La Nuova Sardegna

Il caso

Ispettori di polizia penitenziaria: «Il concorso discrimina le donne»

di Claudio Zoccheddu
Ispettori di polizia penitenziaria: «Il concorso discrimina le donne»

Su 411 posti, 378 erano riservati agli uomini. Nei test punteggi diversi a seconda del genere

29 dicembre 2023
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Sassari I posti a disposizione erano 411, un numero che avrebbe dovuto perlomeno tamponare le carenze di personale che vengono segnalate con costanza dai sindacati della polizia penitenziaria. Nel bando del concorso per i nuovi allievi vice ispettori della polizia penitenziaria c’era però un enorme differenza di genere nelle posizioni disponibili: 378 destinate agli uomini e appena 33 per le donne. A rendere ancora tutto più medioevale, casomai non fosse sufficiente la disparità delle posizioni disponibili, ha contribuito anche il punteggio necessario per superare l’ultimo scoglio della selezione: ai candidati uomini era sufficiente ottenere 13 punti alle prove orali e scritte, per le donne il punteggio doveva superare quota 17. Tradotto, un 6 e un 7 bastavano per l’assunzione di un candidato ma una candidata doveva prendere almeno un 8 e un 9 allo scritto e all’orale e poi incrociare le dita.

Tra le 140 aspiranti ispettrici della polizia penitenziaria risultate idonee, diverse arrivavano dall’isola. Tra loro, Jessica Pischedda, 32enne di Selargius: «Si tratta di un concorso per cui abbiamo fatto domanda nel 2021 – spiega l’aspirante ispettrice – e che prevedeva cinque prove, tutte a Roma, che per noi sardi si sono tradotte in una spesa difficile da sostenere. Ad ogni modo – continua Pischedda –. Si trattava di superare la preselezione, le prove fisiche, le visite mediche e psicoattitudinali e, infine, lo scritto e l’orale». La prove si sono concluse questo mese e poco prima di natale è stata pubblicata la graduatoria: «Tante donne idonee, ben 107, non sono entrate nella graduatoria finale. D’altra parte, il bando prevedeva che ne passassero appena 33, per l’8% dei posti totali – continua la 32enne –. Tuttavia, tra gli uomini sono risultati idonei appena 338 aspiranti su un totale di 378 posti disponibili. 40 posti non sono stati assegnati. Perché non vengono affidati alle donne?».

Una domanda da un milione di dollari che diventa un mistero quando si entra nel dettaglio della posizione lavorativa per cui è stato bandito il concorso: «La posizione per cui abbiamo affrontato il concorso è un posto di concetto e coordinamento – spiega ancora Jessica Pischedda –. Non dovremmo fare quello che fanno gli agenti, che svolgomno compiti per cui la distinzione di genere è normale per via delle mansioni esecutive nelle carceri, divise in maschili e femminili, ma anche, banalmente, per le perquisizioni che possono essere effettuate solo da agenti dello stesso sesso dei perquisiti». Dunque, comprendere perché esista una distinzione di genere così netta è davvero complicato. Se poi si aggiungono gli organici ridotti della polizia penitenziaria, sapere che 40 posti non verranno assegnati perché il numero degli aspiranti uomini non è sufficiente a ricoprirli è un altro tassello di una storia assurda che sembra fuori dal tempo.

A quanto pare, tutto sarebbe legato al mancato aggiornamento delle piante organiche della polizia penitenziaria, ferme da anni, che per essere superate hanno bisogno di una nuove legge. Un aspetto burocratico che però non può giustificare l’evidente disuguaglianza evidenziata da un concorso che discrimina il ruolo delle donne nella polizia penitenziaria. L’ultima speranza per le candidate idonee non ammesse alla graduatoria finale è il ricorso al Tar che una quarantina di aspiranti ispettrici è pronta a presentare e che ha avuto una sorta di prologo al Consiglio di Stato che, l’8 novembre del 2023, ha chiesto che venisse rispettata “la tutela del diritto fondamentale alla parità di genere e non discriminazione nell’accesso al lavoro”. 

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