La Nuova Sardegna

il fronte dei cieli

Riggio (Enac): scali da privatizzare nell’isola scelte dure ma inevitabili

di Giampaolo Meloni
Riggio (Enac): scali da privatizzare nell’isola scelte dure ma inevitabili

INVIATO A CHIA. Qui, nell’isola come in tutta Italia, gli aeroporti che non hanno la capacità di stare economicamente in piedi resteranno in capo alle Regioni, ai Comuni, alle Province. Con qualche...

09 maggio 2013
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INVIATO A CHIA. Qui, nell’isola come in tutta Italia, gli aeroporti che non hanno la capacità di stare economicamente in piedi resteranno in capo alle Regioni, ai Comuni, alle Province. Con qualche conseguente mal di pancia dei politici locali, ma poco importa al vice ministro dei Trasporti Mario Ciaccia. Ancor meno al commissario straordinario dell’Enac Vito Riggio: «La strada maestra è quella della privatizzazione degli scali», taglia corto l’avvocato palermitano chiamato al governo dell’Ente nazionale dell’aviazione civile.

La prospettiva riguarda tutti i 32 aeroporti nazionali commerciali compresi nella mappa nazionale (sono 39 ma sette finiranno nella macina degli enti locali, che hanno due anni per rimettere i bilanci in equilibrio: chi riesce resterà in vita, gli altri chiuderanno i battenti). Destino che vale anche per le piccole e malferme infrastrutture di Tortolì e Fenosu (Oristano): «Per la nostra rete nazionale non esistono – sancisce Riggio –, Regione, Province e Comuni le vogliono? Se le tengano. Di certo in questo modo si frammenta la geografia dei servizi e questo non fa bene al mercato».

Il mercato, per Riggio, è l’obiettivo indispensabile per uscire da gestioni costose, dalle voragini economiche, dalle sacche dei servizi scadenti. «Vale anche per la Sardegna», risponde con riferimento diretto allo scalo di Elmas. Alla Sogear è aperto il capitolo della cessione di una quota, che non sarà di maggioranza. Ma questo non può essere un impedimento, dice il commissario dell’Enac, a proiettare la società su un livello più efficiente di gestione d’impresa: «Se la Regione vuole affida la governance a chi sa fare economia». Rafforza con l’auspicio: «Speriamo che Cagliari possa definire la privatizzazione».

Sul fronte Cagliari c’è anche il nodo dello stadio. Riggio è netto: «C’è un problema di sicurezza che vale ovunque: non si possono realizzare impianti che prevedano affollamenti, masse di persone. Sarebbe un progetto criminale».

Gli occhi restano fissi sul mercato anche quando gli si chiede della continuità territoriale: «Se si vuole interrompere il flusso del libero mercato si va a inconvenienti inevitabili: le compagnie riducono le linee per riempire gli aerei». Se la continuità territoriale è la madre dei guai, la ricetta per curarli è di «aprire al mercato, lasciar fare al mercato e smetterla con l’idea che le riserve indiane abbiano effetto salvifico». Un’alternativa ci sarebbe pure, attraverso l’intervento pubblico. Ma le cose stanno diversamente: «Gli aiuti non ci sono e quando le compagnie non ricevono sussidi, devono fare mercato». Le offerte del low cost dicono tutto: «I prezzi sono ormai accessibili – osserva Riggio –. I sardi volano a meno prezzo rispetto a tutti». Insomma, «pensare di regolare il mercato senza sperimentarlo mi sembra un limite».

Le scelte che «disincentivano» le compagnie sono anche nell’atteggiamento politico del governo nazionale uscente, «che ha voluto troppo rigidamente adeguarsi allo schema dell’Europa, che non corrisponde alle esigenze di sviluppo dell’aeroporto di Cagliari». Ossia, i piani di incentivazione determinano una gerarchia di interventi che non corrisponde alle necessità nazionali. «Quindi, la nostra proposta è di stabilire una rete nazionale, con i 32 aeroporti e decidere noi quali sono le infrastrutture che necessitano di incentivi». Cagliari, allo stato delle cose ne avrebbe tuttavia scarsi benefici. Nello scenario dell’Enac, dice Riggio, «è sovradimensionato rispetto al traffico attuale. Mentre Catania è da incentivare».

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