La Nuova Sardegna

Peste suina, basta embargo per la Sardegna: Pigliaru scrive alla ministra Grillo

Vincenzo Garofalo
Francesco Pigliaru
Francesco Pigliaru

Il governatore chiede di fare rispettare gli impegni presi dalla Ue. Col piano di eradicazione focolai calati da 190 a sei: vincoli all'export senza senso

24 ottobre 2018
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SASSARI. La Regione mostra i muscoli per liberare le 14 mila aziende suinicole sarde dall'embargo europeo motivato con la presenza nell'isola della peste suina africana. Con una lettera inviata al ministro della Salute, Giulia Grillo, il presidente Francesco Pigliaru chiede che il Governo faccia rispettare gli impegni presi nei confronti della Sardegna dal commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Povilas Andriukaitis, e in caso di mancata risposta di «adire le vie legali nei confronti della Commissione europea per il mancato rispetto dei principi di proporzionalità e di pari trattamento tra Stati membri».La missiva di Pigliaru, inviata alla ministra il 16 ottobre, fa riferimento ai risultati ottenuti dalla Sardegna nella lotta per l'eradicazione della Psa dall'isola, e al vertice che si è tenuto il 15 maggio scorso a Bruxelles fra il presidente della Regione e, appunto, il commissario europeo Andriukaitis.

In occasione di quella riunione Pigliaru, accompagnato dal direttore generale del ministero della Salute Silvio Borrello e dal direttore generale dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sardegna Alberto Laddomada, aveva illustrato ad Andriukaitis i risultati del piano messo in atto dall'amministrazione regionale negli ultimi quattro anni per cercare di debellare la Psa dall'isola, dopo 36 anni di insuccessi. Dati inequivocabili che certificano come i focali della temibile peste suina in Sardegna siano passati dai 109 del 2013 ai sei di quest'anno. Davanti alla relazione dettagliata di Francesco Pigliaru, il commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, aveva preso l'impegno di inviare una missione ispettiva in Sardegna per verificare con mano i risultati raggiunti nella lotta alla Psa e l'attuale condizione degli allevamenti isolani, al fine di allentare le restrizioni sull'esportazione dei suini sardi e dei prodotti derivati, in proporzione alla reale situazione epidemiologica che vede i pochi focolai di peste suina africani concentrati in appena due aree dell'isola. «Le condizioni che tuttora si applicano al commercio di suini e dei loro prodotti provenienti dalla Sardegna, in attuazione della Decisione di esecuzione della Commissione 709/2014/Ue sono sempre più chiaramente sproporzionate al rischio Psa causato dalla migliorata situazione epidemiologica e di controllo della filiera suinicola», scrive Pigliaru alla ministra Grillo.

«Questa sproporzione ormai appare sempre più chiaramente discriminatoria nei confronti della Sardegna e dell'Italia, se la si paragona alle misure molto più blande che la Commissione applica nei confronti degli altri stati membri della Ue in cui la Peste suina africana è presente e nei quali continua a diffondersi in modo estremamente preoccupante, come per esempio dimostrato la scorsa estate in Romania, Polonia e Lituania, tutti paesi in cui si è verificato un numero di focolai di malattia molto più elevato rispetto alla Sardegna», continua la lettera del presidente della Regione. E ancora: «In tali circostanze, le chiedo un ulteriore impegno affinché entro il prossimo mese di novembre abbia luogo la missione ispettiva della Commissione in Sardegna, che non potrà che fotografare i progressi fatti e dai cui

esiti mi attendo pertanto una rapida modifica della Decisione 709/2014/Ue nella direzione richiesta». E nel caso che la Commissione dovesse continuare a ignorare le ragioni della Sardegna, Pigliaru suggerisce di intraprendere un'azione legale: «Qualora, a fronte dei dati oggettivi di cui disponiamo, dovesse permanere un atteggiamento punitivo nei confronti della Sardegna e dell'Italia, non potremo rimanere inerti e, pertanto, Le chiedo, fin da ora, di assumere l'impegno di adire le vie legali nei confronti della Commissione stessa, che sta venendo meno ai principi sanciti nei trattati dell'Unione europea di proporzionalità e di pari trattamento tra stati membri».

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