La Nuova Sardegna

L'anniversario

Il lascito di Berlinguer leader della sinistra e grande uomo di Stato

di Andrea Massidda

	AlessandraTodde con Marco Travaglio 
AlessandraTodde con Marco Travaglio 

A Cagliari il primo degli eventi dedicati al segretario Pci Il ricordo di Angius: «Sempre dalla parte dei più deboli»

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Cagliari Dal ragazzino che si avvicinò alle idee socialiste frequentando i vicoli più poveri di Sassari sino al segretario del partito comunista più importante dell’Occidente che nelle tribune politiche usava sempre il “noi” perché sapeva di parlare a nome di tutti gli operai e i contadini; dall’uomo integerrimo e con una gran voglia di vivere che faceva appello alla “questione morale” sino allo statista coraggioso che proprio la sua vita mise a rischio pur di prendere le distanze dall’Orso sovietico; dal visionario che immaginava il compromesso storico con la Dc di Aldo Moro sino a quella figura istituzionale dotata di grande spirito di servizio che il 7 giugno del 1984, a Padova, cercò in tutti modi di portare a termine il suo ultimo comizio prima di spegnersi quattro giorni dopo a causa di un ictus. A quarant’anni dalla sua morte, ieri sera Enrico Berlinguer è stato ricordato all’ex Manifattura Tabacchi di Cagliari nel primo dei due incontri organizzati dalla Regione con il gruppo Sae Sardegna come media partner con l’obiettivo di fare il punto sul contributo dato dal leader sassarese del Pci al dibattito politico e sociale italiano. Nell’incontro coordinato da Luciano Tancredi, direttore editoriale del Gruppo Sae, a tracciarne un ritratto, sia umano che politico, c’erano l’ex parlamentare comunista Gavino Angius, ma anche i due editorialisti del Corriere della Sera Carlo Verdelli e Francesco Verderami, con gli interventi finali affidati al direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio e alla presidente della Regione Alessandra Todde.

Il giovane Enrico Rispondendo alle domande del giornalista della Nuova Giuseppe Centore, l’ex senatore del Pci–Pds–Ds Gavino Angius, anche lui sassarese, è stato protagonista di un toccante amarcord, non fosse altro perché, da persona che ha conosciuto bene Berlinguer, ne ha rievocato le fasi più importanti della vita partendo dalla sua adolescenza. «Enrico è sempre stato dalla parte dei più deboli – ha detto – e già da ragazzino si era formato politicamente non solo leggendo i testi filosofici della libreria del padre, importante avvocato di idee socialiste, ma frequentando i club di Sassari dove incontrava figli di calzolai, di ortolani, di muratori. È in quei contesti che conobbe la vera miseria. E, senza dire niente al padre, si iscrisse al Pci, facendo così una scelta definitiva». Poi, dopo aver ripercorso i momenti più importanti della carriera politica di Berlinguer, Angius commuovendosi ha anche rievocato l’istante in cui la salma dell’amatissimo segretario del Pci venne trasportata da Padova a Roma. «Ricordo che si avvicinarono sei operai del Petrolchimico di Marghera e dissero: “La portiamo noi sull’aereo”». Ne seguì il più grande funerale laico della storia repubblicana.


Il compromesso storico A introdurre il tema del compromesso storico è stato il direttore della Nuova Sardegna Giacomo Bedeschi, che intervistando Carlo Verdelli e Francesco Verderami ha chiesto se fu una visione o un’ illusione. «Penso che fu una visione necessaria – ha risposto Verdelli – e per comprenderlo bisogna ritornare a quei tempi molto particolari. Nel 1973, quando lui cominciò a parlare di compromesso storico, c’era appena stato il golpe in Cile e si percepivano timori di quel tipo anche da noi. Quindi l’idea era quella di mettere insieme le due grandi forze democratiche del Paese. Il film diretto da Andrea Segre che in questi giorni celebra Berlinguer s’intitola “La grande ambizione”, ma io lo avrei chiamato “La grande visione”. Una visione – ha concluso Verdelli – che non si è realizzata e che, in questo senso, è stata anche un’illusione».

«Niente santini» Un invito a dividere il Berlinguer uomo dal Berlinguer politico «per non farne un santino» è arrivato da Francesco Verderami. «Se la sua integrità di uomo è innegabile e i suoi atti politici, anche quando si rivelarono errati, erano indiscutibilmente nobili – ha spiegato il giornalista – bisogna sottolineare che, aderendo al blocco sovietico ma restando nel blocco occidentale, il Partito comunista italiano era un’anomalia. E non ci possiamo dimenticare alcune pulsioni antimoderniste del Pci». E ancora: «Quando Berlinguer pose la questione morale fece saltare il gioco, perché portò ai disastri che abbiamo visto nell’ultimo periodo della Repubblica italiana, laddove bisognava cambiare tutto e non è cambiato nulla».

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