La Nuova Sardegna

La Nuova@Scuola, le parole che non ho detto - Seconda puntata

La Nuova@Scuola, le parole che non ho detto - Seconda puntata

Lettere ai genitori, ai nonni, alla società. Scrivendo i ragazzi aprono la porta su un mondo ricco di progetti e di sentimenti - Prima puntata - Seconda puntata - Terza puntata

29 novembre 2019
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Vinciamo la paura di non essere ascoltati
Quante volte vi siete pentiti di essere rimasti in silenzio, magari per paura di offendere qualcuno o di non essere ascoltati? Quante volte avete sentito quel bruciore che va dalla gola allo stomaco, e che potrebbe essere alleviato da una semplice frase o da una parola? Magari, da un semplice no. Se non vi è mai successo vi ammiro e un po’ vi invidio, perché invece io vorrei riuscire a dire tutto quello che ho dentro, invece non riesco neppure a pronunciare due semplici lettere: no. Da poco mi è capitato di voler dire di no con tutta me stessa, eppure sono rimasta in silenzio per non ferire la persona alla quale avrei voluto dirlo. Temevo potesse credere di non essere importante per me, mentre in questo periodo lo è stato tanto e mi ha aiutato ogni singolo istante semplicemente con un sorriso. Ma forse, questo, non gliel’ho mai detto. È difficile riuscire a tirare fuori quello che si pensa. Per questo è importante l’opportunità che ci viene offerta dal progetto di alternanza scuola-lavoro “La Nuova@Scuola” (arrivato oggi alla seconda uscita) che ci dà l’occasione di esprimerci. Spesso ci sembra di essere gli unici che non riescono a parlare e si sentono tanto in colpa. Ci capita di sentirci sbagliati o inappropriati, poco sinceri. Proprio noi, che la sincerità la riconosciamo e sappiamo distinguere quando un complimento è sincero, spontaneo oppure... falso. La verità è che ci sentiamo diversi da tutti però vorremmo essere come gli altri, che cambiamo di continuo e continuiamo a sentirci fuori luogo. A me succede tutti i giorni. Quel bruciore di cui ho parlato prima, ultimamente è sparito. Al suo posto sento come un vuoto che diventa sempre più grande ogni volta che non riesco a dire qualcosa. Spesso vorremmo urlare, dire che non ce la facciamo più, che sentiamo come se ci mancasse qualcosa ma allo stesso tempo, se ci pensiamo bene, ci sembra di avere tutto. Così continuiamo a sentirci inadatti, come se ci dovessimo accontentare di quello che abbiamo dalla nascita, di non poter pretendere niente di più. Ci sembra che qualsiasi sforzo facciamo, per avere quel qualcosa in più, per un motivo od un altro risulti inutile agli occhi di tutti. Ecco, queste sono le parole che non ho mai detto. Non so neppure a chi vorrei dirle di preciso, forse semplicemente dovevo trovare qualcosa che mi manca. Forse, quel qualcosa è il coraggio di parlare.
Matilde, 16 anni, frequenta il liceo Scientifico Marconi a Sassari

Quelle domande sempre inviate, ormai senza risposta
Tutti abbiamo parole e frasi che non siamo riusciti a dire per mancanza di coraggio o di tempo. Oppure, come è capitato a me, per entrambi i motivi. Queste parole avevano come destinatario mio nonno, deceduto all’inizio di quest’anno per un brutto male che lo perseguitava da tempo. Avevo 7 anni quando si ammalò e la malattia l’ha tormentato per circa 11 anni. Purtroppo non è riuscito a festeggiare con me il raggiungimento della mia maggiore età. Questo lungo periodo di malattia gli aveva reso difficile qualsiasi cosa, anche le azioni più semplici come muoversi o dialogare. Per questo non siamo mai riusciti a fare una passeggiata per raccontarci qualcosa di noi o sulla nostra vita. Eppure avrei tanto voluto chiedergli di raccontarmi del suo passato, di quando aveva la mia età, delle avventure fatte con i suoi amici, dei suoi progetti di lavoro o dei sogni che avrebbe voluto realizzare. Avrei voluto, ma ogni volta che tentavo di farlo avevo paura che non fosse il momento opportuno e rimandavo di volta in volta, nella speranza che un giorno guarisse. Non sono mai riuscito a dirgli “Ti sono vicino”, perché purtroppo abitavamo distanti e non avevo la possibilità di vederlo spesso come invece avrei voluto. Mi sarebbe piaciuto vederlo fare il tifo per me ad una mia partita di calcio, oppure che mi accompagnasse all’aeroporto per salutarmi prima di un viaggio, come tutti i nonni fanno. Avrei voluto fargli tutte le domande che un nipote vuole fare al proprio nonno, magari ottenere da lui le risposte ad alcuni problemi o anche solo dei consigli che mi sarebbero serviti nella vita. Purtroppo nel mio caso tutto ciò non è stato possibile e non ci può essere un rimedio, perciò il consiglio che voglio dare è quello di non esitare ad aprirsi e dialogare, di non rimandare quello che si può fare oggi a domani e superare la timidezza o paura che è dentro ognuno di noi.
Diciottenne anonimo Istituto d’istruzione superiore “Paglietti” Porto Torres

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Liberiamo i nostri pensieri per sentirci vivi
Se mi soffermo a rifletterci, le parole che non ho detto sono tante. Ma perché non sono state dette? Per la preoccupazione che fossero sbagliate oppure che non fossero comprese? Per timore che non fossero all’altezza delle parole degli altri? O forse per paura di soffrire? Non si può dare una sola risposta, le cause sono tante. Qualunque esse siano, nessuna sarà mai abbastanza valida per tenere rinchiusa una parola nella nostra mente, nel nostro cuore o in bilico, appesa a un filo, sospesa a mezz’aria. Lì, ferma, sulla punta della lingua per essere rimangiata solo poco dopo. A volte le parole non dette fanno male quanto quelle che invece sono state pronunciate, e insieme ad un nostro sospiro, si sono poi disperse nel vento di una fresca mattinata d’autunno. Le prime, se tenute dentro troppo a lungo, possono diventare amare quando ci si rende conto che sarebbe stato meglio lasciarle libere. Le parole che non ho detto non sono sole; si portano dietro, quasi come fossero macigni, pensieri e ragionamenti. E un interrogativo: cosa sarebbe potuto succedere se le avessi pronunciate? Attraverso la voce possiamo esprimere noi stessi, il nostro modo di vedere e vivere le cose, la nostra visione del mondo circostante. Non facendo sentire la nostra voce è un po’ come se tenessimo lo stesso mondo all’oscuro dei nostri pensieri, e questi ultimi chiusi all’interno della nostra mente, senza nessuna possibilità di una via d’uscita. Le parole che non ho detto, quelle più profonde, più importanti, le porto ancora con me; alcune volte riaffiorano facendosi spazio nella mia mente stracolma di pensieri. Le altre, quelle di poco conto, le ho perse, sono svanite. Forse queste ultime, anche se avessi lasciate libere, non avrebbero cambiato il corso della mia storia. Eppure i ricordi più belli sono legati a ciò che si ha avuto il coraggio di dire, svelando tutti se stessi a chi ci ha voluto ascoltare e conoscere. Non è sempre facile raccontare il proprio mondo. Le parole che ho tenuto per me sono ricche di rabbia, di amore e molto spesso anche di timore. Perché allora non dare libero sfogo a sé stessi, ai propri pensieri, lasciandosi trascinare dal corso casuale degli eventi e dire anche ciò che talvolta non diremmo? Bisogna parlare, parlare sempre. E lasciarsi travolgere da ciò che ognuno di noi si porta dentro, qualsiasi sia l’emozione, la sensazione, lo stato d’animo che si prova e che, nel bene o nel male, ci fa sentire vivi. Si deve parlare, l’importante è saper cogliere il miglior momento per farlo.
Dalila, 17 anni Liceo classico Europeo Canopoleno

Caro babbo, ti voglio bene ma soffro per te
Caro babbo, ho passato sedici anni con te e ora mi sembra che tu non mi conosca più. Forse è colpa mia, forse è colpa tua, non mi importa, ma la mia vita è stata segnata da questo. La mia vita è divisa in due parti: quando facevo tutto con te e quando invece cercavo ogni scusa per evitare di stare con te perché mi faceva troppo male. Tra i due momenti c’è stato un cambiamento che mi ha reso una persona che non avrei mai pensato di essere. Mi dispiace doverlo ammettere, perché a lungo ho cercato di giustificarlo, ma la colpa è tua. Da bambina ero sempre allegra, ti dicevo tutto, più a te che a mamma. Eri la persona di cui mi fidavo di più in assoluto. Ricordo la complicità che avevamo, conosco a memoria tutte le canzoni dei Nomadi che cantavamo a squarciagola in macchina. Mi ricordo quando mi lasciavi vincere a braccio di ferro e quando in campagna mi portavi in giro dentro la carriola. Ricordo perfettamente la mia prima cotta: ero alle elementari e lo avevo detto solo a te, perché avevo paura che mamma lo dicesse alle sue amiche ma anche perché sapevo di poter contare su di te, nonostante tutto e tutti. Poi è arrivato quel giorno. Ero in prima media, era una domenica come le altre, quando cucinavamo insieme cose speciali, però successe qualcosa di diverso dalle altre domeniche... Tu e mamma stavate parlando e poi mi hai preso in disparte, mi ricordo ancora le tue parole: «Da domani mattina non vivrò più in questa casa. Mamma e babbo litigano troppo e mi sto ammalando a causa di questo, però non ti preoccupare, mamma sarà una mia amica». Una delle prime cose che ho pensato è che una persona che consideravo così speciale e straordinaria in realtà forse non lo era. Il fatto è che, fino ad allora, il fatto che i miei genitori si amassero ancora era stato per me un vero e proprio vanto. Mi piaceva la nostra famiglia, mi piaceva tanto. Purtroppo da quel giorno è cominciata la seconda fase della mia vita. Dato che tu eri la persona con cui parlavo di più, non avevo più quel punto di riferimento. Ho cominciato a non parlare più con nessuno, spesso per dire qualcosa di importante a mamma devo scriverle una lettera, altrimenti non ce la faccio. Per mia fortuna dopo circa quattro anni della mia vita ho trovato una persona che è riuscita in un anno a darmi più di quanto tu abbia fatto dalla prima media in poi. Ormai ho quasi perso le speranze su di te, non so se riuscirai mai a sistemare quello che hai fatto, tutte le bugie che mi hai detto e tutte le mancanze che mi hai lasciato, e sono queste le parole che non ti ho mai detto: io ti aspetto, perché mi manchi, ormai da più di cinque anni e per quanto provi amarezza so che ti voglio bene, e sai come lo so? Perché soffro ancora per te.
Sedicenne anonima Liceo classico Azuni, Sassari

Piccola stella... racconto breve di un figlio immaginario
Piccolino... ti avremmo chiamato Emanuele, come il tuo nonno. Sicuramente saresti stato castano come il papà;Testardo come la nonna;Scatenato come lo zio o timido come la zia, ma mai staresti dovuto essere egoista tanto quanto la vita lo è stata con te.Oggi sarebbe stato il tuo diciottesimo compleanno, unico e speciale, una bella torta, tante foto da scattare... invece è solamente una triste giornata invernale, piove, mille goccioline fanno a gara nella finestra della tua cameretta blu mai arredata, io e papà abbiamo deciso di non muoverci da casa, una casa grande e silenziosa che non ha mai sentito la risata di un bambino o il pianto di quando si sbuccia un ginocchio, questa casa oggi è fin troppo fredda.08/11/ è la data dell'ultima ecografia, gioiosi io e tuo padre andammo a prendere una creps da zia Anna, una vecchina molto simpatica, col sorriso sempre in faccia, mi chiedeva sempre di te e io rispondevo che presto, una volta nato saremmo venuti a prendere il dolce più buono dell'intero negozio, avevo fatto questo tipo di promessa a così tante persone senza sapere che quel giorno non ce l'avresti fatta amore mio.Spesso sognavo come sarebbe stata la tua vita, anzi come avrei voluto che fosse...Avevo fatto così tanti sogni, proprio così.. rimangono solo sogni...Sognavo quando avresti detto la tua prima parola, quando mi avresti raccontato dei tuoi compagni, della tua prima fidanzata, quando saresti tornato a casa sporco di fango dopo la partita, quando ci sarebbero state le tue giornate no e io avrei potuto trasformarle in un si.Non posso scordare il tuo faccino, tenevi il mio dito stretto stretto nella tua manina quando il tuo piccolo mondo si è spento e non c'è dolore più atroce, non esiste parola per descriverlo...Ieri la tua sorellina mi ha chiesto un fratellino, perché dice che tutte le sue compagne lo hanno, e io le ho detto che lei ne ha già uno, ha te che sei più speciale di quelli delle sue compagne. Ha iniziato a farmi mille domande, e oggi è tornata da scuola con un disegno di voi due, hai un enorme scudo e una spada, mi ha detto che sei il suo cavaliere che la protegge dai mostri e sono sicura che sarebbe stato proprio così, ma so che è già così, anche da lontano; io sento che sei qua vicino a me mio piccolo e grande angelo...Dopo tutte queste parole, che non ti ho mai detto, voglio farti tantissimi auguri amore mio, sei e sarai sempre la mia piccola e buona stella. Tua mamma Cri.
Elena, 17 anni, Liceo coreutico Azuni

Nonnino caro, sei andato via e io ero lontana
Vorrei chiedere scusa a una persona che non c'è più tra di noi. Vorrei farlo perché non sono riuscita ad essergli vicina quando stava per lasciarci.Non ho potuto vedere mio nonno per l'ultima volta. Non ho potuto stare vicino alla persona che mi ha insegnato come essere gentile e generoso, che mi sorrideva sempre, anche si stava male. Mio caro nonno, voglio dirti che anche se non ti vedrò più, ti porterò per sempre nel mio cuore. Voglio dirti che mi manchi tantissimo: mi mancano i tuoi sguardi e il tuo modo di parlarmi, mi mancano i tuoi consigli le tue risate. Mi ricordo benissimo che quando ero piccola ero molto gelosa di te. Soffrivo tanto quando ti vedevo giocare con altri bambini o quando offrivi qualcosa al figlio del nostro vicino di casa, ti dicevo che non mi amavi quanto amavi lui. Ogni volta che ripenso alle scenate che ti facevo, rido da sola. Sai, ogni volta che vado a scuola e vedo un nonno che accompagna il piccolo nipote mi commuovo fino alle lacrime e mi immergo nei bei ricordi con te. Il valore della presenza dei nonni non lo conosciamo, ce ne accorgiamo quando le perdiamo. Bisogna approfittare di ogni momento, ogni secondo che condividiamo con loro. Quando invecchiano, quando iniziano ad arrabbiarsi all'improvviso e senza un apparente motivo, quando cominciano a fare domande senza un senso apparente, quando hanno l'Alzheimer. Bisogna essere gli comprensivi e non bisogna sbuffare. Dobbiamo essere pazienti, dobbiamo ricordarci come ci comportavano con noi quando eravamo piccoli.
Yasmine, 18 anni, Liceo Margherita di Castelvì Sassari

Voglia di autonomia ma i genitori restano punti di riferimento
La prima persona a cui ho pensato una volta appresa la traccia di questo lavoro è stata mia madre. Sin da piccolo non mi capitava spesso di chiederle aiuto, come del resto non succedeva con papà.Ho sempre cercato di essere il più indipendente possibile, di non rappresentare un peso con continue e frequenti richieste. Vorrei dirle che, seppur trascorra poco tempo assieme a lei, seppur faccia fatica ad aprirmi spontaneamente, so sempre di poter contare su di lei e sul suo supporto, nonostante tutti i suoi impegni e le sue responsabilità. Vorrei dirle anche che io tendo a essere un po' chiuso. Subito dopo c'è mio padre che è sicuramente il membro della mia famiglia con cui ho trascorso meno tempo in assoluto, per via delle sue - soprattutto in passato - esigenze lavorative. Spesso ho la sensazione che sottovaluti la sua importanza e la sua figura nella mia vita. Vorrei che sapesse quanto sia significante per me e il suo valore nel mio mondo nonostante non sia potuto essere presente quanto avrebbe voluto.Infine parlerò di mia nonna: specialmente da bambino, quando abitavo più vicino a lei, ero solito trascorrere lunghi pomeriggi e mattinate in sua compagnia. La sua casa rappresentava per me una piccola isola felice nella quale tornavo sempre volentieri. Sebbene facesse quasi tutto da sola e dovesse badare al nonno, trovava sempre il modo per farmi ridere e divertire. Tantissimi ricordi lieti della mia infanzia sono ambientati da lei, tra le prime partite a carte, le sorprese nelle merendine, i finti mal di gola per mangiare le caramelle. Con lei ho imparato a chiedere sempre il permesso, ad apparecchiare la tavola ed a non aver paura delle bisce - un episodio assai tragicomico. Ormai le cose sono cambiate: non sta più bene, spesso fa fatica a ricordare le parole e quasi mai riesco a passare a casa a fare quattro impegnative chiacchiere. Vorrei potere ricordare i momenti splendidi assieme a lei ancora una volta e che lei sappia di tutti i sorrisi a venti denti che ho fatto da bimbo con lei. Vorrei concludere con una mia opinione, personale ovvero che tutte le frasi non dette o atti non svolti porteranno a compierne di più grandi in futuro. Tutto tornerà, in negativo o in positivo, tutto viene a galla.
Gabriele, 16 anni, Liceo classico Azuni, Sassari

Il monologo di una figlia unica che parla a un fratello mai nato
Ciao, fratello mai nato, a te mi rivolgo per dirti ciò che non ti ho mai detto. Non sono sicura di averti mai voluto veramente in passato, ma oggi credo che mi piacerebbe. Da piccola non ti desideravo per niente, c'ero solo io nel mio bel regno: una piccola protagonista senza nessuno d'intralcio. Ero abituata a stare in mezzo ai miei cugini, e non mi sentivo mai sola. I cugini poi, come per incanto sparivano e io ritornavo ad essere la principessa di mamma e babbo. Ora, crescendo forse sento maggiormente il forte bisogno di condividere e penso che se tu ci fossi sarei più completa. Credo che si abbia più bisogno di un fratello o una sorella quando si è grandi e si cerchi un sostegno morale che vada oltre i genitori, oltre le amicizie o una futura e nuova famiglia. Quel sostegno saresti stato tu fratello mio. Con te avrei potuto condividere tanti sogni; e penso a come due fratelli, un domani possano prendersi cura dei loro genitori e degli eventuali problemi che ne possono conseguire. Da adolescenti ci saremmo detestati, come fanno tutti i fratelli soprattutto perché io sarei arrivata e ti avrei scombinato il mondo di cui eri il protagonista assoluto. Ma son sicura che ci saremo sostenuti a vicenda e tu mi avresti protetto, sarei stata la tua ombra, anche se ci saremmo fatti molti dispetti. Probabilmente avremmo litigato per stupidate ma questo è normale, i fratelli da piccoli si detestano ma da grandi si ritrovano e si amano. Oggi, che mi porto dietro i miei quindici anni di figlia unica, penso a te, fratello mai nato: se avessi un problema verrei a parlarne e a confrontarmi con te, ascolterei i tuoi consigli e potrei provare a seguirli, cosa molto improbabile visto che faccio tutto di testa mia, sono molto testarda e faccio mille polemiche. Però tu mi saresti molto comodo per andare in discoteca, verrei con te ad ogni festa, almeno mamma sarebbe un po' più tranquilla. Ecco, sono sicura che se tu ci fossi ci comporteremo proprio così, una condivisione fatta di alti e bassi, litigate e riappacificazioni. Ma di una cosa sono sicura: ti avrei voluto un bene inspiegabile, in effetti un po' ti voglio bene anche adesso che non esisti. Non ho molto altro da dirti, sei una persona inesistente ma importante. Crescendo penserò a queste parole e a te caro fratello mai nato.
Federica, 15 anni, Polo Tecnico Devilla-Dessì, Sassari

"Piccola lista" dei grazie di un'adolescente
Le parole che non ho mai detto. Quei pensieri che tengo per me, non troppo complicati, limpidi e spontanei che mi aiutano ad affrontare gli ostacoli che la vita mi pone davanti. In realtà è un fatto un po' strano, perché io davvero pagherei oro per poter comunicare questi miei pensieri guardando in faccia coloro a cui sono rivolti. Ma il tutto è reso davvero difficile, talvolta impossibile, dalla distanza. Quindi, ho deciso di liberarmi una volta per tutte da questa sensazione così opprimente. Per esempio, tu, ragazzo straniero che ho conosciuto al primo anno di superiori, il primo ragazzo che mi sia mai davvero piaciuto. Non puoi immaginare cosa provocassi dentro di quando il mio sguardo si posava su di te. Mi sentivo stravolta, sentivo le guance bruciare e il mio cuore che batteva fortissimo, tanto che pensavo che prima o poi sarebbe fuoriuscito dal mio corpo per raggiungerti. E non puoi immaginare quanto abbia fatto male sentir cadere a pezzi quello stesso cuore impazzito quando sei dovuto tornare nel tuo paese. Sei stato tante prime cose, e per questo voglio ringraziarti. Anche se non posso negare di soffrire un po' quando mi torni in mente, devo confessarti che di te ho solo bei ricordi. Non riesco a non pensarti senza sorridere. Mi manchi e tanto. E tu, artista che non sai nemmeno della mia esistenza, o forse sarebbe più corretto parlare di "voi". Grazie per esserci sempre, per essere il mio posto sicuro, grazie per farmi stare bene, grazie per essere luce che mi guida nelle oscure foreste formate da grovigli di brutti pensieri, semplicemente ascoltando ciò che avete da dire con la vostra musica e grazie per essere la mia fonte di ispirazione. Il rapporto tra un artista e un fan è davvero un rapporto strano, ma è magico. E infine tu, nonna, la più importante in questa piccola lista. Mi manchi davvero tantissimo, quando ti penso mi sembra di aver vissuto un'altra vita. All'inizio era orribile non vederti più, ma ora ci ho fatto l'abitudine. Dopotutto tu sei ancora qui, con me che continuo a farti vivere provando emozioni che non puoi più provare e respirando l'aria che non puoi più respirare. Credo che l'unica cosa che io avessi bisogno di fare fosse urlare un enorme "grazie" a tutte queste persone. E grazie anche a chi mi ha finalmente dato la possibilità di farlo.
Angelica, 16 anni (Liceo scientifico Spano, Sassari)

Le parole non dette su "bio", agnello IGP e l'economia sarda
A mio parere l'Italia non dà adeguata importanza alla zootecnia e all'agricoltura che sono, invece, il punto cardine dell'economia sarda. Le parole sono importanti anche quando si affrontano questi argomenti.Per esempio, si parla tanto di agnello di Sardegna IGP, ma questa caratteristica è sempre vera?IGP significa "Indicazione geografica protetta" e questa definizione rispecchia le caratteristiche intrinseche dell'Agnello di Sardegna IGP per quanto riguarda qualità, la sicurezza degli alimenti, i metodi di produzione, gli aspetti nutrizionali e sanitari, l'etichettatura, il benessere degli animali e rispetto dell'ambiente. Anche attraverso l'agnello di Sardegna IGP, la pastorizia sarda promuove il mantenimento dello spazio rurale e contribuisce alla valorizzazione e alla tutela delle sue tipicità, della sua storia, della cultura e delle tradizioni del nostro territorio. Ecco perché è di fondamentale importanza, anzi è necessario, stimolare la domanda di tale prodotto garantendo però un'informazione precisa. Invece lo Stato non riesce a impedire che in questo settore vengano commesse delle truffe. Faccio un esempio pratico: un agnello nasce e cresce in un altro Paese, dove la produzione ha costi minori, ma viene macellato in Sardegna. Il prodotto finale è IGP sardo.Ma questo è un modo che lo Stato usa per incassare poiché il trasporto ha bisogno di petrolio, il quale ha una tassa alta che va allo Stato. Inoltre, se un prodotto costa meno di uno sardo si ha compravendita dalla quale lo Stato ci guadagna.Se da una parte c'è lo Stato che guadagna, dall'altra ci siamo noi, persone comuni che mangiamo delle cose di qualità molto inferiore rispetto a quanto le paghiamo. Questo è un altro motivo per il quale gli allevatori sardi si stanno impoverendo...Perché lo Stato, pagando meno può rivendere a meno abbattendo quindi la concorrenza e facendo cadere buona parte delle aziende agricole sarde che avrebbero potuto vendere un prodotto veramente sardo.Il secondo argomento che vorrei trattare riguarda il cosiddetto "bio". Ci siamo mai chiesti quanto sia veritiero il BIO commerciale?Il bio venduto al supermercato a volte non è vero bio. Perché ci sono normative che standardizzano il prodotto che nonostante sia qualificato come biologico deve rientrare in certi valori che vanno raggiunti spesso e volentieri con sostanze chimiche. E questo, per chi fa il lavoro davvero biologico e per chi ci tiene veramente, è una rovina sia a livello di immagine sia a livello economico.Agricoltura integrata e biologica cosa significa?Spesso questi due termini - integrato e biologico - non vengono distinti o, meglio, si fa confusione. Si tratta in realtà di metodiche con caratteristiche molto specifiche e differenti tra loro.L'agricoltura biologica è un'agricoltura sostenibile che ammette solo l'impiego di sostanze naturali, escludendo l'utilizzo di prodotti di sintesi chimica. Mentre per agricoltura integrata si intende un agricoltura a basso impatto ambientale che si pone tra l'agricoltura convenzionale e quella biologica ricorrendo a mezzi chimici quando le colture hanno un rischio elevato. Come risolvere il problema?A mio parere è indispensabile aumentare i controlli in frontiera sarebbe una soluzione alla portata di mano che darebbe lavoro a molti italiani disoccupati e darebbe una realtà diversa a questi marchi di qualità. Questo sarebbe pure un modo di tutelare i pastori sardi che non piangono solo per il prezzo di vendita dei prodotti basso, ma anche per una concorrenza che continua a guadagnare vendendo dei prodotti a prezzo inferiore.
Francesco, 17 anni, Istituto d'istruzione superiore "N.Pellegrini", tecnico Agrario, Sassari

A 17 anni il senso per la giustizia e per il rispetto
Si parla veramente di giustizia? Le persone sanno cosa è giusto e cosa è sbagliato? Non sempre, a mio parere, la differenza è chiara. Sono queste le parole che non ho detto.Non sempre c'é giustizia nei posti di lavoro, a scuola, nei rapporti umani. La gente viene trattata ingiustamente, indipendentemente dall'età, e questo continuerà a verificarsi se l'esigenza di giustizia non si diffonderà nella società. Non è giusto fare qualcosa in più rispetto a un altro, però venire premiati entrambi; non è giusto dare il posto di lavoro a un incompetente, mentre un altro meritevole si spacca la schiena per cercare di ottenerlo, ci tiene a farlo e lo sa fare. Non è giusto cercare di aiutare qualcuno ma ricevere in cambio solo odio.Sono esempi banali che però accadono nella vita di tutti i giorni. Segnali di ingiustizia diffusa che vengono ignorati. É così difficile cercare di rendere il mondo un luogo giusto e dare alle persone ciò per cui loro hanno lavorato con dedizione e cura? Un gesto o una decisione ingiusti possono distruggere in un millisecondo un lavoro svolto con precisione. In realtà, anche quando non è perfetto, il lavoro dovrebbe essere preso in considerazione. Si dovrebbe riconoscere l'impegno come un valore, anche in presenza di qualche errore. Le persone hanno idee differenti su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato ma sono idee soggettive: nessuno ha ragione e nessuno ha torto. Secondo me è indiscutibilmente giusto dare i giusti meriti, offrire le chance, rispettare il prossimo. Dalla giustizia deriva il rispetto che secondo me è un valore altrettanto importante, perché solo dando rispetto si ottiene rispetto. Dunque rispettiamo la gente, rispettiamo la loro opinione, che sia giusta o sbagliata.
Diciassettenne anonima, Liceo Margherita di Castelvì, Sassari

Si può essere fragili come cristallo e forti come roccia
Non ho mai detto a nessuno che molto spesso mi capita di non sentire niente, e se sento qualcosa è il senso di colpa di non essere la ragazza che la mia famiglia si meriterebbe.Non ho mai detto a mio padre quanto l'avrei voluto nella mia vita, e quanto mi manca vivere senza di lui. Non ho mai detto ai miei amici che a volte provo tanta rabbia e non so neanche io come potrei gestirla. Non ho mai detto a nessuno quanto a volte mi senta inutile e impotente davanti a tutto quello che mi accade. Non ho mai detto agli adulti che spesso ci giudicano reputandoci una generazione di nullafacenti, che ci fanno crescere anche le costanti discussioni con loro. Non ho mai detto a nessuno quanto a volte possa essere fragile e sensibile, nonostante a volte sembri tutto il contrario. Non ho mai detto alle persone che sparlano di me, quanto sia pesante la costante pressione di qualcuno che cerca di trascinarti in basso e quanto potrebbe essere costruttivo invece avere continuamente persone con cui confrontarmi faccia a faccia. Non ho mai detto alle persone che ho più care quanto siano importanti per me e quanto mi siano di ispirazione. Non ho mai detto a nessuno quanto mi affascini osservare e ascoltare con attenzione tutto ciò che mi circonda, perché tutto per me può diventare una nuova scoperta e una fonte di meraviglia. Non ho mai detto a nessuno né fatto capire come funziona la mia testa, che anche se non è niente di così speciale, è sempre piena di pensieri che vorrebbero uscire. Non ho mai detto a me stessa quanto sia importante, anche se a piccole dosi, credere veramente in tutto quello che faccio. Perché se non ci credo io, quale persona potrebbe farlo al mio posto?
Morgana, 16 anni, Liceo Europeo Canopoleno, Sassari

Mamma, devi accettare che posso amarti anche se non la penso come te
Sono sempre stata quel tipo di persona che quando si trattava di esprimere le proprie opinioni e pareri su una determinata cosa non si è mai fatta scrupoli.Nonostante ciò le parole che non ho detto durante il corso della mia vita sono state tante, soprattutto quando si parla di mettere a nudo dei sentimenti.Cara mamma, tu sei una di quelle persone a cui di parole ne ho dette tante ma probabilmente ne avrei volute dire molte di più, o forse, avrei voluto che tu me ne avessi dette molte di più, specialmente negli anni passati in cui avevo molto bisogno di te ma non riuscivo mai a dirtelo. Avrei voluto condividere molti più momenti con te, sia di gioia che di dolore e soprattutto in quest'ultimi avrei voluto che tu avessi confortato me come io ho provato a farlo con te. Non è vero che quando le persone crescono non hanno più bisogno di sentirsi dire da qualcuno «ti voglio bene», perché sono parecchie le occasioni in cui avrei voluto sentirtelo dire.Ogni tanto vorrei che tu mi ascoltassi e mi dessi retta perché sai, al contrario di come pensi tu, non sempre ciò che pensa una ragazzina è insensato o infantile perché non ha l'"esperienza" alle spalle, ma solamente non riesci ad accettare che io abbia un parere diverso dal tuo.Anche se passiamo molto tempo a litigare e quindi non ho mai avuto l'occasione per dirtelo, vorrei che tu sapessi che mi hai insegnato molte cose importantissime che porterò per sempre nel mio cuore e spero che un giorno io possa trasmetterle ai miei figli così come tu l'hai fatto con me. Infine vorrei dirti che, anche se a volte non te lo dimostro, ti voglio tanto bene e te ne vorrò per sempre e non scorderò mai tutti i sacrifici e le rinunce che hai fatto per riuscire a crescermi al meglio.Ti voglio bene mamma e spero solo che prima o poi io abbia il coraggio di dirti tutto quanto di persona...
Sedicenne anonima, Liceo scientifico Marconi, Sassari

Crescendo si impara a controllare la timidezza e a essere se stessi
È difficile ricordare tutte le volte in cui avrei voluto dire qualcosa in più, forse durante una chiacchierata con gli amici il sabato sera oppure a scuola durante una interrogazione in cui mi sentivo particolarmente sotto pressione. Avrei potuto dire quelle parole che avrebbero chiarito quello che invano cercavo di articolare, o più semplicemente creato confusione e dissenso da parte degli altri. Da bambina ero molto timida e le persone faticavano ad essermi simpatiche, perciò spesso e volentieri mi mettevo in un posto nascosto in cui sarei stata sicura che nessuno potesse parlarmi. Solitamente faticavo a rapportarmi con un mio coetaneo, e per molto tempo proprio il mio timore e la mia insicurezza mi hanno portato a tenere la bocca chiusa e a non dire determinate parole, tenendole dentro di me. Più tardi, quando tornavo a casa, ripensavo a quel momento e dicevo a me stessa che se avessi continuato a non esprimere il mio pensiero, sarei cresciuta con ulteriori insicurezze e paure. Crescendo c'è stato un cambiamento del mio carattere, dato anche dal fatto di essermi confrontata in questi anni scolastici con nuove persone che mi ha portato a una maturità. Sono più consapevole del fatto che è essenziale comunicare il proprio pensiero nel mondo di oggi. Tuttavia è sbagliato pensare che se si ha un giudizio o opinione non è necessario che venga divulgata, è importante sapere mantenere per sé stesso determinate idee.Oggi che sono più grande e cresciuta, non solo fisicamente, ma anche mentalmente ho acquisito più sicurezza e ho capito che quello che ero prima mi ha fatta arrivare dove sono oggi. Ho capito che non potevo più stare a guardare senza esprimere un pensiero per colpa della timidezza, sono maturata abbastanza per comprendere che se avessi continuato così non sarei riuscita a concludere molto della mia vita. Ora come ora certamente non ci sono stati rimpianti del mio comportamento. Come detto prima, sono convinta del fatto che tutto quello che ero precedentemente ha fatto in modo di farmi essere come sono, spingendomi a migliorarmi giorno per giorno. Le parole che non ho detto sono state tante, forse troppe, ma forse è meglio così. Certe volte è meglio tenere quel segreto per sé stessi, insignificante o meno che sia. Le parole più significative che non ho detto sono quelle riferite a me, forse per un fatto di egoismo o forse perché avevo paura di evidenziare quel problema, tentando di nasconderlo nel profondo dei miei pensieri.
Martina, Liceo scientifico linguistico Marconi

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