La Nuova Sardegna

La madre del 24enne scomparso: «Fabio viveva ossessionato da un debito»

Mauro Lissia
La madre del 24enne scomparso: «Fabio viveva ossessionato da un debito»

Le ultime ore del giovane di Perdaxius sparito nel nulla e ucciso alla fine di marzo del 2020. In aula il racconto drammatico dei familiari che non hanno mai avuto il suo corpo

09 settembre 2021
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CAGLIARI. «La mia vita, la vita della mia famiglia? Da quando Fabio è scomparso si tira avanti, non so dove l’hanno messo, perché l’abbiano fatto. Non c’è un motivo valido, lui non meritava una fine così»: parole di Marcella Bellisai, la madre del ventiquattrenne Fabio Serventi, svanito nel nulla il 21 marzo dell’anno scorso a Perdaxius dopo essere uscito dalla casa del nonno con le ciabatte ai piedi. Imputato nel dibattimento che si è aperto davanti alla Corte d’Assise presieduta da Giovanni Massidda è il compaesano Andrea Pinna (35 anni) che deve rispondere di omicidio volontario e occultamento di cadavere, in aula ieri al fianco del difensore, l’avvocata Teresa Camoglio. L’udienza è servita a ricostruire attraverso il racconto dei familiari - la madre, il padre Daniele, la sorella Silvia e il fratello Mirko - le ultime ore del giovane e le tensioni che lo circondavano da mesi: secondo la madre temeva che gli capitasse qualcosa, aveva preso da casa alcuni monili in oro per saldare un debito forse legato a una compravendita di stupefacenti: «Successe nel 2018 - ha riferito la madre - non aveva mai preso un centesimo, per questo pensammo che fosse stato costretto a causa di un debito. Ma non avremmo mai pensato che due anni dopo quel debito esistesse ancora e condizionasse la sua vita». Eppure la vicenda ruota tutta attorno a quella somma, cinquemila euro secondo alcune conversazioni intercettate dai carabinieri. Fabio cercò di sistemare la questione consegnando l’oro sottratto in casa, ma a quanto pare non bastò a salvarlo da una punizione definitiva.

Conclusa la testimonianza, Marcella Bellisai ha chiesto alla Corte e ottenuto di tornare sul banco per riferire una circostanza rimasta nell’ombra: «Dopo la sparizione dell’oro - ha raccontato - un pastore vicino a casa ci disse di aver visto il cugino Marco Melis in automobile con un’altra persona». Forse in quei pochi minuti l’oro passò di mano in mano e arrivò al destinatario o forse non arrivò mai. La sola certezza è che in seguito a una banale questione di soldi Fabio uscì di scena e il suo corpo, malgrado gli appelli della madre, non è stato mai ritrovato.

La cronaca di due anni fa riferisce che sono le 19.30 del 21 marzo 2020 quando il giovane rientra a casa del nonno paterno, dove viveva dall'estate precedente. Sale in camera a fare una doccia, poi il nonno distingue il rumore di un'auto nella via sottostante e lo sente andare via. Non lo rivedrà mai più, perché Fabio scompare e con lui una Vespa 50 che teneva nel cortile sotto casa. I carabinieri lo cercano, sentono i testimoni, il ciclomotore ricompare ed è nelle mani di Andrea Pinna. Affiorano vicende legate al mondo della tossicodipendenza, si scopre che l'amico Pinna aveva venduto la Vespa a un altro giovane. I sospetti si concentrano su di lui, che si difende in modo confuso. Spiega di aver trovato la Vespa abbandonata, i suoi racconti difensivi non convincono. Emerge che Pinna ha raccontato il delitto, dice di averlo fatto per un debito di droga da cinquemila euro che doveva essere saldato. Nelle conversazioni c'è tutto, anche i dettagli precisi sulla coltellata all'addome ("dal basso verso l'alto") che ha mandato Fabio Serventi all'altro mondo.

Il 29 settembre nuova udienza. Nel frattempo la Procura dovrà portare alla Corte l’agenda dove Fabio scriveva le ore lavorate e altri fatti della sua vita. È stato il presidente Massidda a sollecitarla.

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