La Nuova Sardegna

Caccia al commando ma troppi punti oscuri

di Gianni Bazzoni
Caccia al commando ma troppi punti oscuri

I banditi conoscevano tutti i segreti della sede-forziere di Caniga Dai 20 milioni lasciati nella sala conta al punto debole del muro di cinta

03 marzo 2016
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SASSARI. Quattro o cinque mesi a studiare e preparare un colpo dove hanno rischiato tanto ma non hanno sbagliato quasi nulla. E se solo avessero osato un po’ di più potevano portarsi a casa non 11 ma oltre 20 milioni di euro, tanti ne avevano a disposizione nella “sala conta” quando sono entrati e hanno cominciato il prelievo. Anche se un conteggio definitivo deve essere ancora completato e non è escluso che il bottino possa essere aggiornato in aumento. Tanti soldi, proprio in quel momento, in un ambiente intermedio e non nel cavau. Così è stato più facile impossessarsi del denaro, sistemarlo in buste di plastica e caricarlo su un furgone.

Sono questi i primi particolari che emergono dalle indagini sull’assalto del commando che - lunedì sera - ha preso di mira la sede della Mondialpol Sardegna in via Caniga e concretizzato il colpo più clamoroso mai realizzato in Sardegna.

Un plotone. Un plotone “militare” perfettamente addestrato. Riguardando i filmati delle telecamere, gli investigatori della squadra mobile di Sassari ne hanno contati 13, ma sicuramente dal calcolo ne mancano altri due o tre che non sono entrati per niente nel raggio della video sorveglianza. “Soldati” rispettosi degli ordini e pronti a qualunque cosa pur di obbedire alle disposizioni del capo-regista. Anche a creare diversivi, come l’incendio dell’auto nel piazzale: alcune chiamate ai vigili del fuoco hanno segnalato una macchina in fiamme dopo un incidente stradale. Invece era la rapina più importante della storia sarda e solo per una questione di attimi non c’è stato il conflitto a fuoco con le forze dell’ordine che hanno invaso Caniga e Predda Niedda (settanta militari tra polizia, carabinieri e guardia di finanza).

Due fucilate all’auto. Uno dei banditi messo a guardia di una delle strade laterali per evitare problemi durante la fuga ha intimato l’alt a un automobilista sassarese che rientrava verso casa. «Scendi e dammi le chiavi», questa la richiesta. L’uomo, però, si è spaventato e anzichè fermarsi ha accelerato: ha rischiato di morire. Il rapinatore, infatti, ha sparato due colpi che hanno centrato il veicolo nella parte posteriore.

Pala meccanica in moto. Accorgimenti per guadagnare minuti preziosi: la pala meccanica sistemata sul pianale del semirimorchio era in moto e c’era l’operatore già ai comandi. Quando il mezzo è arrivato davanti alla sede della Mondialpol Sardegna, l’operazione di scarico è stata rapidissima. Tra l’altro i binari posteriori erano stati calati e grattavano per terra: è questo il forte rumore metallico che anche i vigilantes e altri testimoni hanno sentito poco prima che scoppiasse l’infermo di fuoco.

Unico varco possibile. Una operazione chirurgica. I rapinatori sapevano che c’erano un solo punto del muro di cinta sul quale non era stata fatta la blindatura. E lì hanno colpito.

Inferno di fuoco. Mentre la pala meccanica scendeva dal pianale, una batteria di quattro-cinque uomini ha aperto il fuoco contro l’edificio. Una strategia, per consentire agli altri sette complici di agire senza correre il rischio di essere colpiti da vigilantes che hanno provato a rispondere al fuoco dalle finestre. Momenti interminabili, solo per caso non ci sono state feriti e vittime.

Banda regionale. Un commando aggregato facilmente dall’entità del bottino: quando è stato formato dal capo e da qualche altro fedelissimo, è stato sufficiente dimostrare che si potevano portare a casa parecchi milioni per raccogliere le adesioni. Nella banda - secondo gli investigatori - esponenti di territori diversi: Goceano, Ogliastra e Barbagia.

I furti. Tra il 20 febbraio e i giorni seguenti, la banda ha formato il parco macchine scegliendo in giro per la Sardegna. L’aspetto più curioso è quello dei mezzi pesanti: il rimorchio è stato rubato nella notte tra il 20 e il 21 febbraio nella zona industriale di Macchiareddu mentre l’escavatore è stato prelevato, la stessa notte, vicino a Capoterra, in un cantiere della 195. Le denunce sono state presentate ai carabinieri del territorio che - di fronte alla tipologia dei mezzi spariti - hanno diramato l’allarme per possibili rapine in quella provincia. Una prassi, solo che stavolta il commando è entrato in azione nel nord Sardegna, dove quella segnalazione ovviamente non è pervenuta.

Elicottero. Sapeva tutto la banda, anche che entrando in azione all’imbrunire avrebbe avuto un problema in meno. Le forze di polizia, infatti, non hanno un velivolo abilitato per il volo notturno.

Troppo esperti. Un livello superiore. Gente capace di trascorrere mesi e mesi a studiare, pianificare, provare e riprovare. Un colpo come quello alla Mondialpol Sardegna non lo fa una “cricca” messa su all’ultimo momento per disperazione e pronta a buttarsi sulla prima cosa che capita. Cura dei dettagli, investimenti importanti sulle armi, forse anche “formazione professionale” per i compiti da svolgere.

La talpa. Ma non si può fare tutto da soli. Quando il commando è così bene informato può voler dire solo una cosa: che ha ricevuto dati precisi, segnalazioni dettagliate, senza possibilità di errore. E anche stavolta, come in altri casi (come era accaduto nel 2013 a Nuoro, quando vennero portati via 5 milioni di euro dalla sede della Cooperativa Vigilanza Sardegna) si cerca la talpa.

Viaggio a tappe. È molto probabile che l’avvicinamento dei mezzi rubati all’obiettivo finale sia avvenuto per tappe. Spostamenti con vedette - secondo le ipotesi investigative - senza rischiare più di tanto.

Prove tecniche. Uno che entra per la prima volta negli ambienti della Mondialpol Sardegna non sa dove andare. A meno che non sia stato formato prima, istruito e portato a svolgere prove tecniche come se fosse realmente in quel luogo.

Furgone bruciato. È stato trovato ad Alà dei Sardi, provincia Gallura. É normale affermare che una parte della banda è arrivata fino lì eludendo controlli e posti di blocco. Ma anche sospettare che incendiare un mezzo da quelle parti può essere anche un depistaggio per costringere a guardare da una parte invece che dall’altra.

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