L'inchiesta

Così il sistema si muoveva per pilotare le nomine alla Regione

di Mauro Lissia
Così il sistema si muoveva per pilotare le nomine alla Regione

Dalle migliaia di pagine di intercettazioni emergono dinamiche e ruoli Il presidente Solinas viene nominato da altri ma non appare mai direttamente

21 aprile 2023
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Cagliari La battaglia interna alla Regione sulla nomina del direttore generale del servizio cave e miniere si è appena conclusa, la politica l’ha spuntata su Confindustria Sardegna: trombato Nicola Giuliani - doveva vincere, si è piazzato solo terzo - via libera a sorpresa per Gianfranco Porcu. Con le reazioni feroci del candidato escluso e dei suoi referenti, che i carabinieri di Ottana intercettano puntualmente, emerge una conversazione quasi tenera fra l’assessora all’industria Anita Pili e Fabio Paolo Porcu, il padre del nuovo dirigente regionale: fra un «caro zietto» e un «caro Fabietto» il dialogo affettuoso chiude con una celebrazione privata. Sarebbe quasi commovente se non facesse parte di una vicenda che a leggere l’avviso di chiusa indagine firmato dal pm Andrea Vacca per 21 indagati non sarebbe altro che un caso di corruzione, induzione indebita, falso con evidente taroccamento di una selezione che doveva essere trasparente e corretta.

Lo scenario, atto dopo atto, brogliaccio dopo brogliaccio, sembra assomigliare alla descrizione che ne dà il comandante della compagnia carabinieri di Ottana, Mirco Granocchia: un «accordo collusivo a largo raggio», dove – a leggere le carte - sono ammessi gli sfoghi di rabbia ma non la sorpresa. Dice l’imprenditrice indagata Barbara Porru, quando si parla della nomina di Porcu: «Ma dai, gli hanno chiesto di che colore fosse il cavallo bianco di Napoleone». Altri, a leggere le migliaia di pagine di intercettazioni, ironizzano sulla competenza della commissione, per l’accusa imposta dai vertici dell’amministrazione, in testa i dirigenti Silvia Cocco, Silvia Curto e Massimo Temussi. Si lamenta Giuliani parlando al telefono con un amico: «Non capivano una minchia di cave e di estrazione, potevi rispondere qualsiasi cosa tanto non ne capivano nulla». Osserva uno degli imprenditori perdenti: «Tranquilli, Porcu lo gestisco io, d’altronde è figlio di un politico». Tradotto: se ha il sangue di un politico ed è il genero dell’ex parlamentare e consigliere regionale Pasquale Onida, non sarà difficile farlo ragionare come noi. Infatti – scrivono i carabinieri nei commenti alle conversazioni registrate – Porcu è stato appena nominato che già gli imprenditori delle cave gli girano attorno, cercano di capire con l’aiuto del segretario di Confindustria Marco Santoru come si può lavorare con questo sconosciuto, che non era il candidato indicato dagli industriali ma è comunque il dirigente con cui si dovranno fare i conti. Così, a poche ore dalla bocciatura Giuliani, fino al giorno prima riferimento centrale per le aziende, è già in archivio. Anzi: malvagità della sorte, dovrà aiutare Porcu nel suo ufficio di dirigente a orientarsi nel mondo complesso delle attività di estrazione.

Un commento pescato fra le sterminate conversazioni intercettate, quello dell’imprenditore indagato Emilio Fiorelli, uno dei più attivi nella promozione poi abortita di Giuliani: «Guarda che veramente, sono incredibili questi, io non lo so, io non potrei mai fare il politico, non c’è un cazzo da fare». Gli risponde il collega (indagato) Giancarlo Orrù: «Per fare il politico bisogna avere un dna, una predisposizione del dna… se non hai quelle caratteristiche di rallentamento burocratico il politico non lo puoi fare».

Il lavoro della Procura di Nuoro, in testa il sostituto Andrea Ghironi, è stato tutt’altro che semplice: i carabinieri di Ottana si sono addentrati nelle conversazioni telefoniche, partendo dall’inchiesta Sindacopoli, per capire se dietro quella gerarchia di politici e dirigenti regionali ci fosse solo avidità di potere o anche reati. La conclusione dei militari – che hanno chiesto misure cautelari per gran parte degli indagati – è che negli uffici di viale Trento vige un sistema di controllo cui è impossibile sfuggire, perché chi sfugge ha la carriera stroncata. Nelle lunghissime conversazioni registrate e ora agli atti conoscibili del procedimento penale traspare persino il timore di non aver obbedito abbastanza: accade nel caso Aspal, quando l’assessora al lavoro Alessandra Zedda elabora e consegna per la pubblicazione una delibera che regola, secondo la sua interpretazione delle legge, la selezione pubblica per il direttore generale dell’agenzia.

Nessuno sembra pensare che dietro quel testo ci sia semplicemente il tentativo di applicare le norme per la selezione pubblica di un dirigente, al contrario si scatena l’allarme sul potere decisionale, su chi avrebbe dovuto truccare il concorso scegliendo i commissari fra amici di provata fede. La conversazione tra Temussi e la dirigente del personale Silvia Cocco - obbediente e amichevole con l’intero gruppo di comando - assume contorni quasi comici, per la paura espressa dal manager oggi consulente della ministra Calderone: «Ci inc… ci inc… qui bisogna bloccare subito tutto, blocchiamola, che non esca nel sito, altrimenti Solinas ci prende a calci nel culo». È uno dei rari casi in cui il nome del presidente compare nelle conversazioni. La sua è una presenza che aleggia, i dirigenti più vicini riportano le sue parole e i suoi desiderata. Si sa – così sostiene il pm Vacca – che sarebbe proprio lui e il suo cerchio magico, in testa il fedelissimo Nanni Lancioni, altro nome-fantasma negli atti d’indagine, a disporre l’avocazione delle nomine per le commissioni incaricate di selezionare i nuovi dirigenti. Ed è in questa dedizione al controllo politico delle nomine, comprese quelle tecniche, che la Procura legge il reato di turbativa della libertà di scelta del contraente, un’attività illegale che per il magistrato si integra in tutti e tre i filoni dell’indagine aperta e mandata avanti per la gran dalla Procura nuorese. Il convincimento espresso nell’atto di chiusura delle indagini - che non è il giudizio, ma tecnicamente prelude al giudizio in mancanza di prove difensive concrete - potrebbe essere il centro del processo, dove Solinas sarebbe il vertice di un potere piramidale fortemente strutturato al di là delle presunte illegalità. A scorrere le migliaia di pagine delle intercettazioni si ha l’impressione di vedere il presidente della Regione seduto sulla scrivania di viale Trento, con attorno solerti collaboratori intenti a interpretarne tempestivamente desideri e disposizioni. Per il pm Vacca anche quelle che stanno oltre i confini delle leggi penali, una conclusione che attende di qui a breve la risposta della difesa. Su Solinas peraltro pesa un giudizio in corso legato sempre alle nomine.

Intanto si apprende che nel procedimento era indagato anche il consigliere di Sardegna 2020 Stefano Tunis, ma la sua posizione è stata archiviata dal pm Vacca.
 

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