La Nuova Sardegna

L’ospedale universitario di Sassari: da noi cani e gatti sono i benvenuti in corsia

Antonello Palmas
L’ospedale universitario di Sassari: da noi cani e gatti sono i benvenuti in corsia

Il direttore Contu: «Un regolamento prevede le visite ai degenti, siamo i primi»

24 gennaio 2020
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SASSARI. Cani e gatti, a terminate condizioni, possono già andare a visitare i loro amici umani ricoverati e rendere la loro permanenza in una stanza d’ospedale meno triste. È già possibile nelle strutture dell’Aou di Sassari, al Santissima Annunziata e nelle cliniche di San Pietro. Lo sottolinea il direttore del presidio ospedaliero dell'Aou di Sassari Bruno Contu dopo aver appreso della petizione per consentire l’ingresso dei quattrozampe in corsia lanciata sulla piattaforma web Change.org dall’avvocato Salvatore Cappai.

«L'ospedale di Sassari è “amico” degli animali da compagnia – afferma Contu – Siamo stati, probabilmente il primo ospedale sardo a regolamentare il loro accesso nei reparti di degenza e anche di cani guida per non vedenti. Una scelta che ci consente di andare incontro alle esigenze dell'utenza, in particolare dei degenti, che durante il loro ricovero possono trovare anche giovamento dalla vicinanza del loro cane o gatto». Una possibilità evidentemente molto poco conosciuta, eppure presente nel regolamento approvato nel maggio 2018 e consultabile sul sito web dell’azienda ospedaliera universitaria nelle sezione atti e regolamenti.

L’Aou chiarisce che il regolamento si applica a tutte le strutture aziendali, ma restano escluse quelle che per evidenti motivi legati alle condizioni cliniche del paziente non possono consentire l'accesso di animali: ad esempio le terapie intensive, anche quella neonatale, la chirurgia d'urgenza, la traumatologia d'urgenza, il centro dialisi, il centro ustioni, le sale mensa. È vero che all’ingresso è affisso un divieto di accesso agli animali, ma è accompagnato dalla didascalia “Consentite eccezioni ai sensi del regolamento aziendale».

Un regolamento, quello dell’Aou di Sassari, che rappresenta un modello per la sanità sarda, anche se le restrizioni potrebbero renderlo difficilmente applicabile a quelle famiglie che vogliono far incontrare un paziente con il suo amico a quattro zampe. Se alcune condizioni dono facilmente rispettabili, come la presentazione di una domanda, la certificazione sullo stato di salute dell’animale non antecedente a 15 giorni prima e dei libretti con le vaccinazioni (a tutela del ricoverato che fa richiesta e di quello che condivide con lui la stanza, dice Contu) più problematico sembra presentare un’assicurazione per danni a terzi da parte dell’animale, non troppo diffusa.

Il presidente dell’Ordine dei medici di Sassari, Nicola Addis, vede con favore la possibilità che l’ingresso di cani e gatti sia esteso a tutte le strutture ospedaliere: «Secondo me è fattibile e non va esclusa a priori – afferma – naturalmente rispettando determinati paletti. Chiaro che non è praticabile in modo diffuso, ma le regole vanno stabilite reparto per reparto, caso per caso. È stata già dimostrata, ad esempio, la validità della pet therapy sia al di fuori che dentro gli ospedali che la rendono possibile, come aiuto al paziente, a conferma del ruolo che un animale è in grado di svolgere a scopo terapeutico».

Se a livello politico si decidesse che tutti gli ospedali devono attrezzarsi in tal senso, la sanità sarda sarebbe pronta? «Più che un problema pratico, credo che si tratti di vincere delle remore mentali sulla questione – risponde Addis – che in realtà non è mai stata presa in considerazione per davvero dalla maggior parte degli addetti ai lavori. Occorre invece riflettere seriamente sul fatto che la presenza di un animale domestico amico può essere di grande aiuto per il suo proprietario. Sono a conoscenza di parecchi casi di persone che, oltre che per la loro condizione legata alla malattia, soffrono in maniera forte per la separazione dal loro animale, specie se parliamo di anziani per i quali quel cane o quel gatto è l’unica compagnia della loro esistenza, il loro unico affetto». Addis si spinge persino oltre: «Non dimentichiamoci che rendere normale l’ingresso in corsia può essere utile, perché no?, all’animale stesso. Anch’esso soffre per la lontananza dal suo amico»

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