La Nuova Sardegna

Il Michelangelo degli insaccati crea capolavori di gusto

di Pasquale Porcu
Michelangelo Salis
Michelangelo Salis

A Ploaghe Salis produce salumi solo da maiali di razza sarda al 100%. Una selezione rigida che dà ai suoi prodotti un sapore irraggiungibile

28 gennaio 2022
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Provate a mettere in bocca una fetta di salsiccia di suino di razza sarda e un sapore meraviglioso vi invaderà la bocca dei profumi che molti di noi hanno sentito da piccoli. Quando le salsicce si facevano in casa da maiali che mangiavano ghiande e avanzi della tavola. La carne delle salsicce che ci fa assaggiare a Ploaghe Michelangelo Salis, (il più bravo selezionatore e produttore di salumi della Sardegna) è scura, il grasso è scarso , appena sufficiente a dare al salume una giusta cremosità. Il profumo è quello dei buoni salumi stagionati e mette in evidenza un brivido di pepe nero che allerta i recettori del gusto. In bocca esplode un'armonia golosa e irresistibile che stimola la salivazione e quella secrezione gastrica che origina e governa solo un cibo sublime.

In ogni cella del laboratorio di Michelangelo c'è un tesoro. Qui i maiali in lavorazione, nel locale accanto i prosciutti, ancora più in là le pancette. E poi i salumi di pecora, la mortadella al mirto e pompia. E poi il lardo immacolato profumato da un'essenza mediterranea. «Usiamo sale, pepe e miele di asfodelo nella lavorazione delle carni», dice l'artigiano. Ogni stanza ha i suoi profumi, ogni reparto ha il suo fascino. Di ogni salume Salis conosce l'animale da cui proviene, sa dove ha pascolato la bestia, che cosa ha mangiato, quanto pesava al momento della macellazione. Ogni pezzo appeso ha la propria certificazione, un cartellino bianco. Una carta di identità che rende quei salumi dei pezzi unici, inimitabili.

Dietro il lavoro di Michelangelo, infatti, c'è un progetto ambizioso sostenuto da ricercatori autorevoli, come Bastiano Porcu di Forestas, il più autorevole esperto di suinicoltura nell'isola, e dai tecnici dell'associazione allevatori della regione Sardegna. «Noi controlliamo che i capi appartengano all'albero genealogico della Sardegna – dice Aldo Manunta dell'Aars –. Diamo la certificazione di prodotto sardo solo a quei capi che appartengono al 100% alla razza sarda. Non solo: i prodotti che esibiscono il cartellino di certificazione hanno la garanzia che quel prosciutto o quel capocollo provengono da un suino nato da un verro e una scrofa e non da inseminazione artificiale».

L'associazione allevatori della regione Sardegna ha avuto il riconoscimento ministeriale nel luglio scorso e quindi al momento non sono disponibili tutti i salumi della gamma prevista dal progetto.

«Vedete questi prosciutti appesi? – chiede Salis – sono ancora giovani. Contiamo di metterli in commercio quando avranno 60 mesi di stagionatura». Per adesso i gourmet si devono accontentare del fantastico “lardo magro” che Michelangelo porta a tavola: un salume delicatissimo, metà lardo candido e metà magro. Una delizia che si scioglie in bocca lasciandoti una nuvoletta di sapore.

L'obbiettivo dei promotori della certificazione per i prodotti suini di razza sarda è quello di ottenere la dop, denominazione di origine protetta, anche per i salumi sardi. Sulla scia di quello che è già successo nel mondo del vino. «Dallo stesso maiale allevato nelle diverse zone della Sardegna otteniamo prodotti che hanno profumi e sapori diversi – dice Michelangelo – poiché l'animale è stato allevato in ambienti e differenti. Oggi abbiamo la possibilità di fare della biodiversità sarda un valore aggiunto che conferisca ai nostri prodotti una identità e una unicità che si imponga a livello internazionale. Da tempo ci arrivano segnali dai mercati di eccellenza. Quelli che non si accontentano più di avere solo prosciutti spagnoli di qualità ma che sono interessati sia ai prodotti delle Nebrodi o della Sardegna». Una nuova, insomma, è cominciata. Una soddisfazione non da poco a 40 anni dalla peste suina africana che ha umiliato la nostra suinicoltura.



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