L’intellettuale viveur innamorato delle donne e della grande pittura
Tre grandi mostre esplorano la figura di un artista eclettico e affascinante; Bernardino Palazzi nato a Nuoro nel 1902, liceale a Sassari nel 1920, a Roma all’Accademia di Francia a studiare pittura...
Tre grandi mostre esplorano la figura di un artista eclettico e affascinante; Bernardino Palazzi nato a Nuoro nel 1902, liceale a Sassari nel 1920, a Roma all’Accademia di Francia a studiare pittura già nel 1921. Un pittore che non subisce la fascinazione della Sardegna tradizionale e arcaica ma che rimarrà sempre legato alla sua isola. Un uomo interessato alla grande pittura che cita ed esplora, informato e curioso anche delle sperimentazioni più attuali, ma anche un dandy edonista e viveur con le sue sensuali odalische tra Manet e Matisse. Curatrice della mostra “L’occhio indiscreto. Bernardino Palazzi. Grafico, illustratore, fotografo” la storica dell’arte Maria Paola Dettori.
Chi era e sotto quali influenze opera Bernardino Palazzi?
«È stato tra gli artisti sardi del Novecento uno dei più estranei alle vicende isolane, lontano dai dibattiti e dalle scelte iconografiche (e di teorie e obiettivi) diffuse tra i maggiori pittori della Sardegna nella prima metà del XX secolo. Resta legato alla sua terra, sulla quale produrrà ciclicamente nuclei di opere. In maturità la Sardegna diverrà per lui terra di riposo, vacanze e piccole esposizioni; tutta la sua esistenza di adulto sarà vissuta tra Padova e Venezia, Milano, la Liguria e Roma.
Forse è per questo che nell’isola la sua figura di artista è meno nota di altre eppure Palazzi è tra gli artisti sardi, senza ombra di dubbio, uno di quelli di maggior successo: chi altri può vantare una presenza ventennale – a partire dal 1928, quando è ancora giovanissimo – alla Biennale di Venezia? Sono gli anni, cruciali, della sua vita milanese, in un ambiente raffinato, mondano e ricco di stimoli intellettuali. Sono gli anni di “Bagutta” (il grande ritratto di amici e intellettuali nella celebre osteria), e dell’esistenza, solo apparentemente facile e incantata, di un pittore ricco di talento e di fascino dotato di un instancabile appetito per le questioni amorose e le belle donne.
La corrispondenza ci restituisce però una figura meno semplice e banale di questo ritratto esteriore: Palazzi è un artista pieno di incertezze, costantemente alla ricerca di migliorarsi, sempre attento allo studio della forma e a quello dei maestri, dagli antichi – gli amati veneti, Tiziano, Mantegna – ai moderni, specie francesi, come Ingres e Degas. Lasciata Milano nel 1950, si trasferisce, dopo un breve periodo ligure, a Roma: è ancora e sempre la figura femminile il nucleo centrale della sua arte, che si è fatta più lieve, e decorativa, con un accentuato schiarimento della tavolozza. La sua ultima personale sarda si tenne a Sassari, nella galleria “Il basilisco”, nel 1977; l’unica ampia antologica dedicatagli si deve invece al Comune di Vicenza: caparbiamente voluta dalla moglie Maray Abbove, fu aperta un anno dopo la sua morte nel 1987».
Che posto si ritaglia nella storia dell'arte?
«È un artista colto, che ha sempre guardato ai grandi classici, ed esordisce negli anni venti, ovvero in pieno “Novecento”, il movimento nato per volontà di un gruppo di pittori che gravitano su Milano – Anselmo Bucci, Sironi, poi Carrà ...– che guardano alla riscoperta della grande arte italiana del passato per un “ritorno all'ordine” dopo i primi due decenni di ardite sperimentazioni delle avanguardie. Ciò non significa che tali pittori siano attardati, ma che sono piuttosto attenti al recupero della forma e della figura, soprattutto di quella umana: ed è questo il tema principale della ricerca di Palazzi, il ritratto e il nudo femminile, inteso anche come oggetto di studio, di meditazione sulla rappresentazione della figura. In questo si lega a tanta parte della storia dell'arte».
I rapporti con gli artisti sardi?
«Di rispetto e amicizia, anche se non stretta. Conosce e stima Biasi in primis (si trovano a esporre insieme ad alcune mostre milanesi); scambia corrispondenze affettuose con Tavolara, Delitala, Ciusa Romagna e, soprattutto, il nuorese Tonino Ruju, anche perché presso la sua galleria esporrà qualche volta».
Cosa ci raccontano le tre mostre?
«Aspetti molto diversi della produzione di Palazzi.
Cagliari e Sassari (sedi della Fondazione Banco di Sardegna) ospitano i momenti più alti della sua carriera di pittore, i capolavori della pittura di nudo degli anni trenta/quaranta (a Cagliari) e nel ritratto collettivo del mondo di intellettuali fermato nel dipinto Bagutta (a Sassari). Nuoro, e il MAN, presentano invece una ricca selezione di opere di grafica e illustrazioni, accompagnate da documenti e interessanti inediti. Nell’insieme non un’antologica, ma una mostra che presenta l’artista per quelli che unanimemente la critica e il mercato gli riconobbero come traguardi: il nudo femminile, il ritratto e l’illustrazione. Insieme a questi temi portanti, va in mostra il Palazzi inedito e privato».
Come esplora il pittore il territorio dell’eros?
«L’eros per Palazzi è semplicemente parte della vita umana: sicuramente una parte che lui ha sempre considerato molto importante, degna di essere ricercata e...praticata quanto più possibile. L’eros è pulsione naturale alla quale tutti sono sottoposti: come la morte, tocca ciascuno di noi. Il riferimento alla morte non è casuale, dal momento che i disegni erotici – materiale privato e personale dell’artista – sono inframmezzati da disegni che rappresentano uccisioni, torture, punizioni: un certo gusto sadomaso non è escluso, così come una certa ferinità, ma il discorso è più profondo, e attiene al tema del corpo, desiderato, accettato e declinato in tutti i suoi aspetti, come fonte di piacere, capace di abbandono sfrenato e totale ai sensi e agli umori della fisicità, ma anche oggetto e causa di dolore».
C'è l'aspetto del fotografo, grafico e illustratore...
«La grafica costituisce una sezione importante della mostra: Palazzi era un ottimo disegnatore, lo si vede già nel grande disegno in esposizione – ancora futuristico – realizzato quando aveva appena diciotto anni, e poi nelle illustrazioni per la rivista del Corriere della Sera, vere e proprie vivaci istantanee di vita moderna. Le foto di studio poi sono un interessante inedito: documentano il rapporto tra l’artista e le modelle, centrale nella produzione di questo pittore. Oltre a questo, sono anche molto belle (vedere per credere)».