La Nuova Sardegna

Beppe Severgnini: «Sala ha sbagliato ma Solinas ora cambi tono»

di Alessandro Pirina
Beppe Severgnini: «Sala ha sbagliato ma Solinas ora cambi tono»

Il giornalista del Corriere: «C’è nervosismo, ma dal sindaco parole inaccettabili. Il governatore fa l’errore di Salvini: si fa dei nemici anziché trovare soluzioni»

30 maggio 2020
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SASSARI. Per sicurezza lui il tampone ha deciso che lo farà, non vuole rinunciare alla Sardegna, la terra delle sue vacanze da più di quarant’anni. Ma proprio perché lui l’isola la conosce bene - e bene conosce anche i sardi- Beppe Severgnini, lombardo di Crema e firma del Corriere della Sera, osserva con non poco stupore lo scontro tra il sindaco di Milano, Beppe Sala, e il governatore Christian Solinas. Una guerra di dichiarazioni che rischia di avere strascichi sociali ed economici.

Severgnini, cosa succede?

«Succede che siamo tutti nervosi. E non è una battuta. Questi mesi hanno lasciato il segno, anche psicologico, sulle persone e lo stiamo vedendo anche da queste reazioni. E ne vedremo delle altre. Sono stati mesi eccezionali e strani. In Lombardia il trauma è stato superiore rispetto al resto d’Italia. La mia provincia, Cremona, è quella che ha avuto i numeri peggiori di qualsiasi altra. Ma al di là del nervosismo i leader devono essere più cauti».

Si riferisce a Sala?

«Sala è un buon sindaco, ma non può dire: “ci ricorderemo di voi”. Ha sbagliato. Io conosco sardi di tutta l’isola, da Cagliari a Oristano, da Tortolì ad Alghero. Perché devono sentirsi dire quelle parole? Che c’entrano loro con le sparate più o meno opportune del governatore? La stagione, da giugno a settembre, è cruciale per la Sardegna e non ha alcun senso aggiungere ansia ad altra ansia».

Ha sbagliato solo Sala?

«No, perché neanche il governatore Solinas avrebbe dovuto usare quei toni ultimativi. Sarebbe bastato dire la verità: “signori, la Sardegna è un’isola. Questo ha sempre creato svantaggi, ma questa volta il destino ha voluto che essere un’isola sia stato un vantaggio. Come possiamo insieme a tutti gli italiani compensare la sicurezza della nostra isola con la libertà di circolazione prevista dall’articolo 120 della Costituzione, il tutto necessario alla Sardegna per avere una stagione serena e redditizia?”. Se avesse detto una cosa di questo genere sarebbe stato più utile».

Sul passaporto sanitario Solinas se l’è presa anche con il governo.

«Ho visto, ha parlato di “inutile litania neocentralista”. Roba che io ho già sentito, anche qui in Lombardia. Io dico al governatore: in questo momento faccia la sua parte. Invece Solinas sta facendo un po’ l’errore di Salvini, ma se lui vuole veramente collaborare in un momento complicatissimo come questo - in Sardegna siamo alla vigilia della stagione turistica, fondamentale per l’economia dell’isola - non può creare animosità o inimicizie. Deve dire al governo: “signori, abbiamo tutti lo stesso obiettivo. Vogliamo vacanze in salute in Sardegna senza il rischio di contagi. Come possiamo fare?”. A quel punto ci sarà qualcuno - anche come me - che scriverà: diamo risposte immediate alla Sardegna».

Che idea si è fatto del passaporto sanitario?

«È estremamente complicato. Serve un test sierologico, seguito da un tampone molto recente. Dei miei 10 amici medici sette hanno avuto il Covid, quindi sono molto informato».

Questo stallo rischia di compromettere la stagione?

«No, se viene risolto nelle prossime 48 ore, non appena sapremo quando si potrà riprendere a circolare. La gente deve sapere, deve prenotare. Mi scrivono tantissime persone, anche sardi furibondi che non sanno come e quando potranno tornare a casa. Ecco perché Solinas dovrebbe cambiare tono e cercare una soluzione. La stagione non sarà memorabile ma è fondamentale per l’iosla».

Lei verrà in Sardegna?

«Io sto aspettando di capire. Il tampone lo farò volentieri, anche per non essere di intralcio quando arriverò a Olbia o a Golfo Aranci. Non ne faccio una questione di fede, ma ditemi cosa devo fare. La gente ha bisogno di capire. Comunque, spero di girare un po’ l’isola. E magari organizzare qualcosa a Santa Teresa come per ricominciare».

In molti denunciano un sentimento anti lombardo. Che ne pensa?

«La guida politica e sanitaria lombarda ha commesso sicuramente molti errori: pochi tamponi, pochi test, medici mandati allo sbaraglio, medici ospedalieri che andavano da Brico a comprarsi le visiere. Tutto questo è innegabile, ma in alcuni commenti ho visto una sorta di schadenfreude - una gioia maligna - per una regione che dall’Expo in poi ha conosciuto una vera esplosione. È venuta fuori una sorta di invidia. Ma non si può dimenticare che Milano è la città in cui ci sono molti ragazzi sardi, siciliani, pugliesi, calabresi. E a Milano se sei di Luogosanto, Crotone o Brindisi non gliene frega a nessuno».

C’è chi dice che se il focolaio fosse stato al Sud la Lombardia non si sarebbe mai fermata.

«Non posso rispondere a domande ipotetiche, ma se la Lombardia avesse girato le spalle al Sud sarei stato il primo a protestare».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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