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Oristano

Antichità e memorie

Raimondo Zucca: «Piazza Manno a Oristano, la rinascita è possibile, ma senza le auto»

di Piero Marongiu

	Lavori, lenti, in piazza Manno
Lavori, lenti, in piazza Manno

Parla l’archeologo cultore profondo della storia della città: «Il pittore Giacinto Satta sia fonte di ispirazione per riportare alla luce le parti antiche»

17 maggio 2024
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Oristano Prima della progettazione e quindi anche dell’affidamento dei lavori all’impresa, nella Piazza Manno era necessario effettuare una investigazione archeologica preventiva del sottosuolo. Questo per individuare i settori di intervento e quindi evitare la chiusura di tutta la piazza ed evitare quanto più possibile problemi ai titolari degli esercizi commerciali. Invece, a tutt’oggi, “sa Pratza de sa Majoria”, l’unica piazza medievale della città, è ancora chiusa. E non si sa quando sarà nuovamente fruibile.

A chiedersi se quelle indagini sono state fatte regolarmente, come previsto dalle norme in vigore, è anche l’archeologo dell’Università di Sassari Raimondo Zucca. «Qualche anno fa, ben prima dell’inizio dei lavori - dice il professor Zucca - si propose alla Soprintendenza, con una lettera del Comune regolarmente protocollata, di assumere la direzione dello scavo ai sensi dell’articolo 88 del codice Urbani: scavo da realizzarsi in tempi successivi a quella lettera, sufficienti però ad anticipare qualsiasi intervento di valorizzazione della stessa. A quella lettera, che io sappia, non c’è stata risposta».

Sembra difficile credere, date le numerose interlocuzioni intercorse tra Comune e Soprintendenza prima dell’inizio dei lavori, che un aspetto così importante dell’attività esplorativa quale l’indagine archeologica preventiva non ci sia stata. Tuttavia, da oltre 15 mesi, chi non riesce a lavorare nel proprio esercizio commerciale non può evitare di chiederselo. E a quella domanda ne aggiungono un’altra: sono state adottate davvero tutte le misure possibili per concludere i lavori in tempi ragionevoli? A differenza dell’antica piazza del mercato, attuale Piazza Roma, i cui lavori di riqualificazione avevano consentito la messa in opera di una striscia asfaltata per il transito dei veicoli, nella Piazza Manno, qualunque sia la decisione finale dell’amministrazione circa la viabilità, questo non accadrà.

«Bisogna guardare al futuro – precisa Zucca – la piazza ripete, nella sua stesura, le caratteristiche geometriche (un trapezio) di quella medievale della Majoria. E questo è un dato molto positivo. Il problema di mettere in luce tramite un tipo di pietra distinta, da quella del resto della pavimentazione, la Porta a Mari, va bene. Non si ricostruisce ciò che è stato abbattuto. Farlo significherebbe andare contro la carta del restauro». Ma in che modo valorizzare l’antica piazza? Secondo Zucca i sistemi ci sono, a metterli a disposizione è la tecnologia. «Ci sono degli strumenti attraverso i quali si possono ricostruire le volumetrie preesistenti. In questo senso gli esempi non mancano. Io ho proposto di utilizzare un quadro a olio del pittore ozierese Giacinto Satta, colui che porta la visione dell’impressionismo in Sardegna». Satta, nel 1884, realizza una veduta dell’esterno della Piazza, con la porta a Mari e altri elementi che la caratterizzavano in quel momento bene in evidenza, come il carro a buoi, il contadino, le donne con la brocca dell’acqua adagiata sul cercine posato sulla testa. Ma il dipinto non è mai stato preso in considerazione, perché recava la scritta “paesaggio rustico” e nessuno lo ha riconosciuto come Oristano.

«Il quadro adesso si trova a Bosa, al Cottolengo. Si tratterebbe di realizzare l’opera in ceramica, portandola a una grandezza sufficiente per essere apprezzata. Prima però sarebbe opportuno che l’immagine del dipinto venisse attribuita a Oristano per poter stare su un edificio pubblico». L’archeologo auspica una valorizzazione effettiva della Piazza che passi anche attraverso la sua promozione, e definisce positivamente la sua restituzione unitaria. Per farlo però occorre che i responsabili, a tutti i livelli, completino la classificazione dei reperti e rendano pubblici i risultati acquisiti. Si attende ancora di conoscere l’utilità del pozzo quasi di fronte al caseggiato scolastico. Al momento non si sa neppure se si tratta di un pozzo o altro. Certamente non sarebbe quello de “s’Acqua mala”, citato in un documento del 1500 e riportato in un libro pubblicato una ventina di anni fa sulla Oristano medievale.

«Il pozzo de s’Acqua mala” con ogni probabilità si trova nella Piazza, ma non è quello. In quella piazza, l’unica medievale di Oristano, gravitavano il Castello con la torre di San Filippo, la Porta a Mari, il palazzo giudicale e, forse, ma non tutti sono d’accordo, il palazzo del podestà. Chiaro che bisognerebbe conservare questa utile memoria. Durante gli scavi del 2001, curati dalla Soprintendeva e dall’Università di Sassari, nel lato adiacente l’ex carcere venne rinvenuta la struttura della torre di San Filippo. Quel settore non è stato indagato. Non si indagò anche perché l’opera di risanamento dalla presenza di idrocarburi dell’area non si era conclusa». La rimozione della centralina che misura la loro presenza dovrebbe avvenire, presumibilmente, tra il 2025 e 2026. Solo allora si potrà pensare ad una nuova indagine nel sito. «Mi auguro che non si passi più di lì in macchina».

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