La Nuova Sardegna

Ucciso per un debito Il legale: «Ridate il corpo ai genitori»

di Mauro Lissia
Ucciso per un debito Il legale: «Ridate il corpo ai genitori»

In aula davanti all’imputato il padre e la madre della vittima ma Andrea Pinna respinge le accuse e rischia l’ergastolo

29 giugno 2021
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CAGLIARI. Un nuovo appello, stavolta attraverso l’avvocato Patrizio Rovelli: il corpo di Fabio Serventi, almeno il corpo perché la madre e il padre abbiano un luogo dove piangerlo, ammazzato a 24 anni, a Perdaxius, forse a causa di un debito di qualche migliaio di euro. Nell’aula della Corte d’Assise, presieduta da Giovanni Massidda, si sono ritrovati ancora faccia a faccia, come all’udienza preliminare: seduti in disparte, lo sguardo fermo dietro la mascherina, la madre della vittima Marcella Bellisai e il padre Daniele Serventi. Dall’altra, al fianco del difensore Teresa Camoglio, l’imputato del delitto Andrea Pinna, 35 anni, a giudizio per omicidio e occultamento di cadavere. Malgrado il rischio di prendersi l’ergastolo Pinna ha sempre negato di essere stato lui a chiudere barbaramente i conti con quel ragazzo di Perdaxius: «Mi spiace per i genitori - aveva detto in aula - ma io con quel delitto non c’entro».

Rovelli, che rappresenta la parte civile insieme a Fabrizio Rubiu, ha parlato per pochi minuti. Il tempo di provare a smuovere la coscienza di chi ha fatto sparire i resti di Andrea, chiunque sia e quale che sia la ragione. Nessuna risposta, nessun commento, solo silenzio da Pinna, che ha ascoltato con lo sguardo basso ogni parola pronunciata dal legale, senza che dal suo viso trasparisse alcuna emozione.

Il resto dell’udienza è trascorso secondo le formalità del rito: la Corte ha ammesso le prove presentate dal pm Rossana Allieri, quindi il presidente ha aggiornato all’8 settembre per l’avvio del dibattimento pubblico. Carte processuali alla mano le prove sembrerebbero inchiodare Pinna a responsabilità pesantissime. Ci sono conversazioni intercettate dove il giovane ammetterebbe parlando con amici di aver commesso un delitto su commissione: «Non lo troveranno mai (il corpo, ndr) lo so solo io dov’è». La sua ostinazione nel respingere le accuse, fin dal giorno dell’arresto, mette comunque il processo su un crinale impervio.

Gli ultimi attimi della vita di Fabio Serventi, agricoltore incensurato, agli atti del processo: sono le 19.30 del 21 marzo 2020 quando il giovane rientra a casa del nonno paterno, dove viveva dall'estate. Sale in camera a fare una doccia, poi il nonno distingue il rumore di un'auto nella via sottostante e lo sente andare via. Non lo rivedrà mai più, perché Fabio scompare e con lui una Vespa 50 che teneva nel cortile. I carabinieri lo cercano, sentono i testimoni, il ciclomotore ricompare ed è nelle mani di Andrea Pinna. Affiorano vicende legate al mondo della tossicodipendenza, si scopre che l'amico Pinna aveva venduto la Vespa a un altro giovane. I sospetti si concentrano su di lui, che si difende in modo confuso. Spiega di aver trovato la Vespa abbandonata, i suoi racconti non convincono. Emerge che Pinna ha raccontato il delitto, dice di averlo fatto per soldi, cinquemila euro, un debito di droga da saldare. Nelle conversazioni c'è tutto, anche i dettagli precisi sulla coltellata all'addome ("dal basso verso l'alto") che ha mandato Fabio Serventi all'altro mondo. Scatta l'arresto.

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