La Nuova Sardegna

Ceramiche giapponesi nel cuore di Marina

Pierluigi Carta
Ceramiche giapponesi nel cuore di Marina

Da 30 anni si produce artigianato Raku recensito su Vogue e Habitat

02 giugno 2011
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 CAGLIARI. Nel cuore di Marina, sulle scalette di Sante Teresa, c'è una piccola bottega di ceramisti. Da lì è partita la rinascita artistica del quartiere. Il laboratorio Raku, di Maria Cristina di Martino e Salvatore Farci, è stato forse il primo spazio ad ospitare mostre pittoriche ed artigianali. Oggi in questa Cagliari scossa da nuovi venti culturali, che ricorda la New York degli anni '20, dove si trovano più scrittori ed attori che operai, la coppia di artigiani continua a produrre ceramiche Raku con la perizia di un tempo, con una cura pregevole per l'oggetto, senza mai cedere alle lusinghe del marketing o della grande distribuzione. Salvatore Farci, discendente da una famiglia di pescatori di Cagliari, e la moglie, titolare della ditta, sono stati i primi ad importare in Sardegna la tecnica giapponese del Raku, per la lavorazione della ceramica. Si tratta di una tecnica che in Giappone veniva usata per la forgiatura delle tazze da tè già nel XVI secolo, legata alla filosofia zen. La produzione di Salvatore Farci è interamente modellata a mano, senza l'ausilio di stampi. Il materiale delle sue opere è prevalentemente in argilla, e se un tempo i ceramisti di Assemini potevano recuperare la materia grezza dalle cave sarde, oggi la si importa da Monte Lupo e Bassano del Grappa. «In Sardegna è pieno di argilla - spiega Salvatore - ma non c'è nessuno che reputi conveniente trasformarla in loco». Realizzando vasi, pesciolini e galline d'argilla, la coppia, è riuscita a ricavarsi una nicchia nel panorama artigianale sardo, e mandare avanti l'attività per trent'anni. Salvatore ammette di aver scelto una carriera dall'andamento inusuale, in quanto «le occasioni per lavorare di meno e guadagnare di più non son mancate. Abbiamo avuto pubblicazioni su riviste quali Vogue e Interni, e Habitat ci propose una produzione seriale dei nostri articoli - continua l'artigiano - a quel punto però bisogna strutturarsi e cambiare mestiere: si smette di essere artigiani e si diventa manager». Maria Cristina e Salvatore invece hanno voluto preservare le loro realizzazioni su di un livello accessibile a tutti. Il loro obbiettivo iniziale era quello di realizzare solamente oggetti d'uso, per rispolverare la vecchia figura dell'artigiano di quartiere. Però il mercato è tiranno anche in questo campo e hanno dovuto specializzarsi in articoli d'arredo. «I più grandi artisti si definiscono artigiani - commenta Salvatore, mentre modella la sagoma grezza di un pesce - ma l'artigiano però, oltre all'obbligo di inventare, deve ripetere all'infinito le proprie creazioni. Ci sono oggetti che ripeto da 26 anni, come alcuni modelli di vasi, i pesciolini o le galline». Nonostante alcuni piccoli inconvenienti quotidiani, come l'inventarsi stratagemmi per far pervenire intatti gli oggetti spediti, Salvatore e Maria Cristina continuano a creare manualmente ogni opera; e le soddisfazioni non mancano, dato che hanno clienti sparsi per l'Europa, e vendono il Raku perfino in Giappone.
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