La Nuova Sardegna

Oristano

L’allarme

Febbre del Nilo, dopo il primo decesso l’ipotesi di un cordone sanitario

di Alessandro Mele
Febbre del Nilo, dopo il primo decesso l’ipotesi di un cordone sanitario

Il commissario Asl sulla morte del 91enne di Ghilarza: «Ucciso dal virus»

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Oristano A poche ore dal mistero nato intorno alla morte dell’ex allevatore 91enne di Ghilarza, arriva il responso ufficiale della Asl 5: «Confermiamo che Giuseppe Marras è deceduto a causa delle conseguenze insorte dopo aver contratto il virus della Febbre del Nilo». A parlare è direttamente la direzione generale dell’Azienda sanitaria: «Era ricoverato nel reparto di Medicina dell’ospedale San Martino – spiega il commissario straordinario della Asl 5, Federico Argiolas – e benché avesse anche delle altra patologie, la presenza della West Nile è stata la causa scatenante della cosiddetta questione causa-effetto determinata da un equilibrio instabile, tipico per un soggetto di quell’età».

Ma se a mettere la parola fine sulla vita di Giuseppe Marras, poi, sia stata solo la West Nile, questo è impossibile dirlo. «Non c’è modo di appurarlo – conferma Argiolas –, è ovvio che l’insorgere del virus non ha fatto bene alle condizioni di salute dell’uomo. Sarebbe meglio che persone di quell’età non cadessero mai in quel genere di complicazioni». Il sindaco di Ghilarza, Stefano Licheri, aveva lamentato una mancata comunicazione ufficiale di Asl dopo il decesso, ma dall’Azienda sanitaria fanno sapere che questa non è prevista dai protocolli anti West Nile se non al servizio di Igiene pubblica e al Comune nel quale avviene il decesso, in questo caso, quello di Oristano.

Intanto sul territorio i contagi aumentano giorno dopo giorno e anche dall’Azienda sanitaria si interrogano su possibili soluzioni. «Dobbiamo imparare a convivere con questo tipo di patologie – dice il commissario straordinario della Asl –. Non possiamo eliminarle, come era avvenuto con la Malaria, con degli aerei che spruzzavano Ddt sui campi e sui centri abitati. Nell’Oristanese, però, è avvenuta una espansione urbana in aree prima disabitate e vicine a risaie e stagni. Sono punti ormai troppo antropizzati rispetto al passato e si tratta di capire se e quanto questa nuova distribuzione della popolazione in prossimità ad aree di produzione vada presa in considerazione». E specifica: «La zanzara viaggia entro un raggio appurato di tre chilometri – prosegue Argiolas –, dunque la soluzione relativa alla creazione di fasce di protezione sanitaria intorno alle zone umide sarebbe l’ideale. Ma questo va discusso nei tavoli con le altre istituzioni e la valutazione da fare non può competere al solo comparto della sanità pubblica».

Come detto, i casi di positività alla Febbre del Nilo aumentano repentinamente e ad oggi l’unica forma di prevenzione resta quella legata alle ordinanze emanate dai sindaci e dalla prefettura. Ordinanze dopo le quali c’è da chiedersi se effettivamente poi scattino le operazioni di controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. «Continuo a credere che l’aumento della cultura in ogni singolo cittadino attraverso percorsi di promozione alla salute e alla prevenzione sia ancora lo strumento di controllo più efficace – dice sul tema Federico Argiolas –. Bisogna responsabilizzare il cittadino a prendersi cura della propria salute». C’è poi il tema delle donazioni di sangue: «Guai a fermarsi – conclude perentorio –. La Febbre del Nilo non ci deve fermare anche perché non rappresenta un rischio ne per chi dona, ne per chi riceve il sangue. Le sacche sono controllatissime come previsto dalla normativa».

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