Carceri, situazione esplosiva: è emergenza anche in Sardegna
In quattro in una cella e turni per stare in piedi. È allarme per i suicidi. L’idea di Nordio per ridurre il sovraffollamento divide la maggioranza
Sassari Le carceri italiane sono in piena emergenza. Il sovraffollamento cronico, con condizioni di detenzione inumane, ha reso la situazione esplosiva. Dall’inizio dell’anno a ieri, si sono tolti la vita in cella 63 detenuti (66 secondo i sindacati) e sei agenti di polizia penitenziaria. È chiaro che le condizioni in cui sono costretti a vivere i carcerati hanno un impatto devastante anche su chi deve controllarli. Con l’estate, il caldo insopportabile nelle celle, e il personale ridotto all’osso, per via delle ferie e carenze di organico strutturali, i problemi si amplificano a dismisura.
Attualmente a livello nazionale l’indice di sovraffollamento degli istituti di pena è del 130 per cento, con 61mila detenuti totali, a fronte di una capienza ufficiale di 51.234 posti. Ma ci sono carceri dove il sovraffollamento arriva al 230 per cento. In Sardegna, pur non arrivando a queste percentuali, ci sono situazioni critiche a Bancali (510 detenuti per 454 posti ufficiali) e di Uta (700 a fronte di 561 posti). Per contro, ci sono le colonie penali agricole dove si arriva alla metà dei posti occupati.
Per risolvere almeno in parte il problema del sovraffollamento, il ministro della Giustizia Carlo Nordio sta lavorando a un pacchetto di proposte che prevede di mandare a casa chi abbia una pena residua inferiore a un anno, in particolare di detenuti con problemi psichiatrici o di tossicodipendenza. Si parla di circa 8000 persone. Ma questa idea sta spaccando il centrodestra: Forza Italia sarebbe favorevole, mentre Fratelli d’Italia e Lega sono fermamente contrari.
«La situazione è diventata insostenibile – spiega Irene Testa, garante dei detenuti della Sardegna –. Le circa 8000 persone che hanno pene inferiori a un anno, potrebbero stare in strutture per malati psichiatrici - che però non ci sono - oppure in comunità per le dipendenze. Si alleggerirebbero le carceri e ne beneficerebbero anche gli agenti penitenziari».
Dall’inizio dell’anno a luglio sono stati poco meno di 600 i tentativi di suicidio e migliaia gli atti di autolesionismo. «Un malato psicotico in carcere mette fuoco, butta tutto per aria – spiega Irene Testa -. Chi sta in isolamento a Uta o a Bancali vive una situazione allucinante. Qui si arriva a quattro detenuti per cella e si devono fare i turni anche per stare in piedi. Inoltre, in Sardegna circa la metà dei carcerati ha problemi psichiatrici o di tossicodipendenza. I garanti dei detenuti hanno chiesto in più occasioni al ministro di prendere provvedimenti, perché la situazione è inaccettabile».
Un altro aspetto, che aggrava la situazione del sovraffollamento, è quello della carenza di magistrati di sorveglianza. «Sono troppo pochi, sono 230 in tutta Italia – afferma la garante sarda –, non hanno abbastanza personale e di conseguenza hanno le scrivanie stracolme. Basti pensare che delle 300mila pratiche inevase, 200mila riguardano richieste di liberazione anticipata. I passaggi sono tanti, ci vogliono più concorsi per magistrati di sorveglianza e più personale. La popolazione carceraria va smaltita. Chi ha pene brevi può benissimo scontarle ai domiciliari o nelle comunità».
In Sardegna la situazione si aggrava di settimana in settimana. Nell’isola arrivano continuamente detenuti dal resto d’Italia. «Nelle nostre carceri ben mille detenuti non sono sardi – conclude Irene Testa –. Il modello delle ex colonie agricole, dove il dettato costituzionale viene rispettato, e dove i detenuti lavorano e vivono in condizioni dignitose, potrebbe essere esportato. Ma andrebbero cambiate le normative: per esempio potrebbero essere accolte anche le donne».