«A Oniferi molti anziani scelgono di non curarsi per non doversi spostare»
Il vice sindaco: «Senza dottore ora sono abbandonati». Daniela Falconi, Anci: «Bisogna rendere le sedi più appetibili con incentivi economici e non solo»
Sassari Quando c’era «la dottoressa» i centenari a Oniferi erano cinque, ora che non c’è più medico di base il paese ne ha soltanto uno. L’annotazione viene dal vice sindaco, Antonello Piras, ingegnere: «Il medico fisso, già prima del Covid, garantiva la buona vita dei nostri anziani. La genetica è la stessa, ma adesso sono abbandonati a loro stessi. Per una banale influenza se devono andare in guardia medica o in un altro paese, gli anziani non ci vanno. La vecchia dottoressa ogni settimana li andava a trovare a casa».
Una ricchezza perduta, che secondo il vice sindaco ha soprattutto una causa: mancano i medici. «I laureati sono pochi e molti di essi espatriano perché vengono pagati meglio e hanno minori responsabilità. In Italia gli stipendi sono più bassi della media europea e la burocrazia è infinita. A noi sembra che il problema sia nei piccoli centri, ma i pediatri di base mancano anche a Cagliari. Noi ora tamponiamo con i medici Ascot (Ambulatori territoriali), una supplenza di poche ore la settimana».
Piras non riesce a essere troppo ottimista: «Se anche aumentasse di molto il numero delle iscrizioni alle facoltà ci vorranno almeno sette anni prima che i giovani siano formati». E far venire medici stranieri? «Meglio di niente - risponde il vice sindaco - ma per i nostri anziani che si esprimono con difficoltà in italiano, sarebbe un problema».
Daniela Falconi sindaca di Fonni è presidente dell’Anci Sardegna da maggio 2024 e «spessissimo» ha già avuto occasione di intervenire sulla carenza dei medici di base, e dei pediatri: gli argomenti alla fine sono gli stessi che vengono utilizzati quando si parla di spopolamento. «Bisogna rendere appetibili le sedi - spiega - e la ricetta non è uguale per tutti i territori. E bisogna anche considerare che i medici sono comunque pochi, per cui è indispensabile anche potenziare gli accessi all’università. Ma tornando all’appetibilità delle sedi certamente ci vuole l’incentivo economico, in Italia e all’estero per far restare certe professioni le persone vengono pagate diversamente, e poi bisogna trovare altre “piccole” soluzioni. Il medico di base può non essere presente 5 giorni su 7 nella stessa sede, in Toscana si garantiscono tutti i presidi ma lì c’è una mobilità che funziona, il cittadino viene messo in grado di spostarsi dal proprio comune».
«Oggi in Sardegna è impossibile, i nostri trasporti questa mobilità non la consentono. Certo il problema ha molte facce: non abbiamo reti di connessione, non abbiamo strade adeguate, questo tiene lontani i cosiddetti nomadi digitali ,per i medici di base è la stessa cosa, quindi, vale ancora l’esempio dello spopolamento, serve un grande piano che cambi il paradigma, vedere la Sardegna dai nostri paesi, li si consideri una risorsa e non un peso. Con gli Ascot – conclude – si è un po’ tamponato il problema, ma si tratta di una soluzione a termine, che va rifinanziata».