La Nuova Sardegna

Il diritto al culto diventa un caso

di Fausto Gasparroni
Il diritto al culto diventa un caso

La Cei guida la protesta, Conte replica: «Al lavoro per la sicurezza dei fedeli»

28 aprile 2020
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ROMA. «Lavoreremo per definire un protocollo di massima sicurezza per garantire a tutti i fedeli di partecipare alle celebrazioni liturgiche: contiamo di definire questo protocollo in pieno spirito di collaborazione con la Cei». Sono quanto mai concilianti le parole di Giuseppe Conte sul nodo messe, all'indomani della rabbia dei vescovi sulla libertà di culto violata, per il Dpcm che prolungava la chiusura. «Dispiace molto perché questo governo rispetta tutti i principi costituzionali - dice il premier ai cronisti a Milano -. Dispiace di creare un comprensibile rammarico della Cei. Ci siamo anche sentiti con il presidente Bassetti, non c'è un atteggiamento materialista da parte del governo, nessuna mancanza di sensibilità. C'è sì, una certa rigidità del Cts anche sulla base della letteratura scientifica che loro hanno a disposizione sui contagi». Intanto, dopo lo stop alle messe con i fedeli ribadito dal decreto Conte, che domenica sera ha immediatamente provocato l'ira dell'episcopato, nel governo si lavora per trovare una soluzione, che porti ad una riapertura. Sono infatti previste a breve, in settimana, delle modifiche al Dpcm sulla questione delle messe, che terranno conto delle indicazioni della Cei. Quali siano queste modifiche è presto per dirlo, ma tra le ipotesi circolate quella sulle messe feriali liberalizzate in virtù dello scarso afflusso di fedeli, e regole più stringenti, ma comunque riapertura anche se con tutte le restrizioni, per quelle domenicali. A fianco della Conferenza episcopale si sono schierati anche i rappresentanti di altre confessioni: come gli evangelici, che tramite la Commissione per i Rapporti con lo Stato (Ccers) hanno invocato il diritto alla libertà di culto anche per i protestanti e le altre minoranze religiose. O i musulmani, che per voce della Coreis hanno criticato l'«insensibilità» del governo «nei confronti di tutti i credenti, di qualsiasi fede». Più variegata la posizione degli ebrei italiani, che con la presidente dell'Ucei Noemi Di Segni assicurano che «le loro rappresentanze istituzionali si atterranno scrupolosamente a quanto previsto con grande realismo e senso di responsabilità», mentre il rabbino di Roma Riccardo Di Segni ha avvertito che «l'esecutivo non dovrebbe trascurare le esigenze spirituali delle collettività religiose, ciascuna con le sue specificità». Ma è soprattutto dal fronte cattolico che è venuto un fuoco di fila di prese di posizione a sostegno delle barricate alzate dai vescovi per la ripresa, con le giuste misure di contenimento anti-contagio, della celebrazione dell'eucaristia, oltre che - come già previsto dal Dpcm - dei funerali con i soli parenti stretti. Per l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, quella del governo è «una proposta sconcertante», ha detto al Tgr Lazio, ed «è terminato il tempo del digiuno». Circa 40 associazioni cattoliche hanno promesso di impugnare il decreto, ritenuto «arbitrario e ingiusto».

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