelle mani.

È la forza di volontà la vera protagonista, un sentimento che sembra animare i più, nonostante la ripresa lenta, la poca gente in giro, il suolo pubblico già pagato in anticipo che non si sa se verrà rimborsato, dopo due mesi di incassi pari a zero e spese invece a regime. C’è voglia di ricominciare dietro il banco di frutta e verdura di Salvatore: «Martedì scorso c’era molta più gente, oggi non quasi nessuno. C’è paura non solo del virus, ma dell'incertezza sul domani. Due mesi senza lavorare, i soldi scarseggiano e tutti stanno più attenti nelle spese».

Due mesi di pausa forzata per i commercianti significano, in alcuni casi, anche tanti prodotti acquistati prima della pandemia e che ora sono da buttare, come spiega lo stesso Giovanni, che vende legumi, caramelle, torrone e le classiche bustine di noccioline o pistacchi: «Programmando la stagione a febbraio ho acquistato i prodotti per tutte le feste e le sagre alle quali avrei dovuto presenziare, spendendo in anticipo per marche da bollo e suolo pubblico. Ora ho chili di prodotti da buttare. Anche per questo mercatino, abbiamo già pagato il suolo pubblico a gennaio. Abbiamo ripreso, ma gli affari sono davvero pochi».

«C’è in giro ancora troppa paura – ripetono dal banco padre e figlio, produttori di fragole a Pardu Accas –. La gente è poca, ma è presto per dire che non va. C’è paura di uscire infatti facciamo anche molte consegne a domicilio». Nel banco accanto, la titolare arriva da Samassi e nel caso di ieri mattina forse l’incasso non ne è valso il viaggio. «C’è pochissima gente – sottolinea –, mentre martedì c’è stato un bell’afflusso. I vigili son venuti a controllare che non ci siano assembramenti».

Meglio che stare a casa è il pensiero della vicina di posteggio che arriva da Quartu con un banco di formaggi, salumi e prodotti tipici: «È presto per dire come va, molti nemmeno sapevano che avessimo ripreso. Bisogna essere fiduciosi, la gente si riavvicina ai mercatini perché in questi mesi i negozi hanno aumentato troppo i prezzi».

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