Assassino e vittime inseparabili da mesi
Frigeri usava l’auto del suo amico Azzena e aveva le chiavi di casa La sera del delitto ha chiesto alla sorella della vittima: «Dov’è tuo fratello?»
INVIATO A TEMPIO. L'arresto di Angelo Frigeri ha atterrito Tempio, forse più dello stesso massacro di via Villa Bruna. Per l'intera giornata di domenica i tempiesi hanno sperato che l'assassino venisse da lontano. Magari dall'estero, dalla penisola, al massimo da qualche centro vicino. Ma nessuno in città credeva che a compiere quel massacro potesse essere stato uno di loro. Ieri mattina quella granitica certezza è venuta meno. Giovanni Azzena, la moglie Giulia Zanzani e il figlio Pietro, 12 anni appena, sarebbero stati uccisi da Angelo Frigeri. Dall'inseparabile amico Angelo. Una notizia a cui nessuno in città sembra volere credere. Perché, mentre Azzena aveva più di qualche guaio con la giustizia e una reputazione non proprio cristallina, Frigeri era, a detta di tutti, amici e non solo, «un bravissimo ragazzo sempre allegro, sorridente, disponibile, una persona troppo normale perché potesse arrivare a compiere un crimine del genere».
I tanti lavori. 32 anni, Angelo Frigeri è un tempiese doc. Il padre Giorgio è il titolare della storica tappezzeria di piazza Spano, nella zona del vecchio mercato, a poche decine di metri dalla palazzina degli Azzena, mentre la madre Stefania, originaria di Luogosanto, è morta qualche anno fa. Frigeri ha anche una sorella più piccola di qualche anno, che lavora nel negozio di famiglia. Lui, invece, no. Lui non ha voluto seguire le orme del padre. Anni fa aveva aperto un bar al bowling, vicino a casa sua, ma le cose non andarono come lui sperava e dovette abbassare la saracinesca. Ha provato poi a misurarsi come idraulico, come benzinaio, si è di nuovo cimentato dietro il bancone, questa seconda volta nel bar di un amico, ma anche tutte queste esperienze lavorative si sono rivelate senza futuro. Ultimamente faceva l'antennista. Ed è per questo motivo che aveva le chiavi della casa di Giovanni Azzena. Ma il rapporto tra i due andava oltre i lavoretti di impiantistica che stava eseguendo nella palazzina di via Villa Bruna.
Il legame con Azzena. Da qualche tempo la vittima e il suo presunto carnefice erano inseparabili. Un’amicizia che ai più appariva incomprensibile. Azzena, 50 anni, commerciante tutto bar e famiglia e con qualche pendenza al seguito, non aveva nulla in comune con Frigeri, 18 anni di meno, single, nottambulo e con la fedina penale pulita. Al massimo, sono le uniche “accuse” che gli muove qualche coetaneo, faceva spesso le ore piccole insieme agli amici o millantava cose che nessuno però era mai riuscito a vedere. Come il famoso bar di Sassari che, così lui sosteneva, gli permetteva di vivere di rendita, senza il bisogno di un lavoro fisso. Insomma, due persone agli antipodi, dai profili completamente diversi. Eppure negli ultimi tempi sembravano inscindibili. Al bar, in negozio, in piazza, in macchina. Qualche mese fa si erano addirittura scambiati le auto: Frigeri aveva ceduto la sua Golf ad Azzena, che, a sua volta, gli aveva dato la sua Toyota Yaris, che poi però qualche tempo dopo ha sostituito con una Ford Ka.
L’ultimo incontro. Anche sabato mattina i due erano insieme. Come ogni giorno Azzena è andato al Museum di piazza Gallura per il suo caffè macchiato quotidiano e la consueta lettura del giornale. Poco dopo Frigeri ha parcheggiato il suo motorino in via Villamarina, di fronte alla palazzina in cui poche ore dopo avrebbe commesso il delitto, ed è entrato anche lui al bar. Quella è l’ultima volta che la strana coppia di amici è stata vista insieme. Poche ore dopo, infatti, Giovanni Azzena è stato ucciso insieme alla moglie Giulia e al figlioletto Pietro. Ma fino alle 23 nessuno si è accorto di quello che era accaduto fra le quattro mura di via Villa Bruna.
L’allarme. Qualche ora prima, alle 19.30, quando il delitto si era ormai già consumato, Frigeri si è presentato a casa dell’anziana madre di Azzena, a pochi passi dalla palazzina di via Villa Bruna, e ha chiesto alla sorella Alessandra se avesse notizie del fratello. Le ha detto che lo stava cercando dal primo pomeriggio per restituirgli la sua auto, la Toyota Yaris, scambiata tempo prima, ma non riusciva a mettersi in contatto con lui, e che probabilmente era il caso di andare a controllare in casa. In qualche modo, dunque, è stato il presunto assassino a lanciare l’allarme, perché da quel momento anche la famiglia ha iniziato a chiamare casa Azzena, fino a quando, intorno alle 23, le sorelle delle due vittime non hanno deciso di usare la chiave di scorta, nascosta vicino al portone, e hanno fatto la terribile scoperta.
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