La Nuova Sardegna

I pani delle feste come piccole opere d’arte

di Giovanni Fancello
I pani delle feste come piccole opere d’arte

Papassinos, pane di sapa, s’anca de cane, sa trigu cotu nelle tradizioni ci sono cibi rituali preparati per l’occasione Si celebrano le giornate di Ognissanti e dei Defunti

29 ottobre 2021
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La festa di Tutti i Santi è una celebrazione che si lega indissolubilmente ai ritmi della natura. Anche il culto dei morti e la festa in onore dei defunti, sono intrinsecamente collegati ai rituali del calendario agrario. I morti, si celebrano in autunno, quando una stagione agricola si avvicenda ad un’altra. Il cibo è da sempre connesso al mondo dei defunti: gli Egizi seppellivamo i defunti con scorte di cibo, perché ritenevano che l’aldilà fosse molto più lungo della vita terrena; così facevano anche i Babilonesi, i Greci e i Latini che riponevano nelle tombe pane, vino, miele e fave; queste ultime, perché si credeva che contenessero le anime dei defunti prima del trapasso dalla vita terrena verso l’aldilà. Anche in Sardegna ci sono dei cibi che celebrano le giornate di Ognissanti e dei Defunti. La notte della vigilia, oltre a ricordare i propri morti, si mettano in atto comportamenti specifici, e si consumano ritualmente apposite pietanze, al fine di reiterare e rinverdire quel profondo legame spezzato repentinamente. «Per i Santi si fa su mortu-mortu. In questo nome si compendiano i dolciumi usati in tal giorno. Sono i papassinos, dolci di uva passa, di mandorle, di noci e di nocciole, riunite da una specie di poltiglia impastata con sapa o acqua zuccherata. I più aristocratici vengono ricoperti da uno strato, sa gappa, di zucchero e di treggea. Se ne fanno anche di pino e di pasta gramolata con uova e manteca. Il pane per la festa dei morti è finissimo, tutto intagliato e scolpito. C’è inoltre il pane di sapa, cioè tutto impastato a sapa. È senza lievito, e perché riesca più saporito, lo si fa un giorno prima di cuocerlo. La sera di Tutti i santi i sagrestani delle chiese di Nuoro si armano di un campanello e di bisacce, e picchiano quasi ad ogni porta, chiedendo il mortu-mortu. Vengon loro dati i papassinos, il pane, frutta secche, mandorle e noci. Il frutto di questa bizzarra raccolta i sagrestani se lo spartiscono in santo amore, e lo dividono allegramente, durante la notte, mentre suonano i tristi rintocchi mortuari». È Grazia Deledda che ci ricorda queste usanze. «Per la ricorrenza dei defunti, si prepara su “pane ‘e anima”, impastato con semola, acqua, e lievito. Viene preparato come voto in onore dei Morti. Il pane può essere ovale o rotondo, a volte può avere la forma di un cuore». Particolare e denso di significati è il rituale di: «Quando il defunto è ancora in casa, il pane ha forme piane, decorate con tre piccoli ritagli lungo la circonferenza. Prima di iniziare l’impasto, si fa il segno della croce e si prega sottovoce e si confeziona il pane esclusivamente con le mani, senza l’uso di attrezzi metallici; si incide con le unghie. Dopo la cottura, è il primo pane che: “est su primu chi ch’essit dae domo”, da donare ai bisognosi. La consegna de “su pane de sas animas” avviene col favore delle tenebre; persone avvolte nello scialle in modo da essere irriconoscibili, bussano alla porta delle case predestinate; la porta si apre e il pane viene lanciato all’interno. Chi lo riceve risponde declamando: “de unu, chentu l’appant sas animas”. La distribuzione di questo pane rituale può durare a lungo, anche per un anno, perché tutte le anime dei morti, devono ricevere il loro pane. Quando il defunto era vittima di un omicidio, i primi a ricevere il pane dovevano essere i nemici; gesta e dono simbolo di pace nel nome del morto, un invito palese a ripetere lo stesso gesto con i propri nemici». Racconti di Maria Antonia Elisa Balvis, una prodiga novantatreenne di Orani, donati alla nipote Elisa Masala. Riti di una Sardegna arcaica, che rinverdiscono e si concretizzano in chiave contemporanea quando per le imminenti feste si prepara cibo, che rievoca tradizioni non del tutto dimenticate. È la sapa, ricavata dal mosto d’uva o dai fichidindia, l’ingrediente principale dei dolci di Ognissanti e dei Defunti. Sono: su trigu cotu, su cixirau, su pane de saba, sa terica, su pabassinu e su pistiddu; s’anca de cane, s’anchitortu, su pabassinu isladolzadu, sa forrotula e su pane arrubiu che arrivano sulle tavole, a simboleggiare una nuova stagione, a sancire il legame con chi sta nell’aldilà.

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