La Nuova Sardegna

Clima pazzo

Caldo anomalo e siccità: invasione di meduse e di alghe

di Federico Spano
Caldo anomalo e siccità: invasione di meduse e di alghe

Nelle spiagge dell’Oristanese e di Alghero spiaggiate le velelle portate dal vento. Alla Pelosa di Stintino un’onda viola composta da migliaia di pelagie

08 aprile 2024
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Sassari Un inverno mite e asciutto, pochissimo vento e poi piogge intense concentrate in pochi giorni. Sono il mix esplosivo all’origine di un duplice fenomeno: da un lato la proliferazione delle alghe negli stagni, dall’altro l’invasione di meduse nei mari della Sardegna.

Basta fare pochi chilometri da Sassari, per arrivare alla zona della centrale di Fiume Santo e allo stagno di Pilo, un lembo di costa del territorio comunale di Sassari incastonato tra quelli di Porto Torres e di Stintino. Lo stagno, in questi primi giorni di aprile, è invaso dalle alghe verdi per circa metà della sua superficie. Le immagini scattate dall’alto con un drone (vedere foto grande, ndr) danno l’idea del fenomeno, che è impressionante, sebbene quasi esclusivamente naturale. Pochi chilometri più avanti, a Stintino, un altro fenomeno sempre più comune negli ultimi dieci anni: una straordinaria invasione di meduse pelagie (Pelagia noctiluca). In un video che circolava ieri sui social (vedere foto a destra, ndr), una striscia scura larga almeno quattro metri creata da una super concentrazione di meduse. Ma invasioni di altri “parenti” delle meduse, come le velelle (Velella velella), ci sono state anche ad Alghero e lungo la costa occidentale, fino all’Oristanese.

Ma che legami ci sono tra i cambiamenti climatici e l’invasione di alghe e meduse? In che modo la lunga siccità invernale, l’aumento anomalo delle temperature e le piogge concentrate in pochi giorni hanno potuto avere questi effetti? Per dare risposte a queste domande, abbiamo sentito il professor Marco Casu, docente di Zoologia del dipartimento di Medicina Veterinaria dell’università di Sassari.

«La lunga siccità invernale, le piogge abbondanti di queste settimane, e i terreni agricoli intorno, con i fertilizzanti e nutrienti naturali che si trovano nel terreno e che sono stati trascinati nello stagno, hanno fatto sì che ci fosse una proliferazione abnorme di alghe verdi unicellulari - spiega il docente Marco Casu -. Si tratta di fitoplancton, un plancton formato principalmente da alghe unicellulari, diverso dallo zooplancton che invece è composto da tanti microorganismi animali. Una presenza abnorme di fitoplancton rischia di soffocare lo stagno: la copertura rallenta lo scambio di ossigeno con la superficie e provoca l'ipossia dello specchio d’acqua. Inoltre, essendo materiale biologico, quando muoiono, le alghe vanno in decomposizione, fenomeno che porta via ulteriore ossigeno e che può portare alla moria di pesci, granchi, bivalvi. I primi a subire danni da un livello di ossigeno basso sono proprio i pesci».

L’altro fenomeno, ossia, quello della grande presenza di meduse, che generalmente prediligono i mari caldi, è legato in qualche modo alle stesse condizioni climatiche che hanno provocato la proliferazione di alghe negli stagni. «I due tipi di cnidari che hanno invaso le coste sarde - spiega Marco Casu - sono la Pelagia noctiluca (quella che tutti conosciamo e temiamo perché urticante, ndr), e poi le velelle, o barchette di San Giovanni, che non sono meduse in senso stretto, ma come le meduse appartengono al gruppo dei Cnidarii, e non sono urticanti. Sia la pelagia sia la velella sono specie termofile, ossia apprezzano le acque calde. Con l’aumento delle temperature delle acque del Mediterraneo, e con periodi prolungati di calma piatta, come un tempo avveniva solo con le secche di gennaio, con prevalenti venti da sud, sta aumentando anche la quantità di plancton nel mare. Sia le velelle sia le pelagie si nutrono di plancton e di altri piccoli animali marini che a loro volta mangiano plancton e in questo periodo ne hanno trovato in grande abbondanza».

In Sardegna sono anche cambiati i venti dominanti, con pochi giorni di maestrale, e lunghi periodi di grecale e scirocco. Fenomeni anche questi che possono portare alla proliferazione del plancton e delle meduse.

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