Leopold, Olivier, Adelma e gli altri Le vite spezzate senza una ragione
BRUXELLES. Leopold, Olivier, Adelma. Sono i nomi delle prime vittime delle stragi a essere identificate. I primi di questa tragica galleria di facce e di storie che formeranno la “Spoon River” di...
BRUXELLES. Leopold, Olivier, Adelma. Sono i nomi delle prime vittime delle stragi a essere identificate. I primi di questa tragica galleria di facce e di storie che formeranno la “Spoon River” di Bruxelles, una penosa lista di nomi e di profili, per ora piena di spazi vuoti. Secondo alcune indiscrezioni infatti sarebbero almeno 14 le vittime di difficilissima identificazione. Si stima che i morti e i feriti hanno una quarantina di nazionalità. Per ora solo tre vittime, forse quattro, sono state sono stati riconosciute, a oltre 30 ore dalle esplosioni.
Per tutte le altre continuerà per ore, forse per giorni l’atroce opera di composizione delle salme, a volte solo dei resti. E parallelamente crescerà l’angoscia di chi da martedì non sa nulla del proprio caro ma che non ha ancora perso la speranza. Per aiutare questa disperata raccolta di informazioni, è nata spontanea una pagina su Facebook, “Bruxelles-profil Recherce Famille”, dove già da martedì in tanti postano foto, indizi, per avere una traccia, una parola utile. Non c’è stato invece niente da fare per Leopold Hecht, vent’anni, studente di legge, morto ieri per le gravi ferite. Cresciuto in una famiglia di importanti avvocati, era molto conosciuto e amato nella sua università, la Saint Louis, dove è stato allestito un piccolo memoriale per ricordarlo.
Stessa tragica sorte per Olivier Delespesse, giovane funzionario del ministero dell’Istruzione: anche lui, come Leopold, era sul maledetto treno sventrato a Maelbeek. Lo ha ricordato l’ufficio in cui lavorava con un commosso comunicato: «Olivier era una persona simpatica, gioiosa, amichevole, una persona eccezionale per i suoi amici e i suoi colleghi. La sua morte è profondamente scioccante e ingiusta».
Tragica anche la fine di Adelma Marina Tapia Ruiz, 36 anni, peruviana che da sei anni viveva alla periferia di Bruxelles, uccisa davanti ai check in della Delta Airlines, pronta a volare a New York per le feste di Pasqua. Era con suo marito, belga, e le sue due figlie, una sola delle quali è rimasta leggermente ferita. Era appassionata di cucina: il suo sogno, raccontano gli amici, era aprire un ristorante peruviano a Bruxelles.
Sulla pagina Facebook si affollano i post con le foto, i dettagli, i racconti dei tanti dispersi. Le richieste degli amici sono in tante lingue, ma il significato, drammatico, è sempre lo stesso: non sappiamo niente di lui, di lei, da martedì mattina: se l’avete visto, se sapete qualcosa fatevi vivi.
C’è la foto di un giovane di origini indiane, Raghavendran Ganesa, quella di Yves Ciyombo, un ragazzo nero, di origine congolese, laureato in scienza ambientale a Lovaino. Tanti, ovviamente, i post dagli States: si cerca David Dixon, una giovane coppia del Kentucky, Stephanie e Justin Shults, una coppia di fratelli di New York, Sasha e Alexander Pinczowski. Capita anche che qualcuno racconti di aver trovato la propria parente all’ospedale, ferita, ma viva. Ansia invece per una donna polacca di 61 anni: «Ha una cicatrice al collo, per una operazione di tiroide» implora la figlia. E c’è anche un appello al contrario, altrettanto raccapricciante: «Ho saputo che all’ospedale Sant’Erasmo c’è una persona gravemente ferita, non ancora identificata. Non è ancora chiaro se si tratti di una donna o di un uomo».