La Nuova Sardegna

L’ordinanza di demolizione che grava sul resort in costruzione non risolve la controversia tra il pastore e Sitas

Un rebus legale attorno a Tuerredda

Mauro Lissia
Sopra Ovidio Marras e in alto due immagini dell’albergo
Sopra Ovidio Marras e in alto due immagini dell’albergo

L'area lottizzata potrebbe essere ancora proprietà della famiglia di Ovidio

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 CAGLIARI. L'area di Tuerredda-Malfatano sulla quale la Sitas è impegnata a costruire un grande resort a cinque stelle potrebbe essere ancora in buona parte proprietà di Ovidio Marras, il vecchio pastore che ha vinto la causa contro i costruttori e ha ottenuto dal tribunale un'ordinanza di demolizione di quanto è stato realizzato sul suo stradello. Nel 1918, alla morte del bisnonno di Ovidio, i diritti ereditari non sono stati registrati dai familiari. La conseguenza, norme alla mano, è che tutti gli atti conseguenti risulterebbero nulli. Quindi anche la vendita da parte degli altri eredi delle superfici ora - dopo diversi passaggi - intestate alla Sitas. Un terzo dell'area sarebbe ancora in capo a Ovidio.  Non è una questione semplice e non è neppure una questione definita. La sola certezza è che nel cammino della controversia nata tra il pastore e Sitas dal rifiuto attuale di vendere le terre di famiglia si è inserito l'ex legale dei Marras, l'avvocato milanese Paolo Francesco Calmetta. E' stato lui a gestire i diritti ereditari della famiglia e forse sarà lui a dover spiegare perchè quei diritti sono finiti in mano a una società off-shore che avrebbe sede a Dubai. Attenzione: fino a questo momento non è stato accertato alcunchè di illegale nelle scelte tecniche dell'avvocato Calmetta. Il solo dato inconfutabile è che la famiglia Marras gli ha revocato il mandato, ricevendo subito dopo una parcella da 400 mila euro. Così da qui ai prossimi mesi Calmetta potrebbe diventare un avversario nuovo sulla strada di Marras, che tra l'altro sta affrontando un costosissimo giudizio arbitrale a Milano.  Forte di una proprietà che ostacola la realizzazione del resort ed ora anche di un'ordinanza collegiale perentoria, che obbliga Sitas a demolire quanto costruito, il vecchio Ovidio si sente oggi accerchiato fisicamente e dal punto di vista giudiziario: quando la mattina apre la finestra del furriadroxiu si trova di fronte un edificio nuovo di zecca, a trecento metri dalla spiaggia di Tuerredda: un hotel d'alto bordo. La scelta coraggiosa di non vendere lo espone poi a conseguenze che il suo nuovo legale, l'avvocato Andrea Pogliani, sta esaminando e valutando in questi giorni. L'operazione nata attorno al pastore teuladino e alla sua proprietà immobiliare è difatti complessa e per certi versi misteriosa: c'è la società off-shore e pende sulla vicenda legale un vecchio diritto di usucapione tutto da valutare. Come dire che la questione, al di là degli aspetti ambientali e sentimentali, è tutt'altro che semplice da risolvere. Perchè da un lato gli imprenditori Toti, Benetton e Caltagirone premono per completare il resort e metterlo «a reddito», con la Mita del gruppo Marcegaglia incerta sull'opportunità di mantenerne la gestione. Dall'altra la sequenza ininiterrotta di azioni legali, governate fino a due mesi fa dall'avvocato Calmetta, con link misteriosi verso paradisi fiscali e sedi estere, è destinata a rallentare lo sviluppo dei cantieri e a mettere in forse la realizzazione degli altri tre piani di lottizzazione programmati sui 700 ettari di natura incontaminata tra Tuerredda e Malfatano, tutte aree docilmente urbanizzate grazie al consenso della Regione e del comune di Teulada, la cui amministrazione oggi traballa paurosamente. Anche perchè sulla legittimità delle autorizzazioni alla base del progetto Sitas dovrà esprimersi in autunno il Consiglio di Stato, chiamato da Italia Nostra e dal suo legale Filippo Satta a stabilire se una procedura di valutazione d'impatto ambientale può essere frazionata in parti al contrario di quanto le norme - e gli stessi giudici amministrativi supremi - hanno sancito da tempo. Resta poi l'inchiesta per turbativa d'asta aperta dal pm Daniele Caria, partita dall'incarico di consulenza da 185 mila euro più Iva a conferito dall'amministrazione di Teulada allo studio legale Caso-Ciaglia di Roma per stabilire se la variante al progetto immobiliare su Malfatano-Tuerredda proposta dalla Sitas potesse superare il vaglio del consiglio comunale. Gli indagati sono per ora sette: in cima alla lista il sindaco di Teulada Gianni Albai, sostenitore del piano Sitas destinato in origine alla gestione del gruppo Marcegaglia. A seguire il capo dell'ufficio tecnico comunale Alberto Urru, quindi i legali romani beneficiari della superconsulenza: Giuseppe Ciaglia, Francesco Caso e una collega di studio. Poi ancora l'ingegnere Giampaolo Gamberini e un funzionario amministrativo di Teulada. Come dire: un grovigio legale-giudiziario che ad occhi profani appare inestricabile, che dalla meravigliosa desolazione naturale di Malfatano sembra condurre lontano, fin dove pesano gli interessi speculativi spaventosi sui quali è fondato il progetto Sitas, nato e cresciuto in barba ai teuladini che credono ancora nei posti di lavoro offerti dal cemento turistico.
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