La Nuova Sardegna

Energie rinnovabili

Consiglio regionale contro l’off-shore: «Ora stop alle pale eoliche»

Umberto Aime
Consiglio regionale contro l’off-shore: «Ora stop alle pale eoliche»

Il Pd a Solinas: «Dov’era quando si discuteva il decreto?»

06 luglio 2022
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Cagliari Il Consiglio regionale è contro la speculazione delle pale eoliche off-shore in ogni angolo del Mar di Sardegna. Quasi all’unanimità, ha votato l’ordine del giorno trasversale, costruito insieme dalla maggioranza e dalle opposizioni, che propone, come minimo, «una moratoria nel rilascio delle concessioni dopo la presentazione di oltre dieci potenziali progetti e almeno 700 istallazioni alte quanto la Statua della libertà, a New York».

Percorso complicato Quasi all’unanimità, perché, prima del via libera finale, i distinguo sono stati tanti fra astenuti più o meno palesi, a parte Valter Piscedda del Pd che l’ha dichiarato. Oppure firme ritirate all’ultimo momento, come ha fatto Franco Mura di Fdi, ma che poi voterà a favore. O addirittura improvvise uscite dall’aula, ad esempio di Stefano Tunis, Sardegna 20.Venti, che invece avrebbe voluto rinviare tutto, perché «non possiamo dire no a tutto». Però poi, seppure al termine di una conta abbastanza confusa, è passato il riassunto delle tre bozze sul tappeto. Quella di Roberto Li Gioi, M5s: «Alziamo la voce e, come fanno i sindaci, anche noi rispondiamo picche a quest’assalto senza regole», ha detto. Poi quella di Elena Fancello, Psd’Az, il partito del governatore, contrassegnata da un perentorio «ribelliamoci, è un accerchiamento immotivato». Fino alla terza presentata da Roberto Deriu del Pd: «Senza uno studio scientifico e indipendente – ha sottolineato – su quanto serve o non serve, non possiamo certo concedere altre servitù al buio». Trovare un punto d’incontro fra le tre posizioni è stato tutt’altro che facile, anche se poi la sintesi l’hanno trovata nella frase-spot: «Il mare è un bene comune, identitario, della Sardegna e quindi va protetto per forza a beneficio delle future generazioni».

Equilibrio precario Perché il Consiglio si è trovato in difficoltà? Perché, sin dall’inizio, tutta l’aula ha capito che non poteva bocciare quanto oggi è diventato inevitabile: la transizione energetica, il passaggio dal carbone alle fonti rinnovabili, come l’eolico. Attenzione, però, ha replicato Giovanni Antonio Satta, gruppo Misto, «non possiamo permettere che in Sardegna siano altri a fare e disfare a loro piacimento, perché non lo fanno sulle Alpi?». Oppure, sempre dai banchi del centrodestra, Michele Cossa dei Riformatori ha detto: «Sono inaccettabili tutti i progetti calati dall’alto», o Gian Filippo Sechi, dell’Udc, «diciamo no a qualunque prevaricazione». Fino, sempre dai banchi della maggioranza, Franco Mula, capogruppo del Psd’Az: «A Roma non ci fanno neanche sedere al tavolo delle trattative, vogliono decidere tutto loro e neanche sono disposti a discutere quali potrebbero essere i benefici per i sardi. Dobbiamo opporci e dare mandato al governatore di difenderci in tutti i ministeri e uffici del Governo». Alla fine anche questo passaggio troverà spazio nell’ordine del giorno.

La contestazione. Però, come denunciato dalle opposizioni ma anche da alcuni partiti di opposizione, a cominciare dalla Lega, la verità è che «finora la Regione non ha fatto granché». I dem Piero Comandini, Giuseppe Meloni e Gianfranco Ganau lo hanno detto, uno dopo l’altro: «Dov’erano il presidente e gli assessori, quando il decreto era ancora in discussione? Siamo favorevoli, è scontato, alle rinnovabili, ma senza quelle speculazioni, oggi invece favorite dallo sconcertante silenzio di questa Giunta». Maria Laura Orru ed Eugenio Lai, LeU-Demos, hanno insistito: «Il piano energetico regionale non è aggiornato da due anni e nel frattempo rischiamo di dover ingoiare tutto». Massimo Zedda e Gian Franco Satta dei Progressisti hanno rincarato la dose: «Non possono passare progetti pensati da chi vuole solo arricchirsi. Per poi non lasciarci neanche l’energia: se la rivenderanno». A criticare la Giunta, nonostante sia il secondo partito della coalizione, è stata anche la Lega. Michele Ennas e Dario Giagoni l’hanno bacchettata: «Siamo in ritardo. Dovevamo muoverci prima. Siamo stati testimoni, non protagonisti. Proviamo a rimediare». Anche se poi l’assessora all’industria, Anita Pili, replicherà: «Ci siamo sempre opposti, ma spesso non ci hanno voluto ascoltare».

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