La Nuova Sardegna

Piazza Pescheria muore tra sporcizia e degrado «Dimenticati da tutti»

Gabriella Grimaldi
Piazza Pescheria muore tra sporcizia e degrado «Dimenticati da tutti»

07 ottobre 2011
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 SASSARI. Una enorme chiazza di sangue ormai rappreso - senza che nessuno si sia preoccupato di ripulire il selciato - è l'ultima offesa a un angolo della città che da anni sta vivendo una lenta agonia. Gli ultimi commercianti rimasti lanciano l'ennesimo appello: «Ma quale rilancio del centro storico, quali notti bianche. Hanno lasciato morire il cuore pulsante di Sassari».  Lo sfogo di un gruppetto di persone che in piazza Pescheria ci ha trascorso tutta la vita rimbomba contro le serrande abbassate di quelli che una volta erano i negozi del mercato. Le voci si perdono in un silenzio insopportabile, perchè in una mezza mattina di un giorno qualunque l'unico rumore è quello del motori delle macchine e delle moto che passano e parcheggiano nonostante i divieti. Tanto nessuno controlla, a nessuno interessa se quei vicoli sono puliti, se le regole vengono rispettate, se c'è ancora qualche superstite di una strage silenziosa che, dicono gli stessi commercianti, di fatto è cominciata con l'inizio dei lavori per il mercato civico.  «Siamo abbandonati da tutti - afferma Rita Sannia, titolare dell'unico negozio rimasto aperto sulla piazza, una rivendita di abbigliamento da lavoro -. Lo dimostrano anche queste tracce di sangue. Martedì mattina siamo arrivati qui per aprire le serrande e abbiamo trovato tutto imbrattato, una cosa spaventosa, sembrava la scena di un delitto. Abbiamo chiamato immediatamente i vigili, la polizia, il Comune. Qualcuno è venuto a controllare ma da allora le macchie sono rimaste dove erano. Io dovrei piazzare il mio banco proprio lì ma non posso pretendere che i clienti si avvicinino». C'è sangue rappreso dappertutto, sulla parete, sul marciapiedi, sulla strada. In effetti non è normale che sia ancora lì. Come non è normale che la via Pescheria, che dalla piazza porta a via Lamarmora, sia completamente dissestata e allagata da una imponente perdita d'acqua che, dicono i residenti, è presente da almeno tre settimane. Anche in questo caso nessuno è intervenuto tranne per fare qualche piccolo rattoppo.  «Vedete anche voi in che situazione siamo - commenta sconfortato il titolare di una rivendita di tessuti d'arredamento Nicola Masotti -. Già c'è la crisi con cui fare i conti, ma perchè non ci mettono almeno nelle condizioni minime di lavorare? Fanno le notti bianche, dalle quali noi siamo tagliati fuori, e poi? Vogliamo che qualcuno ci ascolti, non ce la facciamo più».  La piazzetta, che si trova alle spalle del mercato, dove i lavori sono in corso dal 2006, un tempo era brulicante di vita. C'erano i sarti di abbigliamento da lavoro, una tappezzeria, la macelleria Romerio, davanti alla quale si faceva una lunga fila per acquistare il salsiccione, c'erano i venditori di lumaconi e di piedini d'agnello e i banchi della biancheria intima. Il cantiere del mercato ha bloccato il flusso di persone dalla zona di viale San Francesco e di Monte Rosello, un blocco di tre anni, così era stato promesso dall'amministrazione, che i commercianti avevano in qualche modo messo in conto. Un periodo in apnea, senza lavorare, se non è troppo lungo forse si può sopportare. Tanto poi tutta la zona sarebbe rinata all'ombra del mercato nuovo e il commercio sarebbe rifiorito. Come tutti sanno il cantiere è ancora lì, a soffocare il centro, e di anni ne sono passati sette. In pochissimi hanno resistito.  Nel paesaggio fatto di sporcizia e pareti scrostate spicca una palazzina ristrutturata di fresco, davvero bella. Il proprietario che negli ultimi anni ha dovuto chiudere cinque piccoli negozi che gestiva nelle vie intorno ha intenzione di farne un bed&breakfast. Caparbio? «Un po' sì - dice Ignazio Paddeu -, un po' mi sembra impossibile che l'amministrazione lasci morire così un angolo di Sassari che ne rappresenta la storia più intima e antica. Chiudendo il mercato per così tanto tempo hanno fermato il cuore della città, speriamo che qualcuno si senta in dovere di rianimarla».
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