La Nuova Sardegna

Una città e le sue storie
Una città e le sue storie – Sassari

Laura Berlinguer: «Per mio padre Enrico qui era famiglia, amici vela, vacanza e tanta felicità»

Enrico Berlinguer durante una veleggiata nelle acque di Stintino
Enrico Berlinguer durante una veleggiata nelle acque di Stintino

«Mio papà ha scelto in una cella di San Sebastiano di dedicare la sua vita alla militanza politica

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Quando mio papà sbarcava da Alghero o Porto Torres il suo sorriso si allargava, la sua faccia si distendeva. E per tutta la famiglia iniziavano indimenticabili momenti di spensieratezza e vera felicità». Non ha mai amato parlare della sua vita privata Laura Berlinguer, ultima dei quattro figli dello storico e amatissimo segretario del Pci Enrico Berlinguer. Giornalista politica, classe 1970, ha sempre rispettato il patto non scritto con Bianca, Marco e Maria di non mischiare mai la figura pubblica del papà Enrico con quella privata, di cui era gelosissimo.

«A quasi 40 anni dalla sua morte però – spiega – vedendo quanto è immutato e generale l’affetto e la riconoscenza che ancora evoca il suo ricordo non possiamo esimerci dal raccontare qualcosa in più di lui. E io accetto di farlo con piacere perché devo parlare di Sassari e dello strettissimo legame che con la sua città, la sua terra, papà ha sempre avuto e anche a noi ha insegnato ad avere».

Sassari che fu parte importante della formazione politica e delle scelte di Enrico: «La famiglia era stata da sempre coinvolta nella politica democratica cittadina – racconta Laura –. Suo nonno Enrico, suo omonimo, aveva fondato con altri il gruppo dei radicali sassaresi ed era stato tra i fondatori della Nuova Sardegna. Nonno Mario, avvocato, era stato giovanissimo deputato sardo nel 1924». In quel clima (un misto di cultura, politica, idee innovative) cresce Enrico, frequentando il già mitico Liceo Azuni, lo stesso nel quale aveva studiato Antonio Segni e - nella breve parentesi sassarese (il padre era stato contabile all'altro Liceo cittadino, il Canopoleno), il futuro capo del Pci Palmiro Togliatti, e il gruppo di giovani comunisti che lo convinse, nel 1943, a tesserarsi al Pci.

«E in una cella di San Sebastiano – ricorda Laura –, dove trascorse quattro mesi nel 1944, arrestato dopo i moti del pane che nel 1943 aveva guidato, decise che la militanza politica sarebbe stata la sua ragione di vita. Abbandonando gli studi di giurisprudenza a un passo dalla laurea, di recente abbiamo trovato la sua tesi già finita, con grande dispiacere di nonno Mario, che sperava continuasse la “tradizione legale” di famiglia».

In Sassari dunque Berlinguer ha sempre trovato le radici della sua formazione e della sua scelta: «Ma allo stesso tempo – continua Laura – il rifugio, la casa, il luogo amico nel quale ha sempre tessuto relazioni familiari e amicali profonde, non legate al suo ruolo pubblico. Insieme alle quali poteva poggiare il “fardello” dell’enorme responsabilità che lui sentiva di avere. E lasciarsi andare a risate, cene, uscite, ricordi».

Perché, nonostante la sua figura pubblica apparisse schiva, a tratti altera: «Papà è sempre stato una persona di grande compagnia, un padre affettuoso e presente. Quello che veniva interpretato come distacco, che in realtà non ha mai avuto perché lui è sempre stato benissimo in mezzo alla “sua” gente, era figlio della sua grande timidezza. Che combatteva perché sentiva il dovere di fare quello che ha fatto».

Papà Enrico però per Laura, che quando Berlinguer morì nel 1984 aveva 14 anni, è soprattutto quello che rifioriva in Sardegna. A Sassari: «Dove venivamo ogni volta che si poteva. E che io associo a grandi cene, sorrisi, risate. Ricordo ad esempio una cena con Nino Manca, grande personaggio della scena politica ma soprattutto grandissimo amico di mio padre, fu la prima volta che mangiai la carne di cavallo. E ascoltavo incantatati i due compagni che parlavano in sassarese, di cui io non capivo una parola».

E poi Stintino: «Tappa fissa di tutte le nostre estati. Con l’unica, rigorosa, pausa il 14 agosto, quando si andava a Sassari a vedere i Candelieri, che in papà provocavano un trasporto enorme. E dove abbiamo passato i giorni che io considero tra i più belli della mia vita. Non a caso ho portato mio figlio a Stintino a un anno. E continuiamo a venire nell’Isola ogni estate con mio marito Luca. Qualche giorno a Stintino, da Maria Loddo, straordinaria donna fonnese, poi ad Alghero, dove siamo di casa».

Stintino dove Enrico poteva coltivare una della sue più grandi passioni: «La vela – racconta Laura – la vela latina dei gozzi storici». E dove è legato uno dei ricordi più “personali” di Laura del suo papà. «Era il 1983, avevo 13 anni. Papà doveva venire in Sardegna per la campagna elettorale accompagnato da mamma. Mio fratello si ruppe il naso, lei rimase con lui e in Sardegna andai io. Era settembre, io rimasi a casa di Paolo, il cugino con cui era legatissimo, a giocare con la figlia Caterina. Prima di partire mio padre mi portò a Stintino, non l’avevo mai vista così, serena, vuota, meravigliosa. C’era la festa patronale, le regate, eravamo insieme». ù

Una “sassareseria” contagiosa, con Laura che si definisce: “giornalista, mamma, più sarda che romana”. «Sì – spiega – mi sento profondamente sarda, come papà. Se avrò la fortuna di invecchiare lo farò in Sardegna, circondata dai tanti parenti e amici che qui ci hanno fatto sempre sentire a casa». (g.bua)

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