La Nuova Sardegna

«Le università nell’isola rischiano di scomparire»

di Luca Rojch
«Le università nell’isola rischiano di scomparire»

L’allarme arriva dall’assessore regionale Firino: «Meno fondi a disposizione, i nuovi criteri e i tagli del Governo mettono in dubbio il futuro degli atenei sardi»

18 gennaio 2016
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SASSARI. Rimpicciolite e smontate fino alla loro scomparsa. Un futuro da fantasmi del sapere per le due università sarde, Cagliari e Sassari. Secoli di storia e tradizione buttati via da una cinica equazione di Stato. Pochi studenti, meno fondi. E non conta se l’università è l’unica speranza di crescita per una regione depressa senza industria e infrastrutture. La Ragion di Stato la fa un ragioniere. Il pericolo di un forte ridimensionamento e di una scomparsa delle università sarde lo dà l’assessore alla Cultura Claudia Firino. Sceglie la formula della lettera appello. Ma tra le righe c’è tutto. Numeri e logica seguiti dal governo. E l’impossibilità per la Regione di investire altre risorse per mantenere vivi i due atenei. «Le analisi dell'Istat e della Fondazione Res restituiscono l'immagine di un’Italia spaccata in tre: un nord che mantiene il suo buon livello, un centro-sud che si trascina e due isole che si allontanano a grandi falcate. Questo lo scenario dei finanziamenti statali agli atenei, in calo costante dal 2008 ma mai così diversi fra nord e sud. Sardegna e Sicilia perdono il 21%, il centro-sud il 12%, contro il 4% del nord. Le conseguenze sul numero di laureati fra i giovani italiani sono drammatiche: un 23,9% lontanissimo da quel 40% che l’Unione europea ha posto come obiettivo della strategia “Europa 2020”». In altre parole i finanziamenti di Stato dal 2008 sono calati del 21 per cento e ora rischiano di venire ridotti in modo ancora più forte. «I criteri con cui queste risorse vengono ripartite – continua la lettera della Firino –, rendono difficile per gli atenei più piccoli scommettere sull’innovazione. Se il rapporto fra calo di studenti e diminuzione dei fondi diventa indissolubile, se si misura con lo stesso metro la capacità di attrarre studenti di un’isola e di una grande regione, se il blocco del turn-over persiste, se si considera un dato acquisito che le tasse universitarie siano destinate a salire, cresciute del 50% negli ultimi sette anni, e i criteri per ottenere un sostegno a inasprirsi, l’università in Sardegna è destinata prima a essere declassata e poi a scomparire». Un cortocircuito che rischia di cancellare dall’isola per migliaia di persone la possibilità di prendere una laurea. Una desertificazione culturale. «In questa difficile partita la Regione fa la sua parte – scrive la Firino –, riserva ai due atenei sardi e al diritto allo studio oltre 70 milioni l'anno, fra contributo al funzionamento, borse di studio e ricerca. Ma quello che dovrebbe rappresentare una risorsa aggiuntiva rischia di diventare un insufficiente sostegno per scongiurare il ridimensionamento della presenza universitaria nell'isola. Per questo credo sia opportuno e urgente aprire un confronto fra tutti livelli istituzionali e politici. Una discussione capace di inserirsi nel dibattito nazionale per portare la nostra idea di Università, le peculiarità del nostro territorio e le proposte per valorizzarle. E nel frattempo dovremmo chiedere un passo indietro sui criteri attualmente applicati. Perché prima occorre decidere di cosa abbia bisogno l'istituzione più importante per il futuro dei nostri ragazzi. E solo dopo scegliere gli strumenti per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti».

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