La Nuova Sardegna

La lotta al tabacco

L’oncologo Giuseppe Palmieri: «Divieti di fumo all’aperto eccessivi, ma educativi»

di Luigi Soriga
L’oncologo Giuseppe Palmieri: «Divieti di fumo all’aperto eccessivi, ma educativi»

Secondo il professore di Oncologia medica all’università di Sassari la scelta di Londra è giusta

26 aprile 2024
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Sassari Diciamo che una generazione ormai è ipotecata, e il danno è già fatto. «Dall’esposizione al cancerogeno allo sviluppo del tumore mediamente passano dai 20 ai 25 anni». Perciò per i fumatori incalliti nati negli anni Settanta, lo scontrino in termini di salute è arrivato o sta arrivando. Ma per i loro figli siamo ancora in tempo per disinnescare gli effetti devastanti della nicotina. Giuseppe Palmieri, professore ordinario di Oncologia medica all’Università di Sassari e responsabile dell'Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica (Irgb) del Cnr di Sassari, valuta positivamente ogni iniziativa volta a disincentivare il vizio del fumo. Però con le distinzioni che uno sguardo scientifico comporta: «Se ci riferiamo ai provvedimenti adottati a Torino, quindi al divieto di fumare nei luoghi pubblici all’aperto a una distanza inferiore ai cinque metri da altre persone, parliamo naturalmente di fumo passivo. Su questo versante esistono delle metanalisi, svolte in Cina, dove la dipendenza dal tabacco è ancora elevata. Però occorre precisare che tutti i dati raccolti riguardano l’esposizione al fumo passivo all’interno dell’ambiente domestico, e non negli spazi aperti. Si è potuto rilevare che il fumo passivo negli spazi chiusi incida per il 15 per cento dei tumori che colpiscono i non fumatori. Quindi al momento non abbiamo delle statistiche che offrano una base scientifica per valutare l’impatto del fumo passivo all’aperto».

Perciò ritiene esagerati i divieti del comune di Torino?
«Se faccio una valutazione scientifica, devo rispondere di sì. Ma se considero l’approccio educativo e l’opera di sensibilizzazione che queste restrizioni comunque comportano, allora posso dire che qualunque campagna anti-fumo ha la sua utilità. E aggiungo: dovrebbero stare molto attente le donne, particolarmente sensibili al fumo passivo con i numerosi casi di tumore alla mammella».

Lei insisterebbe ulteriormente sul versante della comunicazione?
«Porto un esempio, che riguarda un’altra patologia e un altro paese: il melanoma in Australia. Il governo ha impostato una campagna martellante sui tempi di esposizione al sole, sull’utilizzo delle magliette, delle creme, sulle precauzioni da adottare in spiaggia, e dopo qualche anno i risultati sono arrivati: l’incidenza del melanoma è diminuita».

Invece come giudica le leggi adottate in Gran Bretagna per creare delle intere generazioni smoking-free? «Assolutamente opportune ed efficaci. Innanzitutto per la loro valenza educativa, e inoltre perché si fondano su una base biologica certa: è appurato infatti che il danno che i cancerogeni provocano nell’età adolescenziale sia maggiore, perché in quella fase c’è il massimo sviluppo dei tessuti. Quindi proteggere le nuove generazioni dal tabacco, vuol dire investire sul futuro e sulla salute».

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