Maledizione dei puri Il dovere di dire no
Nel segno di Pasolini e De André domani al Ferroviario Dieci storie italiane nello spettacolo di Falchi e Grillo
SASSARI. «Io so». Nel celebre articolo del novembre 1974 apparso sulle colonne del “Corriere della Sera” Pier Paolo Pasolini, scrittore, regista e intellettuale lancia un manifesto politico e culturale contro l’omertà di chi potrebbe denunciare lo stragismo di quegli anni e invece tace. «Io so» dice Pasolini. E, mettendo in fila i fatti, dalla strage di Milano del 1969 a quelle di Brescia e Bologna denuncia il silenzio colluso di pezzi del potere. Solo gli intellettuali non compromessi possono e hanno il dovere di parlare e denunciare.
«Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere – afferma PPP – ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi». Ma il compito dell’intellettuale è proprio quello di mettere assieme i pezzi di un mosaico, svelando inganni e bugie. Questa è la lezione più grande dell’autore di “Petrolio”. Punto di partenza de “La maledizione dei puri”, spettacolo teatrale prodotto da Origamundi, domani alle 21 al Ferroviario (sabato era in prima all’Auditorium di Cagliari)di e con Francesca Falchi e Guido Maria Grillo (con il patrocinio del centro studi Pasolini di Casarsa e il Projecte Pasolini di Barcellona) che in questo lavoro ha accostato a Pasolini il poeta Fabrizio De Andrè. Accostamento ricco di punti in comune tra i due pur diversissimi uomini d’arte e pensiero, sempre e comunque dalla parte degli ultimi. Entrambi dotati di “pietas” laica e rivoluzionaria, attenta ai drammi degli uomini e delle donne abusati dal potere.
Non solo quello di chi governa ma anche quelli violenti ed espliciti delle tante mafie: da quelle storiche alle altre degli appalti e del malaffare.
Pasolini e De Andrè in questo allestimento fortemente politico, sono le due guide di una discesa agli Inferi del Belpaese, seguendo le dieci tavole ricevute da Mosè sul monte Sinai.
Comandamenti che scandiscono con crudeltà quella “maledizione dei puri” da cui è imperativo liberarsi. Francesca Falchi, attrice di temperamento, tra le migliori in Sardegna, nonchè coltivata drammaturga ha tessuto un ordito di storie che non lasciano scampo, intrecciandole con le suggestioni, poetiche e, soprattutto musicali, di Guido Maria Grillo, musicista con buone possibilità attorali, alter ego dell’attrice in uno spettacolo per niente consolatorio. Falchi ha infatti scelto la forma teatrale di un oratorio, essenziale e spigoloso, dotato di una fissità che rimanda alla tragedia classica, evocata persino nella lunga e candida tunica indossata proprio dall’attrice che raramente esce fuori registro vocale (tranne nell’appassionato j’accuse della Colasanti vittima superstite del massacro del Circeo dei pariolini della Roma bene).
Ed ecco così il rosario di una drammatica sequenza di fatti ripresi dalla cronaca contemporanea italiana. Dalla morte del giovane Federico Aldovrandi all’uccisione di Pino Puglisi, c’è la Madonna delle Grazie fatta inginocchiare davanti alla casa del boss in Calabria, Rita Atria testimone di giustizia rinnegata dalla madre e morta suicida a 17 anni. I grandi drammi. Dalla vicenda Eternit con le sue morti a quelle dell’Aids, il caso Englaro e del reporter Antonio Russo ucciso a Tbilisi fino al terremoto dell’Aquila con le risatine registrate della “cricca” che pregusta gli affari della ricostruzione, poche ore dopo il dramma.
Episodi rimasti tuttora ancora impuniti che in una catena agghiacciante rimandano proprio a una “maledizione” da cui bisogna rivoltarsi. Cominciando da noi stessi. Perchè, come cantava De Andrè nella “Canzone del maggio” «per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti».