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Agricoltura

Duttile e pregiato, ma l’isola non riesce a fare business con il fico d’India

di Claudio Zoccheddu
Duttile e pregiato, ma l’isola non riesce a fare business con il fico d’India

I suoi derivati sono utilizzati nella cosmesi. Una coltura ancora molto sottovalutata

04 dicembre 2022
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Sassari In Sardegna la sue potenzialità sono sostanzialmente inespresse, per quanto sia una pianta diffusissima. Altrove, invece, il fico d’india rappresenta una fonte di guadagno per migliaia di contadini, che ne sfruttano ogni potenzialità, dalla vendita del frutto sino alla preparazione di ottimi, e costosissimi, oli anti rughe diffusi nel mondo della cosmesi. Sempre per la cura del corpo, l’olio di semi di fico d’India ha applicazioni anche nella cura delle unghie e dei capelli. Nell’isola, invece, l’applicazione più frequente è un’altra: i fichi d’India sono le linee di confine tra i poderi o tra i campi. Un’alternativa “bio” al classico ma costoso muretto a secco che potrebbe aver preso piede dopo l’Editto della chiudende firmato nel 1820 da Vittorio Emanuele I. I fichi d’India, originari del Messico e importati in Europa intorno al 1493, al ritorno a Lisbona della spedizione di Cristoforo Colombo che aveva appena scoperto il Nuovo mondo, sono diffusissimi nel Mediterraneo occidentale, soprattutto nel sud Italia e in Tunisia. Proprio in Tunisia, il fico d’India è una delle speranze per una nazione da tempo sull’orlo del default che dedica alla coltivazione della pianta della famiglia delle Cactacee circa 120mila ettari di terra. Nella regione di Zeflen, l’aridissima terra al confine con l’Algeria, sono 30mila gli ettari coltivati a fico d’India in cui lavorano 5mila persone. L’attenzione si comprende quando si fa il prezzo dell’olio di fico d’india: 350 euro al litro.

L’orizzonte sardo Nell’isola la diffusione del fico d’India non è direttamente proporzionale al suo utilizzo commerciale. Oltre allo spinoso muro di confine, insomma, c’è poco altro. Ci sono i pionieri che lo trattano, sia nella vendita al dettaglio dei frutti sia nelle trasformazioni più originali, come quello dell’azienda “Opuntia” di Dolianova, che produce la birra “Figu Morisca” insieme al Birrificio di Cagliari. Al lavoro ci sono anche i giovani come Spartaco Atzeni, premiato con l’Oscar Green di Coldiretti per aver sviluppato una qualità senza spine. Poi ci sono i liquori, i dolci, le confetture e, ovviamente, la vendita dei singoli frutti. Tante idee ma con poca organizzazione, perlomeno su scala regionale. Cosa che non capita, ad esempio, in Sicilia, dove si producono 800mila quintali di frutti su 8mila ettari di coltivazioni. I motivi della scarsa affezione dei sardi nei confronti del “figu morisca” li spiega Luca Saba, direttore di Coldiretti: «In Sardegna la coltivazione del fico d’India non è mai decollata probabilmente anche per colpa della scarsa conoscenza della coltura – spiega – ma anche per la particolarità dei frutti spinosi che, al giorno d’oggi, non soddisfano i consumatori che invece scelgono con più frequenza frutti più semplici. E poi ci sono gli effetti collaterali piuttosto pesanti dell’assunzione del fico d’india che possono scoraggiare i consumatori. A noi dispiace, perché quella del fico d’India è una coltura potenzialmente ricca, poco costosa da sviluppare ma purtroppo risulta ostica per questi motivi. Certo, ci sono alcuni coltivatori che la portano ai mercati e che la propongono ai ristoratori ma non si può certo parlare di un’economia che gira attorno a questi frutti». Il discorso, e le prospettive, cambiano radicalmente quando il fico d’india viene considerato dal punto di vista della cosmesi: «Che per ora è una frontiera inesplorata in Sardegna ma che offre prospettive molto interessanti e, a mio avviso, superiori a quelle dell’utilizzo alimentare – aggiunge Luca Saba –. Sarebbe e necessario offrire qualche prospettiva concreta in questo campo, magari anche anche attraverso gli studi delle università si potrebbela sviluppare la possibilità di creare qualche impianto pilota che consentirebbe ai giovani coltivatori di prendere spunti e di allargare gli orizzonti». E il gioco, visti i prezzi di vendita delle creme anti rughe al fico d’India, vale di sicuro la candela. Ma anche qualcosa in più.

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