La Nuova Sardegna

Verona

Vinitaly apre le sue porte, la qualità può trainare l’export

di Antonio Paolini
Vinitaly apre le sue porte, la qualità può trainare l’export

Dopo gli eventi inaugurali, oggi il via ufficiale dell’edizione numero 55. La Sardegna scommette su se stessa con il binomio enologia-turismo

02 aprile 2023
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Verona Porta il numero 55 il Vinitaly che taglia il nastro oggi nello spazio fieristico veronese, per debordare però poi ampiamente oltre i suoi confini e permeare di eventi l’intera città. Ma questa edizione è a modo suo - almeno nelle intenzioni - un prototipo, un “number one” per più motivi. Il cambio al vertice operativo intanto, con Maurizio Danese al debutto nel ruolo di a.d. dopo aver però a lungo presieduto il board della SpA di Veronafiere. La mimesi – inedita - del “gran teatro del vino” in mostra d’arte al massimo livello, con l’arrivo qui di due pezzi di valore e “allure” assoluti come il Bacco di Caravaggio e il Bacco Fanciullo di Guido Reni, visibili – graniticamente sorvegliati e assicurati da Generali – nell’area targata ministero dell’Agricoltura.

E poi la presenza mai così massiccia e diretta del governo; a partire dalla premier Meloni – attesa per domani - e con tutti o quasi i titolari di dicasteri (iniziando dal “padrone di casa”, quello del comparto agroalimentare Francesco Lollobrigida e, al seguito dei dipinti di cui sopra, quello della Cultura Gennaro Sangiuliano, ai quali toccherà stamane il primo atto ufficiale e solenne della Fiera) a delineare il profilo d’una sorta di consiglio straordinario convocato nella città scaligera. Di segno e atmosfera, beninteso, ben diverse da quello drammatico e luttuoso tenuto a Cutro tre settimane fa. I temi sul tappeto del resto sono tanti e forti. E prefigurano veri punti di svolta per il comparto vino italiano.

Un comparto certo in salute, come dicono i numeri (vedi), ma atteso da prove tutt’altro che semplici. Il nodo “europeo” dell’etichettatura ad esempio, con la richiesta irlandese di equiparare il vino e la sua presunta “dannosità” al livello di fumo e superalcolici, spina velenosa e da smussare, e su cui sono attesi interventi del ministro della Sanità Orazio Schillaci e, a latere, di quello degli Esteri Antonio Tajani. Il peso dell’inflazione e degli aumenti di costi (e dunque di prezzi) figli di una situazione globale – la guerra in Ucraina, i rebus del mercato russo, la posizione della Cina e i suoi problemi, ancora non tutti sbiaditi, post Covid – che non possono non interferire con le prospettive di un settore a oggi campione della bilancia commerciale, saldamente posizionato sull’export e con un 46% di venduto su un mercato interno comunque ben presidiato, ma che deve programmare ora e al meglio il futuro prossimo e misurarsi con l’unico segno meno dello “score”, quello delle vendite (fino a un anno fa in crescita) nella grande distribuzione.

E ancora: l’impatto della siccità e in generale del cambiamento climatico, tra i temi più caldi qui al Vinitaly, e che trascina con sé – oltre agli intuibili punti interrogativi di prospettiva – il problema immediato dei costi dell’acqua, sempre più incidenti per chi fa agricoltura. Con una previsione di massima per la filiera vitivinicola di impegno su base annua di risorse per almeno lo 0,7% del fatturato da qui al 2050: oltre 100 milioni all’anno cioè, per un esborso finale di circa 2,7 miliardi. Ai problemi si risponde però, si sa, oltre che col tampone di soluzioni puntuali, con iniziative e misure per così dire compensative, e con stimoli alla crescita. Ed ecco allora l’alleanza arte-vino citata più su, richiamo e incentivo a sinergie le più ampie possibili nell’ambito (prezioso e vario) del “made in Italy”. Ecco, a corredo, il punto esclamativo sul vino come attrattore turistico speciale che verrà a ribadire qui la ministra competente, Daniela Santanchè, insieme a misure (fortemente auspicate dal settore quelle di semplificazione per accoglienza e vendite in cantina) che sostengano ulteriori decolli. E, infine, tutto insieme appassionatamente, il governo nel complesso impegnato a sostenere la candidatura appena lanciata della cucina italiana – di cui il vino nazionale è complemento e alleato indispensabile – come patrimonio Unesco. Al richiamo – canto di sirena, ma anche, in parte e per quanto ricordato, sirena d’allarme – del mercato strettamente inteso risponde la Fiera con un sforzo operativo traducibile anch’esso in cifre.

Il boom di super buyer presenti anzitutto. Con focus sul ritorno di Asia e Cina (bersaglio complesso, ma nodale in prospettiva) coi suoi 130 operatori di peso (tra cui i primi 20 per importanza). Ma bene anche Usa (primo target del nostro export con 1,8 miliardi nel 2022 e +10% di import di settore), Canada, Sud America e Nord Europa. In totale il numero dei buyer stranieri di ogni taglio dovrebbe essere il più alto di sempre. Ad attenderli, ovviamente speranzose, le quattromila aziende espositrici. Con gli oltre 110 produttori sardi diversamente presenti con i loro vini qui a Verona complessivamente e motivatamente fiduciosi sulle prospettive della Fiera numero 55. La Sardegna ha appena incamerato (e sono dati da soppesare nel modo giusto per far sì che diventino avviatori di un trend che si estenda all’intera isola, e non acme occasionale) i migliori numeri di sempre sul fronte delle presenze turistiche.

Un processo al cui consolidamento, rafforzamento e stabilizzazione non possono non contribuire in modo decisivo – se a loro volta integrati e valorizzati nel meccanismo complessivo – i gioielli dell’agroalimentare, vino e specialità food uniti – per così dire – nella lotta.

Ed è questa la logica scelta per gli eventi “ufficiali” – molti poi gli altri, che racconteremo via via - previsti nel padiglione regionale, aperti dal lancio di “Canonau Likeness Intenational”, la manifestazione dedicata al vitigno bandiera della produzione isolana, ma legheranno poi a doppio filo le eccellenze vinicole ai prodotti di punta della tradizione gastronomica. Le degustazioni condotte dal bravissimo Giuseppe Carrus (Gambero Rosso) abbineranno infatti oggi le etichette del “piccolo continente” con il titolo “Di farina, lievito e tradizione” alla panoplia di pani e panificazioni che l’isola vanta, con tornate dedicate una ai “pani molli” e la seconda ai “pani duri”. Ad affiancare l’enocritico, il panificatore Riccardo Porta. In scena domani invece, insieme ai vini, i formaggi di capra. Anche qui doppio appuntamento con il casaro Danilo Farina partner di Carrus nel “racconto” delle “Forme del latte di capra”.

Spazio martedì ai salumi – tutti da maiali di razza autoctona – con Antonello Salis in tandem con Carrus e solito doppio defilé per i gioielli norvni dell’isola. Chiusura il 5 mattina in dolcezza – che il titolo della degustazione etichetta come “leggendaria” – sommando i vini da meditazione e dessert, di cui la Sardegna è matrice originale e straordinaria, alla generosissima e commovente sfilata dei dolci – moltissimi di ricorrenza – che il repertorio sardo annovera. A raccontarli con Carrus sarà il pasticcere Giovanni Fancello.

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