La Nuova Sardegna

Berlusconi: «L’isola con noi può rinascere»

di Luca Rojch
Berlusconi: «L’isola con noi può rinascere»

L’ex premier ribadisce: «Il leader sono io» e lancia la volata per le elezioni «Siamo in rimonta, il nostro risultato politico sono certo vi sorprenderà»

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SASSARI. Graffiante, ironico, combattivo. Silvio Berlusconi parla della Sardegna a una settimana dalle elezioni. L’ex cavaliere ha già indossato l’elemetto da trincea di opposizione e non risparmia colpi da mortaio sugli avversari. Paragona Grillo a Hitler, definisce Renzi “simpatico tassatore”. Ricorda di essere l’ultimo premier eletto e parla di un complotto per farlo cadere. Dimostra di conoscere a fondo l’isola e non si tira indietro neanche davanti a domande scomode. Ribadisce: «Il leader sono io». E smentisce qualsiasi ipotesi di vendita della sua villa Certosa.

I sondaggi danno Forza Italia dietro il Pd e il Movimento 5 Stelle, quali sono le sue aspettative a sette giorni dal voto?

«I sondaggi vanno letti sempre in due modi. Il dato statico registrato al momento dell’intervista e quello dinamico che si calcola confrontando i diversi sondaggi fatti nel tempo. Più del dato assoluto, quindi, in questa fase della campagna elettorale, si deve leggere la tendenza. La nostra è positiva. Il nostro risultato elettorale vi sorprenderà. Ve lo garantisco. Non sono spaventato dai sondaggi. Mai come in questo momento mi sembra di capire e di saper intercettare la preoccupazione del Paese. Vedo che è schiacciato fra un premier, il terzo non eletto democraticamente, che somiglia ogni giorno di più a un simpatico tassatore, e un comico che nei suoi discorsi tende a parlare come Hitler. Siamo già i vincitori anche morali di questa contesa elettorale. Siamo migliori degli altri due».

Secondo lei come l'Europa può aiutare la Sardegna a risollevarsi dalla crisi?

«L’Europa non funziona. Forse non ha mai funzionato. Ha preso invece di dare. Siamo stati costretti a chiederci cosa dovevamo fare noi per questa idea astratta e burocratica dell’Europa e non abbiamo mai avuto la possibilità di chiedere cosa potesse fare invece questa Europa per noi. Ritengo che sia giunta l’ora di chiedere il conto di questi anni e di cominciare a costruire finalmente un’Europa senza burocrazia, un’Europa che deve tornare ad essere un’opportunità, uno spazio di libertà e non di inutili legacci. Amo la Sardegna e l’ho scelta come terra per i miei periodi di riposo. Ho visto però in questi anni l’economia di questa splendida isola piegata al volere cieco e arido dei superburocrati europei. Dobbiamo rafforzare la presenza italiana dentro il Partito Popolare Europeo per rappresentare e difendere meglio gli interessi della Sardegna e dell'intero Paese».

La Sardegna soprattutto in questi ultimi anni è precipitata nella crisi. La disoccupazione è al 17,5%, quella giovanile è arrivata al 54%. La cassa integrazione è cresciuta del 925%. Perché il centrodestra e la giunta Cappellacci non sono riusciti a mettere in atto vere politiche di ripresa?

«Mi sembra, al contrario, che la Giunta Cappellacci abbia fatto molto per questa isola, nonostante le oggettive condizioni di difficoltà che anche lei ha appena elencato. La crisi economica ha colpito l’intero paese, lo ha fatto in modo particolare in Sardegna anche per una serie di nodi strutturali antichi ai quali Cappellacci aveva provato a mettere mano. Penso, intanto, all’introduzione della tariffa unica per gli spostamenti dei residenti da e per l’isola, un incentivo anche alla destagionalizzazione del turismo. Penso però anche alla battaglia dura fatta da Cappellacci per farsi pagare il debito accumulato dallo Stato centrale nei confronti della Sardegna. Quei soldi erano dovuti da anni ma solo Cappellacci è riuscito a farseli dare. La sua giunta, inoltre, ha sostenuto i quesiti referendari contro le province per ottenere risparmi nella spesa pubblica. Adesso la nuova giunta di sinistra dirà di aver fatto miracoli, ma le condizioni per uscire dalla crisi sono state costruite da Cappellacci».

Cosa manca all'imprenditorialità e alla classe politica sarda per tentare un vero rilancio dell'isola?

«Alla Sardegna manca la possibilità di vivere in un paese libero, in una comunità nazionale dove sia rispettata la libertà dell’Isola con le sue specificità e i suoi problemi ma dove sia possibile far esplodere le sue straordinarie opportunità. Agli imprenditori sardi manca la stessa cosa che spesso è mancata anche a me: la solidarietà degli altri. Conosco questo sentimento di solitudine. Mi sono sentito così anche io quando una certa parte del sistema industriale e bancario di sinistra di questo paese ha provato ad isolarmi. Agli imprenditori sardi quindi non posso che consigliare di fare come ho fatto io. Lo sa come ho fatto a crescere in tutti questi anni di attacchi e di insulti? Non ho mai tradito la mia visione. Mai, neanche una volta, ho pensato di fare marcia indietro».

Costo dell'energia e nodo dei trasporti sono per la Sardegna due ostacoli fondamentali. I paletti dell’Europa vietano qualsiasi politica di attenuazione del gap dell’insularità. Come intendete intervenire su questi nodi?

«Lo dico in modo semplice. Aiutatemi a vincere queste elezioni e a rafforzare il peso dell’Italia nel Partito Popolare Europeo e io personalmente lotterò con tutte le mie forze per combattere il superburocratismo dell’Europa. I divieti europei sono antistorici e sono pieni di un’ipocrisia insopportabile. Non tengono conto delle specificità regionali, soprattutto quando sono straordinarie come quelle della Sardegna. Si tratta di una vergogna che combatterò fino a quando avrò fiato in gola».

Le politiche del centrodestra sul trasporto via mare hanno avuto effetti controproducenti. Dopo due anni di lotta la compagnia regionale sta per accedere al concordato fallimentare. Un armatore privato prova a concentrare nelle sue mani quasi tutte le compagnie di navigazione. Esistono correttivi?

«Non mi sembra che ci sia il centrodestra in questo momento al governo della Regione. Forse dovreste domandarlo alla giunta di sinistra. Questi problemi sono esplosi appena loro si sono insediati. Io posso a mia volta chiederle cosa avremmo dovuto fare noi? Lasciare che le compagnie facessero cartello e aumentassero i prezzi in modo arbitrario? Se lo avessimo fatto, adesso di cosa ci accusereste? La situazione attuale mi sembra che sia il risultato di un omesso controllo da parte della giunta regionale di sinistra. Noi avevamo lavorato per risolvere il problema».

La Regione ha deciso di abbandonare il progetto del gasdotto Galsi, un accordo che anche lei aveva sostenuto. Quale è il suo parere?

«Lei prima mi domandava in che modo risolvere il problema dei gravi costi dell’energia in Sardegna. Noi una soluzione l’avevamo indicata con chiarezza e lucidità. Il gasdotto avrebbe contribuito a calmierare i prezzi dell’energia. Adesso la giunta di centro sinistra ha deciso di abbandonare il progetto soltanto perché era targato Berlusconi. Mi sembra una metafora del malgoverno della sinistra. Pur di fare un dispetto a Berlusconi, calpestano i diritti dei loro elettori».

Avete puntato in Sardegna su un candidato forte per le Europee, Salvatore Cicu. Secondo lei ci sono reali possibilità che venga eletto?

«Se ve lo faceste scappare sareste dei matti. Cicu, figlio di un carabiniere, ha una grandissima esperienza nelle principali istituzioni del governo nazionale e, a Roma, ha dimostrato di sapere ricordare le proprie origini. Anche dai banchi dell'opposizione è riuscito ad ottenere l'istituzione delle circoscrizioni Sardegna e Sicilia per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia. Era un primo passo necessario. Il prossimo passo (e la prossima battaglia) sarà di ottenere la circoscrizione separata».

In molti sono rimasti delusi che il cittadino onorario di Olbia, Silvio Berlusconi, in questi mesi non abbia speso neanche una parola per la città devastata dalla alluvione. Cosa risponde?

«Ero sconvolto. Penso ancora oggi, con un brivido, alla tragedia di Pasqualino Contu che si è tolto la vita. La notizia di un imprenditore che si era sentito spinto a togliersi la vita mi aveva lasciato attonito. Avrei dovuto farvi sentire la mia vicinanza in altro modo. Ma credetemi, in quelle ore, non riuscivo a pensare ad altro. Ho preferito però che la presenza delle istituzioni fosse gestita da Cappellacci, anche in mia vece. Non volevo che i media fossero distratti dalla presenza di Berlusconi. Il dramma di quelle ore meritava la prima pagina e l'attenzione di tutta la nazione. La mia presenza in Sardegna avrebbe invece distratto i media. Consideratelo un gesto di profondo rispetto da parte mia».

Sembra che manchi un vero leader alla guida del partito nell'isola. In molti comuni in queste amministrative Forza Italia non ha un proprio candidato. Perché non è mai intervenuto?

«Il leader sono io, non scordatelo. A livello locale invece un partito nuovo ha bisogno di un po’ di tempo prima di trovare le persone giuste. Non volevamo commettere errori. C'è poi un altro motivo. Siamo una comunità della libertà ed è giusto che le realtà locali si prendano le responsabilità delle proprie scelte».

La sua amicizia con il premier russo Vladimir Putin è nota. Cosa ne pensa della contrapposizione che si è creata tra Russia ed Europa? Secondo lei la tensione avrà ripercussione anche sul turismo dei russi, sempre più importante per l'isola?

«I russi sono buongustai e adorano la Sardegna. La Merkel non riuscirà a tenere i russi lontani da questa isola splendida. Potete tranquillizzarvi. Amano le cose belle e la Sardegna è il posto più bello del mondo. Come potrebbero tradirvi?»

In Italia gli investimenti sembrano pronti a farli solo i fondi di investimento dei paesi arabi. Dal salvataggio di Alitalia da parte di Ethiad, alle risorse che il Qatar investe sempre in modo maggiore in Italia e in modo particolare in Sardegna, in Costa Smeralda. Il destino dei nostri gioielli è di finire nelle mani straniere?

«Sapeste quante volte anche a me, quando ero premier, gli arabi hanno fatto strane richieste. Una volta, nel Qatar, degli imprenditori mi chiesero il prezzo della Sardegna. Volevano comprare l'intera isola e trasformarla in una specie di parco di divertimenti. Una follia della quale allora ho riso. Io credo nella libera impresa ma approvo le sinergie internazionali solo quando sono rispettose della sovranità nazionale dell'industria. Se non ci fosse stato il complotto che mi ha costretto alle dimissioni, avrei difeso i nostri gioielli con le unghie e con i denti. Come ho sempre fatto. Adesso, invece, il simpatico tassatore, che non ha alcuna esperienza di impresa, accetta con troppa faciloneria le offerte internazionali. Gli arabi però sono mercanti nati, abituati a tutelare solo i loro interessi. Questo governo mi sembra meno abile nelle trattative. Speriamo che non commettano qualche sciocchezza di troppo».

Si rincorrono le voci su un suo disamore per Villa Certosa, la venderà?

«Sono arrivate anche a me queste voci, ma sono tutte infondate».

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