Un cavo da 4 miliardi tra Sardegna, Sicilia e Campania per aiutare le rinnovabili
di Giuseppe Centore
Terna presenta il “Tyrrhenian link”. A Selargius ci sarà una stazione di conversione come quella di Fiume Santo
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CAGLIARI. Eccolo, il misterioso cavo che dovrebbe risolvere i problemi energetici sardi e del sud-Italia. Costerà una fortuna, quasi 4 miliardi di euro, ma ne vale comunque la pena, così assicura Terna, il gestore della rete elettrica nazionale. Nei documenti sino a ieri riservati emerge per l’isola un progetto ambizioso, costoso, ma necessario, che sarà criticato sicuramente dagli ambientalisti. Eppure il grande cavo Sardegna-Sicilia-Campania è pensato proprio per venire incontro alle richieste di chi è sempre sostenuto dagli ambientalisti: i produttori di energia rinnovabile.
Per la Sardegna l’accoppiamento di due fattori contemporanei, la crescita esponenziale di impianti da produzione di rinnovabili e l’addio al carbone rendono complessa al gestione dell’attuale sistema elettrico che deve essere più performante per ricevere un nuovo boom di produzione di rinnovabili a sud (il caso limite del sistema energetico italiano è che le rinnovabili sono consumate soprattutto a nord ma sono prodotte a sud).
Il cavo “Tyrrhenian link” risponde secondo Terna a diverse esigenze: rende stabile e sicura l’intera rete, integrando le diverse zone di mercato; consente lo sviluppo delle rinnovabili, e infine garantisce il sistema sardo dopo l’addio al carbone, anche se qui le date non combaciano. L’addio al carbone è dato tassativamente al 2025: per quella data dovrebbe entrare in esercizio almeno uno dei due moduli del cavo. Quale sarà? Quello Sardegna-Sicilia 522 chilometri, o quello, meno complesso tecnicamente) Sicilia-Campania (471 chilometri)? Terna ha completato il primo studio del cavo e ha identificato gli approdi.
Il cavo partirà dalla stazione Terna di Selargius taglierà l’area costiera del Cagliaritano, si immergerà nel golfo, poi girerà in a est verso Termini Imerese, alla centrale di Caracoli, per poi risalire costeggiando la Sicilia e la Calabria ed entrare nel Salernitano, a Montecorvino, agganciandosi alla centrale Terna. Costo finale 3,7 miliardi di euro; entrata in esercizio a partire dal 2025. Entro l’anno prossimo saranno varate le due navi che le società appaltatrici della posa (le due multinazionali Prysmian e Nexans) stanno costruendo per adagiare anche a duemila metri di profondità, il cavo, una dozzina di strati uno dentro l’altro dal diametro di dodici centimetri.
Terna ha indicato cinque parametri con i quali si realizzeranno benefici definiti rilevanti, dalla messa in esercizio del cavo. Il primo riguarda il minor uso degli impianti per il forte contributo di riserva fornito dal cavo (1000 megawatt di potenza, una centrale e mezzo a carbone): siccome i grandi e capaci sistemi di accumulo di energia sono ancora un sogno, Terna è costretta ad “affiancare” alle centrali in quel momento in produzione anche altre centrali, pronte a intervenire in caso di guasto o stop improvviso; queste centrali, che non sempre producono, però costano all’utente che paga nella bolletta anche l’esercizio delle centrali di “riserva”. Avere una rete efficiente rende meno indispensabili le centrali di riserva. Il secondo fa riferimento alle produzioni essenziali, cioè necessarie al sistema, pagate da Terna di più rispetto al prezzo di mercato, proprio per la loro caratteristica; in un sistema in parte chiuso come quello sardo, rimuovere l’essenzialità significa pagare di meno l’energia prodotta, con il dispiacere di produttori che contavano proprio su questo (emblematiche le polemiche su Ottana). Il terzo elemento consiste nell’uso quasi integrale della produzione delle rinnovabili; oggi non è così: molta energia rinnovabile non viene usata perchè la rete non può trasportarla o non vi sono utilizzatori finali in grado di riceverla. Il quarto e il quinto aspetto riguardano rispettivamente una riduzione dei prezzi medi con l’aumento degli scambi e un surplus di produttori, e la riduzione della energia non fornita.
Ma Terna è andata anche oltre la presentazione del progetto del cavo tirrenico, preparando una analisi costi-benefici insieme a Snam con la supervisione di Arera (l’autorità regolatrice) che definisce profittevoli tutti gli scenari. Il progetto, unendosi agli altri impianti in esercizio è come un doppia autostrada: in caso di interruzioni, il traffico (in questo caso la corrente elettrica) viene deviato sulla “corsia” parallela, impedendo fuori servizi e interruzioni.
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Per la Sardegna l’accoppiamento di due fattori contemporanei, la crescita esponenziale di impianti da produzione di rinnovabili e l’addio al carbone rendono complessa al gestione dell’attuale sistema elettrico che deve essere più performante per ricevere un nuovo boom di produzione di rinnovabili a sud (il caso limite del sistema energetico italiano è che le rinnovabili sono consumate soprattutto a nord ma sono prodotte a sud).
Il cavo “Tyrrhenian link” risponde secondo Terna a diverse esigenze: rende stabile e sicura l’intera rete, integrando le diverse zone di mercato; consente lo sviluppo delle rinnovabili, e infine garantisce il sistema sardo dopo l’addio al carbone, anche se qui le date non combaciano. L’addio al carbone è dato tassativamente al 2025: per quella data dovrebbe entrare in esercizio almeno uno dei due moduli del cavo. Quale sarà? Quello Sardegna-Sicilia 522 chilometri, o quello, meno complesso tecnicamente) Sicilia-Campania (471 chilometri)? Terna ha completato il primo studio del cavo e ha identificato gli approdi.
Il cavo partirà dalla stazione Terna di Selargius taglierà l’area costiera del Cagliaritano, si immergerà nel golfo, poi girerà in a est verso Termini Imerese, alla centrale di Caracoli, per poi risalire costeggiando la Sicilia e la Calabria ed entrare nel Salernitano, a Montecorvino, agganciandosi alla centrale Terna. Costo finale 3,7 miliardi di euro; entrata in esercizio a partire dal 2025. Entro l’anno prossimo saranno varate le due navi che le società appaltatrici della posa (le due multinazionali Prysmian e Nexans) stanno costruendo per adagiare anche a duemila metri di profondità, il cavo, una dozzina di strati uno dentro l’altro dal diametro di dodici centimetri.
Terna ha indicato cinque parametri con i quali si realizzeranno benefici definiti rilevanti, dalla messa in esercizio del cavo. Il primo riguarda il minor uso degli impianti per il forte contributo di riserva fornito dal cavo (1000 megawatt di potenza, una centrale e mezzo a carbone): siccome i grandi e capaci sistemi di accumulo di energia sono ancora un sogno, Terna è costretta ad “affiancare” alle centrali in quel momento in produzione anche altre centrali, pronte a intervenire in caso di guasto o stop improvviso; queste centrali, che non sempre producono, però costano all’utente che paga nella bolletta anche l’esercizio delle centrali di “riserva”. Avere una rete efficiente rende meno indispensabili le centrali di riserva. Il secondo fa riferimento alle produzioni essenziali, cioè necessarie al sistema, pagate da Terna di più rispetto al prezzo di mercato, proprio per la loro caratteristica; in un sistema in parte chiuso come quello sardo, rimuovere l’essenzialità significa pagare di meno l’energia prodotta, con il dispiacere di produttori che contavano proprio su questo (emblematiche le polemiche su Ottana). Il terzo elemento consiste nell’uso quasi integrale della produzione delle rinnovabili; oggi non è così: molta energia rinnovabile non viene usata perchè la rete non può trasportarla o non vi sono utilizzatori finali in grado di riceverla. Il quarto e il quinto aspetto riguardano rispettivamente una riduzione dei prezzi medi con l’aumento degli scambi e un surplus di produttori, e la riduzione della energia non fornita.
Ma Terna è andata anche oltre la presentazione del progetto del cavo tirrenico, preparando una analisi costi-benefici insieme a Snam con la supervisione di Arera (l’autorità regolatrice) che definisce profittevoli tutti gli scenari. Il progetto, unendosi agli altri impianti in esercizio è come un doppia autostrada: in caso di interruzioni, il traffico (in questo caso la corrente elettrica) viene deviato sulla “corsia” parallela, impedendo fuori servizi e interruzioni.
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA