La Nuova Sardegna

«Barbieri e Vissani i miei maestri»

«Barbieri e Vissani i miei maestri»

Roberto Serra: da Abbasanta alle cucine dei grandi chef, poi il ritorno a Su Carduleu «Ho portato idee diverse nel ristorante di famiglia: ora lo riaprirò tutto nuovo»

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segue da pagina 23



D’altronde il posto di Roberto Serra ormai è qui, in questa porzione della Sardegna dove si incrociano le produzioni e i sapori di tanti territori: siamo nel Guilcer, al confine con Marghine, Planargia e Montiferru da una parte, Barigadu dall’altra, la Barbagia non è nemmeno troppo lontana. Tanti sapori che Roberto Serra ha cominciato a conoscere da bambino perché la cucina è una questione di famiglia e Su Carduleu è il ristorante fondato da suo padre al rientro da una lunga e importante esperienza fuori dalla Sardegna: «Sono nato e vissuto in ristorante. Da bambino uscivo da scuola e non tornavo a casa ma a Su Carduleu, mia madre apparecchiava un tavolo e mangiavo in mezzo agli altri avventori quello che mio padre cucinava. Quando sono cresciuto e passato alla scuola media però la musica è cambiata, tornavo da scuola e dovevo servire ai tavoli. Crescendo così non potevo che avere come indirizzo la cucina e infatti mi sono iscritto all’Alberghiero ad Arzachena, poi ho cominciato ad andare in giro per il mondo a fare esperienze. Purtroppo mio padre è mancato troppo presto e il ristorante è diventato un impegno sempre più pesante. Per un po’ lo abbiamo dato in gestione ma non era semplice star dietro a tutto quello che c’è da fare, soprattutto perché io ero lontano. Alla fine siamo arrivati a un bivio: o vendere tutto o riprenderlo in mano. Ho scelto la seconda ipotesi, ho ripreso la tradizione lasciata da mia padre e l’ho unita a tutto quello che avevo imparato e a quello che avevo in mente di fare». Nel suo percorso di formazione Roberto Serra ha avuto sicuramente un faro: «Bruno Barbieri. Lo considero il mio maestro, ci sentiamo ancora ed è venuto più di una volta a Su Carduleu. Non pensate a lui come al personaggio che vedete in televisione, di persona e sul lavoro è molto diverso.È un grande chef, molto rigoroso, i suoi cazziatoni sono epici ma da lui ho imparato tantissimo. Una grande esperienza l’ho fatta anche da Vissani, dove facevamo servizi di altissimo livello». Rimettersi in gioco ad Abbasanta non è stato semplice né facile: «Ho aperto con grandi idee, totalmente nuove per questa zona. All’inizio la gente non capiva, chiedeva gli antipasti misti e io proponevo il menu degustazione. Ho fatto diverse sere con due soli coperti, a volte anche uno o addirittura zero, però ho sempre pagato dipendenti e collaboratori. Riconosco di essere stato intransigente in certi momenti, non me la sentirei di consigliarlo a tutti anche se a me, alla fine, ha pagato». Uno dei punti di forza della sua cucina è sicuramente la sterminata conoscenza del territorio per poi declinarlo col suo stile: «I prodotti sono preziosi, mi arrabbio tantissimo in cucina quando vedo che non sono trattati come si dovrebbe. Non bisogna maltrattarli né sprecarli, bisogna anche saperli proporre ai clienti, capire chi hai davanti e che cosa vuole. Che idea ho di cucina sarda? È fatta di prodotti, territorio e tradizione: la trippa, per dire, è sempre trippa ma qui la mangi in un modo e a Sassari in un altro». Armidda (il timo selvatico) forse sarà qualcosa più di un’avventura stagionale ma tutti aspettano di vedere il nuovo Su Carduleu (il cardo selvatico): «I lavori non erano rinviabili, la struttura e le attrezzature sentivano il peso degli anni, proporre la mia cucina e i miei percorsi stava diventando difficile. Era sempre il locale di Attilio, ora il nome rimarrà lo stesso ma sarà cucito su misura addosso a me».

Roberto Sanna

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