La Nuova Sardegna

Campi da golf, che meraviglioso progresso

Marcello Madau

La mistica del green svela il vero scopo della chimica verde

13 novembre 2011
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Si dice che la legge promossa dalla Regione Sardegna, venti campi da golf un po’ dappertutto - oltre ai quattro già esistenti - sia un cavallo di Troia collegato al piano casa. Che serva ad aprire il territorio sardo ad un nuovo, ampio fronte speculativo. Che si preparino ricorsi di fronte alle molte violazioni del Codice dei Beni culturali e del paesaggio. Vi è da consigliare molta prudenza alle imprese che pensano di buttarsi sull’affare del green, perché i ricorsi, per i quali non mancheranno certo gli argomenti, saranno molto insidiosi.

O forse abbiamo compreso la vera essenza del piano della chimica verde in tutta la Sardegna, nel quale le migliaia di operai delle fabbriche che stanno chiudendo, assieme ai loro elevati saperi lavorativi, potranno essere riconvertiti: con rispetto parlando per tali occupazioni, in muratori a termine, camerieri e portatori di mazze da golf. Per fortuna ci giunge un comunicato straordinario, rivolto a noi sardi dubbiosi. Che dubitiamo dei periferici epigoni del berlusconiano «Partito della gnocca», ma ci tranquillizziamo quando leggiamo la sigla della Federazione italiana golf. Non sappiamo se anch’esso verrà pubblicato sui giornali con i soldi della Regione autonoma della Sardegna. Ma siccome con questa crisi anche noi, ossequiosi della Bce, vogliamo dare un contributo al contenimento del debito pubblico, abbiamo pensato di pubblicarlo. Ecco il testo, rigorosamente apocrifo:

DOMANDA. I campi da golf esistenti sono anche troppi. Perché ne vogliono fare altri venti?
RISPOSTA. Le domande più semplici nascondono le paure più grandi. Ci sono molti modi per difendersi dagli attacchi e dalle paure. Uno è mettere la testa sotto la sabbia, rischiando di rovinare le buche. Che invece puntualmente si moltiplicheranno. Per poi accorgersi che la pallina ci è cascata addosso e ci ha accecato. Solo perché abbiamo preteso di tenere gli occhi aperti.Non vogliamo nascondere la realtà, perché ci ha già travolto stravolgendo le coste, le periferie delle città, i pezzi della nostra identità e della nostra storia. Ma non possiamo neanche stare fermi ad aspettare uno sviluppo che da solo non arriverà. E allora come possiamo superare le nostre paure? Perché quando tutto è vietato e non c’è nessuna direzione verso cui andare, prima o poi qualcuno sfonda il recinto e perde la gara. Con noi andrete solo fuori limite.

La pallina da golf, la conquista efficace e appassionata - sì, anche sudata - della buca, è nel suo incedere metafora del progresso. Indietro non si torna. Ma si deve andare avanti. Vogliamo che i nostri figli e i loro figli e ancora dopo i figli dei loro figli nascano, crescano, conoscano e portino dentro di sé queste mazze e queste palline che noi abbiamo conosciuto, libere e forti nel loro aspetto come nel loro cuore, che sanno difendere la bellezza di una Sardegna che rimane vitale e capace di aprirsi al mondo senza perdere la sua identità e la sua storia. Il paesaggio è di tutti noi, ancora di più è in tutti noi. E’ nel nostro cuore, nel nostro modo di essere. Nelle vacanze al mare da bambini, nel bosco delle nostre gite, nella vigna di nonno all’imbrunire, nella decima e anche nella prima buca. La Sardegna è il suo paesaggio, come ciascuno di noi è il suo volto, con gli occhi grandi e il naso storto, i capelli scuri e la pelle olivastra. La mazza di ferro temperato, di legno, nichel, acciaio. Il portamazze con le rughe salmastre e lo sguardo fiero. Il green è identità. Come la Scozia lontana, il mostro di Loch Ness, l’Atlantide perduta che tutti siamo. Il magico mondo di Nur-At.
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