L’amore, condizione estrema dell’anima
Al Teatro Massimo di Cagliari la prima nazionale del nuovo testo di Spiro Scimone con la regia di Francesco Sframeli
CAGLIARI. Amore come condizione estrema dell'animo. Ed eterna. È sul filo tra teatralità e finzione, vita e trapasso, il nuovo testo di Spiro Scimone con la regia di Francesco Sframeli, coppia tra le migliori del teatro europeo, in scena con Giulia Weber e Gianluca Cesale, sabato (e ieri) in prima nazionale al Massimo per Sardegna teatro. Si intitola proprio "Amore", il finale di partita di due coppie di vecchietti, eterosessuale la prima, (Scimone e la Weber), omosex la seconda, un comandante e un pompiere (Sframeli e Cesale) che incrociano i destini in un cimitero (disegnato con efficacia da Lino Fiorito) con sepolcri che si trasformano in alcove e camion dei pompieri ricavati da un carrello della spesa di supermarket armato di sirene e lampeggianti. Pièce da teatro dell'assurdo, con dialoghi permeati da intelligente ironia che sottotraccia accentua un diffuso senso di straniamento, regalando tra comico e tragico situazioni al limite del paradossale. Dall'allagamento di una casa con salvifico intervento dei pompieri (che causa un blocco sessuale nella coppia) al racconto di incontri clandestini tra comandante e pompiere mai vissuti in libertà. Esattamente come quelli della coppia di vecchietti eterosessuali che, sulla soglia dell'eternità, improvvisamente capisce quanto tempo ha perduto rinunciando a vivere la sessualità e, quindi l'amore, senza infigimento alcuno.
Scimone e Sframeli, anche in questo allestimento hanno il dono della leggerezza parlando di temi e argomenti ingombranti che solo pochi anni fa avrebbero fatto storcere il naso o gridare allo scandalo. Ma un po' pure nei giorni nostri a giudicare dalle forze scese in campo in queste ultime ore, in Italia, per le unioni civili. Un tema che ha diviso tra Family day e piazze Arcobaleno, segno che quella auspicata e tanto pubblicizzata normalità da Paese europeo è ancora al di là da venire. Complice forse i ritardi culturali come una ingombrante e severa presenza della Chiesa. Scimone e Sframeli mettono così i piedi sul piatto, proprio in un momento che su coppie gay e diritti il termometro del confronto indica il rosso. Segno che il teatro di ricerca rimane sempre e comunque sul pezzo. A dispetto dei consolatori circuiti zeppi di allestimenti con eroi televisivi di cartapesta. Scimone e Sframeli invece, mettono a fuoco un tema appartenente al nostro quotidiano, solo apparentemente easy listening, come l'amore.
“Amore”, come recita l'ottavo testo di Spiro Scimone è elemento fondante della nostra dolente umanità, valido per tutte le età. E generi. Siano etero, omo, transgender etc… E invita così a ritrovare i propri sentimenti “sotto le lenzuola”, riconquistando quella intimità negata o perduta. Singolare che ciò avvenga nel momento del passaggio della vita. Quando cioè non c'è più niente da perdere. E' cioè l'attimo prima della fine, in cui giunge il redde rationem. E non si può più barare con se stessi. Ecco la vecchietta che, finalmente libera di dire parolacce, scuote il compagno da remore e complessi per ritrovare l'aria libera della gioventù. Così, come in uno specchio, la coppia dei vigili del fuoco, comandante e pompiere, finalmente fanno outing ritrovando se stessi. Sotto le lenzuola.