La Nuova Sardegna

Peste suina, sull’embargo imposto alla Sardegna nonostante i risultati è polemica

Antonello Palmas
Peste suina, sull’embargo imposto alla Sardegna nonostante i risultati è polemica

Il centrosinistra interroga Solinas sulle dimissioni dei vertici dell’Unità di progetto. Da due anni nessun capo infetto: «Così si vanifica il grande lavoro svolto». Solo l'imminente varo del nuovo regolamento Ue potrebbe aprire piragli di mercato per alcuni allevatori

23 febbraio 2021
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SASSARI. La decisione della commissione europea di mantenere l’isola sotto embargo nel quadro della lotta alla peste suina africana sta suscitando polemiche specie dopo le dimissioni dei vertici dell’Unità di progetto per l’eradicazione, il responsabile del pool Alessandro De Martini e quello scientifico Alberto Laddomada. I motivi, non confermati dagli interessati, sembrano risiedere negli errori di comunicazione e di metodo nella gestione dei rapporti con la stessa commissione europea, cui hanno partecipato dirigenti dell’assessorato alla sanità al posto degli esperti dell’Udp, con risultati non proprio esaltanti se l’Ue ha poi deciso di lasciare l’isola nel girone dei dannati. Errori e sovrapposizioni inspiegabili che – stando alle accuse – sarebbero costati il raggiungimento dell’obiettivo.

Vicino, vicinissimo. Forse già in tasca. Stando agli ultimi dati, con ogni probabilità la scomparsa del morbo è già un fatto, l’ultimo miglio è stato già percorso: lo dimostrerebbe il dato che tra tutti i capi bradi infetti abbattuti dopo febbraio 2019 (più di 1000) non è stato più trovato il virus; e che nel frattempo anche nei 10mila cinghiali testati (indicatori di infezione anche sulla popolazione di maiali bradi) non è stato rilevato alcun caso. Da oltre due anni non c’è tratta della Psa nell’isola, che però resta nella zona più a rischio.

E le reazioni cominciano ad arrivare: i consiglieri regionali del Partito Democratico Roberto Deriu e Salvatore Corrias sono i primi firmatari di un’interrogazione a Solinas e alla giunta regionale da tutto il centrosinistra, che nel descrivere come «straordinariamente efficaci» le attività dell’Udp, che «ha svolto finora un ruolo di primaria importanza, certificato dai dati, all’interno di tutto il territorio regionale». I consiglieri dem chiedono di «comprendere quali siano le motivazioni che hanno portato alle dimissioni. Una situazione che rischia di vanificare l’eccellente lavoro svolto finora e che ha permesso il rilancio di un settore strategico per il comparto agroalimentare sardo».

L’ex governatore Francesco Pigliaru, che quell’Unità di progetto l’ha creata 6 anni fa, si indigna su facebook: «Cronaca di un disastro annunciato – scrive – A un passo da un risultato letteralmente storico, vince il caos creato nella migliore delle ipotesi dalla latitanza della politica, dalla sua incapacità di garantire le condizioni per continuare a svolgere al meglio un lavoro sempre difficilissimo sul campo. De Martini è la persona che ha creato e coordinato un team straordinario, che in poco tempo ha ottenuto risultati in cui nessuno sperava più dopo 40 anni di tentennamenti, di errori, di nulla. Ora i risultati rischiano di essere vanificati a un passo dal traguardo. E la giunta che dice?».

Nello strano silenzio di ministero della salute e Regione, sul tema filtra una voce da fonti ben informate: tra poco la Sardegna sarà “promossa” da zona 4 a zona 3. E questo non perché l’Ue abbia riconosciuto il miglioramento della situazione, ma perché il nuovo regolamento della commissione che entrerà in vigore a fine aprile individua tre diversi livelli, non più 4. E l’isola finirà comunque in quello delle situazioni più critiche, come ora. La nota positiva: si parla della possibilità di esportare almeno i maialetti e questo potrebbe favorire soprattutto parecchi allevatori del Campidano che hanno ottimizzato l’attività su quel tipo di prodotto. Per la prima volta si potrebbe aprire uno spiraglio di mercato importante, che nell’immediato è quello che interessa di più. Ma il merito sarà solo della riclassificazione.

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