Allarme erbe antiche: sopravvivono solo in “ fortini” sui monti
Piante a rischio in fazzoletti di terra da 160 metri quadrati Ignazio Camarda: «Subito il via ai piani di tutela territoriali»
SASSARI. Un mondo incantato e meraviglioso minaccia di trasformarsi in un eden perduto. Succede nel 2014, in Sardegna. Dove piante rare già a rischio estinzione lottano per la sopravvivenza in fazzoletti di terra sempre più esigui. «L’emblema al negativo di questo quadro allarmante è il Ribes sardo, un arbusto difficilissimo da trovare e, come tantissime altre specie endemiche dell’isola, unico al mondo», spiega il botanico Ignazio Camarda, direttore del Centro per la conservazione delle biodiversità vegetali dell’ateneo sassarese. Gli ultimi esemplari della piantina sono confinati su pochi rilievi a quasi mille metri del Nuorese, nei calcari dolomitici di Oliena. Tutti disseminati in un’estensione di appena 160 metri quadrati, la superficie di un appartamento medio-grande in qualsiasi contesto urbano e non certo l’ambiente ideale di specie abituate a spaziare in vastissimi habitat. L’area esatta è top secret. Si vuole evitare che al pericolo d’incendi e alle incursioni delle capre si aggiunga la curiosità di chi vorrebbe collezionare come souvenir qualche trofeo floreale.
Paure e preoccupazione. Ma alle tensioni per i prelievi genetici che un gruppo olandese vorrebbe fare su alcuni tipi di lattughe e altri antichi ortaggi dell’isola si somma adesso l’Sos per piante che potrebbero non superare sfibranti prove di resistenza da un anno all’altro. Sos rilanciato nelle ultime settimane da amanti della natura e specialisti, oltre che dagli internauti che navigano in Rete col dichiarato intento di difendere le preziose risorse dell’isola con raccolte di firme, petizioni e altre iniziative.
Le reti ecologiche. Ecco perché secondo gli addetti ai lavori, e non solo, appare indispensabile far ripartire la programmazione per la tutela in tutte le province. Norme varate già da molti anni prevedono zone di protezione speciale per la zootecnia e disposizioni di salvaguardia da parte dei Comuni per i Sic, i siti d’interesse comunitario, per quel che riguarda la flora sarda.
Caso per caso. «Ora si deve finalmente entrare nell’ordine d’idee di preservare le specie botaniche e il loro habitat in modo adeguato – sostiene il professor Camarda – Ma per farlo occorre che la Regione eroghi i fondi ai Comuni e che i sindaci si rendano protagonisti dei piani territoriali per la difesa ambientale». Finora, in tutta l’isola, ci sono stati solo pochi esempi virtuosi. Un buon progetto in questa direzione era stato avviato tra Orani e Sarule. Ma poi non è mai stato costituito il comitato per la gestione sul campo. Mentre fra Sedilo e Abbasanta si è andati più in là e si son salvate le diversità biologiche locali.
Conservare e valorizzare. Ma come si proteggono i semi? «La questione della tutela del germoplasma delle specie spontanee si esplica fondamentalmente con tre modalità – risponde Camarda – La prima è anche la più efficace: programmi di gestione e monitoraggi in loco per mantenerle in uno stato soddisfacente. La seconda si basa sulla coltivazione in complessi specializzati: orti botanici e centri per la biodiversità, come quelli delle due università sarde. Il terzo sistema consiste nel trattare i semi e custodirli a basse temperature in laboratori, presenti sia a Cagliari sia a Sassari».
Obiettivi e risorse. Secondo molti scienziati e botanici di Cnr e università, il traguardo finale è preservare le specie dall'erosione genetica. «Perché», come spiega Camarda, «ce ne sono che oggi non hanno grande interesse per il mercato, ma che potranno averlo nel futuro». «Così – conclude con convinzione il docente – è soprattutto la coltivazione da parte di privati in aziende del territorio o in appezzamenti messi a disposizione dai Comuni che rappresenta il modo più efficace di tutela. E in questo senso il ruolo dei gruppi che si sono formati negli ultimi anni è fondamentale perché la salvagurdia di queste piante deve diventare un fatto corale e democratico, un’azione che ci veda tutti impegnati in difesa del patrimonio comune».
Difficoltà e timori. A ben vedere, dunque, non resta che aiutare a riprendersi le specie che oggi soffrono e sono a rischio estinzione. Ma per farlo sarà indispensabile creare cordoni di protezione nei terreni dove le antiche piante si battono per sopravvivere.
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