La Nuova Sardegna

Inchiesta sulla sanità in Sardegna, sequestrati telefono e pc dell’unico indagato

di Enrico Carta
Inchiesta sulla sanità in Sardegna, sequestrati telefono e pc dell’unico indagato

In 12 ore i carabinieri hanno acquisito molti documenti al San Martino di Oristano. Il capo infermiere Manai nega le accuse. E sul caso interviene anche Maninchedda

17 luglio 2017
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ORISTANO. Da Cabras, domicilio dell’unico (per ora) indagato, all’ospedale San Martino. Pochi chilometri di distanza, ma molte ore di lavoro. Gli inquirenti ne hanno dovuto utilizzare addirittura dodici prima di concludere il sequestro di numerosi documenti che diventano pilastro portante dell’inchiesta sul sistema sanitario che ha già gettato nei mesi precedenti altre non ancora visibili fondamenta.

Prima ancora di andar via dall’ospedale alle 21.30 di un sabato non qualunque, gli agenti del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza coordinati dal maggiore Pasquale Pellecchia avevano intanto preso con sé il telefonino cellulare e il computer dell’infermiere Salvatore Manai, la sola persona formalmente iscritta nel registro degli indagati.

Responsabile della sala operatoria del San Martino, il 44enne di Silanus appare come un anello e nemmeno molto grosso di una catena che potrebbe essere ben più lunga.

La direzione che l’inchiesta sta prendendo sembra chiara leggendo i reati contestati – corruzione e falso – e ciò a cui essi sono collegati. Per il sostituto procuratore Armando Mammone, lo stesso che ha portato avanti l’inchiesta maremoto ribattezzata “Sindacopoli”, c’è del marcio anche nel mondo della sanità oristanese e giusto per stare in rima ci si potrebbe trovare di fronte a una sorta di “Concorsopoli”. È proprio nei concorsi e nel vorticoso giro delle assunzioni interinali alla Assl dalle forti connotazioni geografico-territoriali – la provenienza di un numero notevole di persone è del del Marghine e della Planargia – che la procura sta frugando.

Intanto, sul caso è intervenuto ieri sul suo blog l’ex assessore regionale Maninchedda, polemizzando con chi, sulla stampa, ha fatto rilevare che l’«indagato Manai - scrive Maninchedda - è stato candidato alle Comunali di Oristano per il Partito dei Sardi (raccogliendo 22 voti, ndr). Immediatamente - prosegue - viene ricordato che il Partito dei Sardi è guidato da Paolo Maninchedda e vi milita anche il sindaco di Macomer, Succu, primario del reparto in cui lavora l’indagato. A scanso di equivoci, è verissimo che io guido politicamente il Partito dei Sardi, ma è ancora più certo che non mi occupo nè mi sono occupato di concorsi... Un po’ di consiglieri regionali e di dirigenti di partito non potendo confrontarsi sulla politica e sulla cultura, lavorano sull’indiscrezione, sull’insinuazione e sulla creazione del clima della presunzione di colpevolezza».

Tornando all’inchiesta, Salvatore Manai, affiancato dall’avvocato Gianfranco Contini, ha fornito tutte le spiegazioni richieste dagli agenti e ha messo a loro disposizione ogni documento che si trovava nelle due postazioni da lui utilizzate al San Martino.

Saranno di importanza vitale per l’inchiesta?

Di sicuro Salvatore Manai è cascato dalle nuvole nel momento in cui gli è stato chiesto se fosse a conoscenza di un sistema peraltro nemmeno troppo originale attraverso il quale venivano truccati i concorsi.

Secondo la procura, ad alcuni partecipanti considerati «amici» il questionario sarebbe stato consegnato in anticipo in modo da avere la certezza di ottenere un ottimo risultato. E se questo non fosse bastato, ecco che anche le graduatorie degli esami sarebbero state riviste a seconda delle esigenze degli esaminatori. Verrebbe da pensare che dietro questo comportamento ci potesse essere un giro di mazzette, invece questo sembra escluso: non ci sono soldi che finiscono nelle tasche di chi avrebbe agevolato le assunzioni.

Le assunzioni sarebbero servite piuttosto, secondo le ipotesi dell’accusa, per creare delle facili clientele elettorali sul territorio. Una volta generato il consenso e raggiunti i posti di comando, agli ideatori del sistema (ancora presunti e da scovare) sarebbe stato facile indirizzare scelte e gestire denari. Ovviamente pubblici e puliti.

Il mirino dei magistrati appare quindi puntato in alto, ma l’onda lunga dell’inchiesta rischia davvero di portare via con sé anche molti pesci piccoli.

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