La Nuova Sardegna

L'intervista

Matteo Salvini: «Alla Sardegna serve continuità, con il M5s sarebbe l’isola dei no»

di Alessandro Pirina
Matteo Salvini: «Alla Sardegna serve continuità, con il M5s sarebbe l’isola dei no»

Il leader della Lega: «Solinas aveva diritto al secondo mandato. È stata fatta un’altra scelta. Ma la squadra viene prima di tutto: forza Truzzu»

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Cinque anni fa era il Capitano, il ministro dell’Interno che, con una felpa diversa in ogni città, trascinava il centrodestra e Christian Solinas alla vittoria. Cinque anni dopo Matteo Salvini è sempre il Capitano ma di una Lega più ridimensionata, siede al ministero delle Infrastrutture, e il centrodestra sardo ha cambiato timoniere, via il “sardo-leghista” Solinas per il “fratello d’Italia” Paolo Truzzu. Un avvicendamento niente affatto indolore per Salvini, che fino all’ultimo ha provato a salvare il soldato Christian, senza riuscirci. Ma una volta ingoiato il boccone amaro eccolo di nuovo qui in Sardegna in campagna elettorale. Questa volta niente felpe, e poche apparizioni con Truzzu, ma con l’obiettivo di infrangere quel tabù sardo che in trent’anni non ha mai visto una maggioranza uscente confermata alle urne.

Salvini, cosa rappresenta il voto sardo per la Lega?

«Più che per la Lega il voto è fondamentale per la Sardegna. I prossimi anni saranno decisivi. Solo come comparto infrastrutture sono in ballo 200 miliardi. La Sardegna ne ha più bisogno di altre regioni perché in questi decenni non ha avuto la stessa attenzione da Roma: o recupera terreno o rimane ferma».

La Lega fino all’ultimo ha difeso Solinas. A un certo punto la frattura nel centrodestra sembrava insanabile.

«Non è mai stata sul tavolo una spaccatura come quella del centrosinistra. Continuo a ritenere che un sindaco al primo mandato abbia il diritto di fare il secondo. Il discorso vale anche per i governatori. Era giusto premiare la continuità, ma la coalizione ha fatto un’altra scelta. E per me la squadra viene prima dell’interesse personale. Ma continuo ad avere stima politica e umana di Christian Solinas. Io non uso mai abbandonare nessuno. Detto questo, farò di tutto perché il prossimo governatore si chiami Truzzu».

Per Solinas un futuro a Roma?

«Io non ho promesso niente a nessuno. Solinas è una persona valida, un ottimo amministratore e un amico. Dal mio punto di vista, essendo lui un difensore dei diritti dei sardi, sarà utile valorizzarlo. Ma non c’è alcuno scambio merce».

Gli indici di gradimento davano Solinas in coda e il centrodestra sembrava in affanno, ma la candidatura di Soru ha spaccato il centrosinistra. Questo potrebbe favorire una vostra vittoria?

«Le divisioni allontanano sempre i cittadini ed è per questo che abbiamo scelto la strada dell’unità. Ma più che i sondaggi io guardo gli aspetti economici. E vedo che il reddito dei sardi è cresciuto più di quello di romani e milanesi grazie al tessuto economico di quest’isola, che corre al di là dei meriti e dei demeriti della politica. Non vorrei che la corsa si interrompesse. Di Soru rispetto la scelta. I 5 stelle invece per me sono il passato. Ricordo al governo le discussioni con Toninelli: era contrario a qualsiasi cosa. Sinceramente pensare a una Sardegna bloccata per i 5 stelle, anche no. Noi contiamo di vincere ma non per errori e divisioni altrui».

Dunque, meglio Soru di Todde.

«Meglio la Lega. Ripeto, non mi piace vincere con autogol o rigori inesistenti».

Ha detto che Nuoro sarà collegata alla rete ferroviaria. Se ne parla da 120 anni: perché dovrebbe essere la volta buona?

«Anche del ponte sullo Stretto se ne parla dall’epoca dei Romani. Lo facciamo perché serve. Se non è stato fatto prima non è colpa mia, io ci sono da un anno. Di certo, investire in Sardegna è meno redditizio e appetitoso che investire tra Roma e Milano, ma un ente pubblico deve fare gli interessi pubblici».

Per Elly Schlein la Sardegna può essere il banco di prova per fare capire che la destra non è imbattibile.

«La Sardegna non può essere un laboratorio dell’esperimento Pd-M5s. È una terra che ha bisogno più di altre di infrastrutture. Mi dica la Schlein sì o no alle dighe, all’allargamento dei porti, della rete stradale, alle nuove stazioni ferroviarie. A me interessa confrontarmi su questo».

La Saras è appena passata di mano, dai Moratti al colosso olandese Vitol.

«Non mi interessa se cambia targa, voglio conoscere il suo piano economico-finanziario, la tutela dei posti di lavoro. E poi noi abbiamo la Fiat, che ha trasferito la sede, produce altrove e paga altrove».

“La Lega urlava Roma ladrona e ora toglie potere ai sindaci”. Così Settimo Nizzi, forzista della prima ora, sindaco di Olbia, primo comune in Italia a estendere il limite dei 30 su tutto il territorio.

«I 30 all’ora in alcuni punti a rischio hanno senso, nell’intera città no. Trovo incomprensibile il ragionamento del sindaco di Olbia. A me le polemiche interessano zero, ma costringere milioni di cittadini a comprare l’auto elettrica e andare a 30 non aiuta l’ambiente e crea problemi».

I suoi rapporti con Giorgia Meloni?

«I rapporti personali, umani e affettivi con Giorgia, prima che politici, sono adesso come non lo sono mai stati. Prima qualche dissidio e sana rivalità c’erano, ma da quando siamo al governo ci vediamo non solo per parlare di politica. Sui territori, e mi riferisco anche alla Sardegna, qualche discussione c’è, ma anche perché manca l’opposizione, che insegue i fascisti, Sanremo e dimentica le foibe».

Sull’agricoltura col ministro Lollobrigida c’è stata una forte divergenza.

«Io dico che va bene l’esenzione dell’Irpef fino a 10mila euro, ma credo vada estesa anche a chi non è inserito in questa fascia che produce, che innova. Se qualche tensione aiuta la gente a pagare meno tasse non può che essere positiva».

Nel 2019 promise ai pastori sardi il latte a un euro al litro. Poi non andò così.

«Ricordo San Valentino al Viminale passato con i pastori anziché con la mia fidanzata. Se oggi le cose vanno meglio non sarà merito di Salvini, ma era una battaglia giusta».

Perché l'autonomia differenziata dovrebbe convenire alla Sardegna?

«La Sardegna, come la Sicilia, ha bisogno che venga applicata quella che è già prevista. L’autonomia può servire a Basilicata, Campania, Emilia Romagna».

Anche sul premierato ci sono state frizioni in maggioranza, in particolare sul tetto ai mandati del premier.

«Io non sono né per i tetti né per le quote. Se uno è bravo e merita perché limitarlo? Vale per i sindaci, per i governatori e deve valere anche per i premier. Io sono perché i cittadini scelgano. Fossi veneto Zaia lo rivoterei 10 volte. Da milanese due mandati di Sala bastano e avanzano».

Nel 2020 la Lega puntava a conquistare la rossa Emilia Romagna, ma Bonaccini si impose nettamente su Borgonzoni. Tra un anno ci riproverete?

«Ci sono ragionamenti già in fase avanzata, traendo lezione dalle cose buone e da quelle sbagliate. Ai tempi la presenza del Pd era molto forte. Fu una esperienza bellissima in giro nei piccoli comuni. Poi però il voto di Bologna pesò tantissimo».

L’altra fortezza inespugnata per il centrodestra è Firenze.

«La sinistra è già arrivata a tre candidati. Se facciamo la partita giusta a giugno possiamo giocarcela».

Alle Europee sarà un derby tra le due destre di governo?

«Per la prima volta può esserci una maggioranza di centrodestra senza la sinistra. Sarebbe una rivoluzione. Lo stop alle auto diesel, il cibo sintetico, l’immigrazione sono figlie di questa maggioranza con i socialisti. Spero vadano bene Lega, Fdi, Forza Italia. Ma la mia speranza è che il 25 febbraio tanti sardi dedichino pochi minuti alla loro terra. Chi non sceglie perde anche il diritto di lamentarsi».

Non ha detto nulla su Sanremo.

«Non ho proferito parola per un’intera settimana, qualsiasi cosa sarebbe stata strumentalizzata. Alcune cose le ho gradite più di altre, ma non entro nel dibattito tra Angelina Mango e Geolier. Mi è piaciuta Annalisa e tra i duetti Roberto Vecchioni con Alfa. Se tre italiani su quattro hanno guardato il festival vuole dire che è uno spettacolo che merita».

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