La Nuova Sardegna

Franco Bernabè, da top manager ad allievo per fotografare la Barbagia

Luca Urgu
Franco Bernabè, da top manager ad allievo per fotografare la Barbagia

«La fabbrica è il passato, il futuro del territorio è un altro: creatività e cultura»

21 settembre 2021
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GAVOI. Gli esami non finiscono mai. Una massima democratica e valida per tutti, a cui si attengono in maniera scrupolosa anche i grandi manager. Gli esami, è proprio vero, non finiscono mai. Così come è sempre istruttivo vedere la prospettiva dall’altra parte, non dalle cattedre o da un pulpito pur avendo più che un titolo da esibire, ma dalle retrovie, in silenzio con discrezione. In mezzo alla gente come uno dei tanti, con la curiosità di uno studente che ha ancora molto da apprendere della vita e della gente.

Franco Bernabè, 73 anni, tra le altre cose ex presidente Telecom ed Eni e attualmente dell’Ilva, è tornato sui banchi nella veste di appassionato fotografo. Lo ha fatto nella quattro giorni barbaricina del The Photo Solstice, una full immersion tra paesaggi, ritratti e storie coordinata dal suo amico fotografo Marco Delogu. Il progetto è dedicato alla fotografia di Fondazione di Sardegna nell’ambito di AR/S Arte Condivisa in Sardegna organizzato in collaborazione con il Comune di Gavoi, il Museo Nivola di Orani e il Museo Man di Nuoro. Così se petrolio, chimica, telefonia per anni sono stati il core business, la sfera privilegiata del suo interesse professionale, Franco Bernabè non è solo un uomo da freddi numeri e cda. Il suo debole per l’arte moderna si conosceva – è stato presidente del Mart di Trento e Rovereto – meno il crescente e a quanto pare datato interesse per la fotografia. Una passione che lo emoziona e lo ha spinto in questo caso a vivere un’avventura particolare tra Gavoi, Orani, Nuoro, Orgosolo.

Tra i suoi compagni di laboratorio nessuno lo ha riconosciuto come uno dei manager più noti invitato dai media per discutere di economia, ma non solo (ultima apparizione cinque giorni fa dalla Gruber su La 7), ma come i suoi più giovani appassionati della fotografia ha attraversato il territorio, conosciuto persone, catturato immagini, contemplato paesaggi. Vissuto un’esperienza, che come lui stesso ha rimarcato gli ha «riempito il cuore» conoscendo una terra – seppure nel breve ma intenso soggiorno – da una prospettiva diversa rispetto a quella che ha dovuto analizzare con altre vesti nel passato. «Ho accolto l’invito di Marco Delogu – spiega il manager nato a Vipiteno, in provincia di Bolzano – con cui sono legato da una datata amicizia rafforzata dalla stima che avevo per suo padre perché questo appuntamento in Barbagia rispondeva contemporaneamente a due stimoli. Da una parte c’era la mia passione per la fotografia e la possibilità di trascorrere alcuni giorni con dei bravi e autorevoli fotografi e farlo assieme a dei giovani, da cui traggo sempre stimoli, soprattutto da situazioni come queste alimentate da aggregazione e confronto».

Poi è invece arrivato subito al nocciolo della questione, la vera mission che lo ha portato qua accettando l’invito: «In fondo io a questo territorio dovevo e devo qualcosa: nella mia vita lavorativa e professionale ho dovuto affrontare i complessi problemi che la Sardegna ha avuto per la crisi industriale sia del settore chimico sia per le miniere di carbone. Quindi, avere la possibilità di vedere un’Isola completamente diversa, in un’ottica di energia positiva e creativa che si sviluppa in un territorio così complesso come la Barbagia, che ha subito delle vicissitudini e il territorio di Ottana, mi ha stimolato a venire». Da ex presidente dell’Eni il declino industriale di Ottana (attraversata in questi giorni da cinque fotografi del laboratorio guidato dal docente Pino Musi), ha lasciato comunque qualcosa di buono. «L’esperienza di lavoro in fabbrica è una modalità di affrontare il lavoro diversa, seppure costosa per le finanze pubbliche, è stata a posteriori un autentico spreco», ha rimarcato Bernabè. «Quel periodo rappresenta la storia di un passato che non torna e su quest’Isola mi sembra si possa costruire un futuro su altre basi, sicuramente facendo leva sulla creatività e sulla cultura».

Nessun hotel a cinque stelle per i suoi giorni barbaricini ma una stanza in un bed and breakfast nel centro di Gavoi. Il modo migliore per conoscere le persone da vicino e l’accoglienza delle zone interne senza filtri. Cresciuto nelle Dolomiti è salito fino a Monte Gonare e si è emozionato in piazza Satta a Nuoro.

«La mia esperienza è stata estremamente positiva. Ho visto un’attenzione nel territorio per la creatività e una disponibilità da parte di tutti nel rendere il lavoro ancora più facile ed efficace ai giovani fotografi. Personalmente poi, queste giornate mi hanno consentito di instaurare un rapporto umano che nel passato non avevo mai avuto, e sperimentato sulla mia pelle una grande generosità da parte di tutti nel mettersi a disposizione. È sicuramente un aspetto che mi ha molto colpito. Un’esperienza umana arricchente di cui farò tesoro. Così, come porterò con me le testimonianze delle persone incontrate e lo straordinario attaccamento a questa terra di tanti suoi figli, come quello di una fotografa di moda che vive e lavora a Parigi, ma che prepara un suo ritorno nel paese di origine “da pastora”, forte di una formazione e di una cultura moderna».

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