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Lavoro

Turismo, caccia a 7mila addetti: più della metà nel Sassarese

Roberto Petretto
Turismo, caccia a 7mila addetti: più della metà nel Sassarese

La carenza di personale è diventata strutturale: e così si riducono i servizi Manca (Federalberghi): «Bisogna offrire ai giovani prospettive e stabilità»

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Sassari La stagione turistica è avviata. Un po’ ovunque gli operatori del settore usano toni soddisfatti per sottolineare una ripresa del mercato che era stato messo in ginocchio da due anni di pandemia. E anche se il virus rialza la testa, questo non sembra frenare i turisti che non mancano in nessuna località dell’isola.

Quello che manca sono gli addetti ai servizi di accoglienza e ristorazione: camerieri, personale degli alberghi, cuochi, baristi. Insomma, tutte quelle professionalità che mandano avanti la macchina del turismo.

I dati forniti dal Sistema Excelsior di monitoraggio mensile dei fabbisogni professionali delle imprese descrive una situazione molto chiara per la Sardegna. A giugno le professioni più richieste sono state di gran lunga quelle di “cuochi, camerieri e altre professioni dei servizi turistici”: ben 7.720. Non c’è minimamente partita con altri settori. Basti considerare che la categoria che segue, quella di “commessi e altro personale qualificato in negozi e esercizi all’ingrosso” somma poco più di 1.400 richieste. Oltre 1.400 anche la ricerca di “conduttori di mezzi di trasporto”.

Più della metà (il 50,4 per cento) della domanda di lavoratori per il settore del turismo arriva dalla provincia di Sassari: la presenza di territori come la Gallura e la zona di Alghero evidentemente si fa sentire. Segue Cagliari col 35,2 poi Nuoro col 10,1. Chiude Oristano con appena il 4,3 per cento.

Il sistema turistico sardo ha cercato di adattarsi a questa situazione. Il caso raccontato in questa stessa pagina dall’imprenditore ogliastrino Giorgio Mazzella (chiusura di decine di camere d’albergo per mancanza di personale) è eclatante, ma non unico.

«Non è il solo, altre strutture hanno avuto i medesimi problemi - ammette Paolo Manca, presidente regionale di Federalberghi -. Il meccanismo di reclutamento del personale si è incrinato con la pandemia. Tanti hanno lasciato il settore del turismo per andare in altri settori che garantivano una stabilità maggiore. Quindi, o si riprogramma l’attività in modo che si possa garantire stabilità e crescita di carriera al personale, oppure questo problema ce lo porteremo avanti per anni».

La situazione quindi non sta migliorando: «Non può cambiare a luglio - dice ancora Manca -. Questa carenza ci porterà a mettere a disposizione dei clienti una quantità di servizi inferiore. Abbiamo già posti in ristoranti e in albergo contingentati. Non ci sono risorse umane per garantire i servizi. Siamo nella situazione assurda per cui ci sono i turisti, ma non possiamo garantire loro tutti i servizi».

Manca invita tutti a evitare i luoghi comuni: «Non è colpa del reddito di cittadinanza, così come non è colpa degli stipendi bassi. Ho visto rifiutare stipendi da 2.000-2.500 euro, che non mi sembra proprio un compenso da fame. Da poco una ragazza assunta a tempo indeterminato mi ha chiesto il part time perché voleva essere libera la sera».

Come se ne esce? Di certo una soluzione rapida non c'è: «Convinciamo i giovani a fare questo tipo di lavoro prospettandogli crescita, stabilità e stipendi adeguati. Comunque non si risolve né in questa stagione né nelle prossime. In tanti non vogliono più lavorare sei giorni su sette, si chiede una migliore qualità della vita. Il mix tra guadagno e tempo libero va ridefinito. Parlo delle situazioni legittime che credo siano la stragrande maggioranza. Anche se con l’inflazione al 7 per cento penso che cambierà il meccanismo, con un ritorno a massimo possibile di occupazione che combatta la perdita di potere d’acquisto dei salari».

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