Per le equilibriste della maternità la Sardegna offre pochissime garanzie
Il rapporto di Save the children individua le criticità alla base del calo delle nascite. L’isola è ultima per rappresentanza femminile in politica e fatica nei servizi
Sassari Sono pagate poco e tutelate ancora meno. Quando trovano un lavoro, a tempo determinato, la gravidanza è spesso il motivo del mancato rinnovo del contratto. Non è un licenziamento, perché la legge lo vieta dall'inizio della gravidanza e sino al compimento di un anno di età del bambino, ma è molto simile. E, soprattutto, ha lo stesso effetto sul bilancio familiare. Poi, i servizi: l’isola non è la peggiore regione d’Italia sotto questo punto di vista ma è chiaro che il peso dei servizi, ad esempio gli asili nido, sia sbilanciato verso le aree più urbanizzate e più popolose. Tutti questi fattori vengono tradotti in un unico, terribile, termine: denatalità. Dietro, però, c’è un universo di cause e concause che portano l’isola ad essere la regione d’Italia con il minor numero di nascite. E il fatto che la rappresentanza femminile in politica sia meno diffusa rispetto a tutte le altre regioni, e alle province autonome, può spiegare in parte le difficoltà che una donna è costretta ad affrontare quando decide di affrontare un gravidanza in una delle aree meno popolose dell’isola, dove i servizi sono un miraggio e dove la sanità, non solo quella pediatrica, è un presidio che fatica a reggersi in piedi e a garantire il sostegno. Il report I dati sulla maternità in Italia arrivano da “Le equilibriste”, titolo evocativo dell’ultimo rapporto sulla maternità stilato da Save the children che, in realtà, porta in dote anche una buona notizia: l’isola è al sesto posto per la mortalità infantile nel primo anno di vita e per numero di consultori attivi per abitante. Come dire, quando c’è la salute... Ovviamente non è così ma in fondo crederci è gratis, anche se non aiuta in alcun modo a costruire un asilo o a trovare un impiego sicuro. E a mantenerlo anche in caso di gravidanza. Il resto dei dati Istat elaborati da Save the children è meno lusinghiero rispetto all’isola e scorrendone le tabelle si scopre che quando si cerca di quantificare il “mother’s index”, che rappresenta il termine di riferimento rispetto al quale cogliere una condizione socio-economica più favorevole per le donne, la Sardegna guida il gruppo del sud/isole ma è molto indietro rispetto alla media nazionale e drammaticamente in ritardo rispetto alle regioni del nord e del centro Italia. Sul tema dell’occupazione femminile, l’isola galleggia a metà classifica con un punteggio molto vicino ad una media nazionale che, in questo caso, sembra al rovescio perché relega agli ultimi posti le province autonome di Bolzano e Trento, prime sotto tutti gli altri punti di vista,e assegna valori piuttosto bassi a Veneto e Friuli Venezia Giulia dove, forse, quella di non lavorare potrebbe essere letta anche come una scelta. L’isola ritorna negli ultimi posti della graduatoria, è quindicesima, quando si misura il grado di soddisfazione soggettiva delle mamme, e cioè la soddisfazione per il lavoro svolto e quella per il tempo libero. L’ultimo indicatore isolato da Save the children riguarda la violenza, intesa come numero di strutture che possano aiutare ad abbandonare condizioni di difficoltà, familiare e non. L’isola è al 12esimo posto Save the children, inifine, riconosce Sassari come la città sarda nella quale si riscontra la maggior tutela per le mamme. Alle Cliniche San Pietro dell'Azienda ospedaliera universitaria c’è "Fiocchi in ospedale", un progetto di intervento precoce, che tutela le mamme durante i primi mille giorni di vita dei bambini tramite l'offerta di un servizio di bassa soglia per l'ascolto, l'orientamento, l'accompagnamento e la presa in carico. Sempre a Sassari è attivo anche "Spazio Mamme" che accompagna gli adulti e sperimenta modelli di attivazione delle comunità territoriali e dei servizi di cura, educativi, culturali e di sostegno sociale.