La Nuova Sardegna

Appalti truccati nell’isola confiscato il tesoro di Pinna

di Enrico Carta
Appalti truccati nell’isola confiscato il tesoro di Pinna

Maxi sequestro da nove milioni all’ingegnere di Desulo indagato cinque anni fa Attraverso le sue società gestiva il sistema di corruzione che pilotava gli incarichi

28 maggio 2020
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NUORO. Il “capitano” della Squadra finisce coi conti in rosso. Svuotati i depositi bancari, via terreni, via case, via altre proprietà e quote societarie. Via persino quattro auto e una moto. È così che l’ingegnere desulese Salvatore Paolo Pinna, secondo le accuse il deus ex machina del sistema di corruzione che avrebbe attraversato l’intera Sardegna qualche anno fa grazie alla complicità di professionisti, tecnici comunali, responsabili di commissioni e amministratori pubblici, si ritrova con otto milioni e 600mila euro in meno in tasca.

L’ultima mazzata al suo patrimonio, che sarebbe il frutto delle operazioni illegali commesse nel corso degli anni e smascherate dall’inchiesta coordinata dalla procura di Oristano e ora divisa in tutti gli altri tribunali dell’isola è arrivata dal tribunale di Nuoro. I giudici, in applicazione della normativa antimafia e di una sentenza che la Cassazione aveva pronunciato a novembre, hanno reso esecutiva la requisizione definitiva di quella parte di patrimonio che sarebbe il frutto degli affari illeciti del 67enne Salvatore Paolo Pinna.

Mentre attende ancora che si svolga il processo penale, l’uomo di punta della Squadra conosce già un verdetto definitivo. Gli uomini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza del comando provinciale di Oristano hanno dato ieri esecuzione al provvedimento che chiude, almeno dal punto di vista strettamente patrimoniale, il filone principale dell’inchiesta denominata per l’appunto “La Squadra”, su cui si erano innestati i mille rivoli proprio dell’inchiesta “Sindacopoli” e questo perché Salvatore Paolo Pinna e le sue società venivano considerati come il perno attorno a cui avrebbe ruotato tutto il sistema capace, secondo le accuse, di pilotare appalti pubblici e di far finire sempre nella solita direzione e nelle solite mani gli incarichi per lo svolgimento di lavori, cantieri e progettazione in gran parte della Sardegna.

Oltre agli accertamenti legati al procedimento penale le Fiamme Gialle, che avevano lavorato anche assieme alla compagnia dei carabinieri di Tonara, si erano occupati di compiere difficili verifiche tra i conti dell’ingegnere, riuscendo a ricostruire l’ammontare del tesoretto frutto degli affari ritenuti illecite. Pur trovandosi di fronte a una famiglia benestante, la Finanza aveva notato una «sproporzione» tra le entrate derivanti dalle voci ufficiali del reddito e i possedimenti dei Pinna. Passo passo si era così arrivati a ricostruire anche quel patrimonio che non sarebbe stato il frutto del lavoro di tutti i giorni, ma del sistema con cui i soldi pubblici sarebbero transitati al di fuori dei canali obbligati.

Man mano che si andava avanti spuntavano i beni che ora l’ingegnere desulese non ha più nella sua disponibilità. I terreni erano sparsi un po’ in tutta la Sardegna; i conti correnti, alcuni dei quali intestati al figlio Sebastian che nel 2015 era ancora uno studente, si gonfiavano mese dopo mese; le tre società erano sempre assai floride; e poi c’erano i terreni e le case, sparsi in mezza Sardegna. Le proprietà immobiliari si trovano a Cagliari, ad Aglientu, a Palau, a San Teodoro. Le macchine e la moto avevano smesso da tempo di far girare i motori, anch’esse finite sotto sequestro e ora confiscate.

Assistito da un pool di avvocati composto da Giulia Bongiorno, Mario Lai e Francesco Lai, aveva provato a opporsi al provvedimento, riuscendo a ottenere una parziale vittoria quando fu dichiarato il tribunale di Nuoro quale sede competente in luogo di Oristano. Non è bastato.

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